La fabbrica di Carosello

Un tuffo nella nostalgia con il bel viaggio nell’epopea di Carosello grazie alla mostra allestita al Museo del Fumetto.Carosello ha fatto il suo debutto il 3 febbraio 1957, quando la televisione aveva solo tre anni e gli apparecchi erano ancora un bene di lusso; ha accompagnato gli italiani attraverso tutta l’era del boom economico rappresentando un fenomeno di successo popolare ineguagliabile. A fine anni ‘50 la pubblicità televisiva non era molto diffusa perciò quando la RAI mette in onda un contenitore dedicato alle inserzioni si dimostra all’avanguardia in Europa, battendo sul tempo paesi come Francia e Germania. Carosello ogni sera, per vent’anni, propone quattro filmati inediti articolati rigidamente in uno spettacolo della durata di 1 minuto e 45 secondi cui segue uno slogan che introduce un codino di soli 30 secondi in cui si concentra la pubblicità vera e propria. Vagliando il progetto, la RAI si rende ben presto conto che non sarebbe mai riuscita a produrre tutti i filmati previsti perciò, posticipando la data di messa in onda (inizialmente fissata per il primo di gennaio 1957), si affida a società di produzione esterne, come la Pagot Film che già produceva film d’animazione per il cinema oltre a far riprese con attori e cantanti in carne ed ossa.
La mostra in corso al Museo del Fumetto racconta l’epopea di Carosello attraverso le principali case di produzione e gli studi coinvolti, riservando uno spazio dedicato ai personaggi di punta di ciascuno di essi: la già citata Pagot Film ma anche Studio Testa, Paul Film, Gamma Film, Romano Bertola, Studio K, Pierluigi De Mas e Bruno Bozzetto.
Protagonisti dei siparietti sono principalmente i personaggi nati dalla fantasia dei creativi che, in linea con i fini didattici di tante trasmissioni RAI dell’epoca, spesso raccontano episodi di storia antica piuttosto che portare il pubblico a spasso per il mondo. Ritroviamo in mostra la storia dell’uomo disegnata da Sergio Toppi; Caio Gregorio che salutava a ogni puntata al grido di “Ave, so’ Caio Gregorio, er guardiano der Pretorio!/Fa’ la guardia nun me piace, c’ho du’ metri de torace.” o il giro del mondo sponsorizzato dalla Stock che dedica la penultima puntata alla cagnolina Laika in fuga dal destino stellare. Carosello è una scuola importante per molti dei nostri autori e produttori, obbligati nel giro di breve tempo ad imparare come produrre velocemente gli episodi animati, a stendere gli storyboard e a confrontarsi con un committente che, all’epoca, era ancora il proprietario della fabbrica in persona. Sono nati autori poi divenuti famosi nel mondo, che hanno saputo cavalcare la fama delle loro creazioni sino in fondo, trasformandole tante volte in storie a fumetti. La mostra dedica ampio spazio anche al merchandise proponendo ampi tavoli con i gadget promozionali distribuiti con le prime raccolte punti, figurine, giochi da tavolo, bambole come quella di Susanna o di Rita Pavone ma anche confezioni originali dei prodotti conservati con amore dai collezionisti.
Accanto ai rodovetri originali compaiono le foto delle star per cui Carosello è un trampolino di lancio come le signorine buonasera, Silva Coscina o Franca Valeri piuttosto che i tanti volti già noti: Raffaella Carrà, Macario, Bramieri, Manfredi, Sandra e Raimondo, Mike, Enzo Tortora e via per le strade dei ricordi.
Gli schermi sparsi lungo il percorso di mostra, oltre ai personaggi, ci ricordano l’altro elemento vincente di Carosello: gli slogan che rapidamente diventano parte del linguaggio quotidiano degli italiani. Geni come Marcello Marchesi – autore dei più famosi – che con “Falqui, basta la parola” inventa un modo elegante per parlare di un prodotto innominabile, aggirando i severi veti sui termini non ammessi in televisione. SACIS vaglia infatti ogni singolo frammento di quanto va in onda, censurando tutte le parole ed i disegni che ritiene possano turbare gli italiani – Fred, per esempio, chiede a Wilma la clava per scacciare asterischi invece di mosche – o le pubblicità di beni che ritiene al di sopra della portata dell’italiano medio.
L’epopea di Carosello è durata vent’anni: sino al 1977 è stato il programma che i bambini vedono prima di andare a letto, il momento che raccoglie nei bar o a casa, dei pochi fortunati che possiedono un televisore, gruppetti festanti. Gli alti costi di produzione in rapporto ad una trasmissione che proponeva quattro sole inserzioni, uniti al moltiplicarsi degli spazi pubblicitari sugli altri canali ed all’esigenza di trattare più velocemente e versatilmente l’immagine dei clienti pongono fine ad un’esperienza forse unica al mondo, magari nata casualmente ma ricordata con affetto da intere generazioni. Proprio perché non riusciamo mai a saziarci a sufficienza dei ricordi lieti, forse perché tra tanti personaggi non troviamo il nostro preferito vorremmo che la mostra fosse molto più ampia e ricca anche se ci rendiamo conto che i limiti di spazio hanno imposto ai curatori una severa selezione.
Andate perché Calimero, Carmencita col suo Caballero, Jo Condor, la Linea, l’Omino con i Baffi vi aspettano e se vi vien da chiedervi “Come mai non siamo in otto?” è “…perchè manca Lancillotto”

Silvana Costa

La mostra continua:
WOW Spazio Fumetto
viale Campania 12 – Milano
www.museowow.it
fino a domenica 14 aprile
orari dal martedì al venerdì dalle 15.00 alle 19.00
sabato e domenica dalle 15.00 alle 20.00

La fabbrica di Carosello
La pubblicità che unì l’Italia

una mostra WOW Spazio Fumetto
a cura di Luigi F. Bona e Carlo Tranchino
http://carosellolamostra.blogspot.it/