Virginedda Addurata

virginedda-addurataAl Teatro Libero di Milano secondo appuntamento con Palco Off. Attori, autori, storie di Sicilia, la rassegna che unisce spettacoli e dibattiti su temi di scottante attualità. È questa la volta del femminicidio affrontato con disillusa ironia dal testo scritto da Giuseppina Torregrossa e rappresentato da un’eccezionale coppia di attrici 100% made in Sicily.

A metà del XII secolo la giovanissima Rosalia de’ Sinibaldi abbandona prima l’ambito ruolo di damigella della regina per votarsi a Cristo e, successivamente, il monastero del Santissimo Salvatore – sito nel centro di Palermo – per pregare senza incursioni dal mondo esterno. I progetti divini per la nobile fanciulla sono tuttavia indirizzati in senso opposto. In breve tempo la grotta in provincia di Agrigento, scelta da Rosalia come rifugio dal mondo terreno, diviene meta di devoti; trasferitasi quindi sul monte Pellegrino – ai cui piedi sorge  la città di Palermo – è distratta dalle continue tentazioni del demonio. Nemmeno la morte le porta l’anelato silenzio: quotidianamente al santuario costruito a Palermo, attorno alla caverna, arrivano centinaia di fedeli alla ricerca di una grazia. Grazie venali come la vincita della lotteria o una macchina nuova e grazie sentimentali al fine di trovare l’amore. Peccato che, come dimostrino i fatti, siano più le lacrime versate per una supplica esaudita che per la delusione di vederla ignorata.
Queste le disilluse riflessioni di Santa Rosalia la mattina dinnanzi alla tazzina del caffè. Come una persona qualsiasi anche la Virginedda Addurata indugia a lungo, ciondolando per casa in vestaglia, tra colazione e cambio d’abito, pensando alle scocciature che l’attendono sul luogo di lavoro. Il santuario più che una meta religiosa pare un’attrazione turistica, come ricorda la scenografia illuminata da luci colorate quasi fosse un luna park; le richieste sono davvero tante, molte assurde: basterebbe la gente ragionasse con buon senso e non dovrebbe recarsi in pellegrinaggio da lei, lasciandola così pregare con la giusta concetrazione.
Buonsenso e amore troppo frequentemente non vano d’accordo, più facile il primo sia sostituito dalla paura. Maria, la prima disperata pellegrina della giornata, teme per esempio che Giuseppe, il marito, l’abbandoni per l’amante. La coppia, dopo tre femmine, attende ora l’imminente nascita del figlio maschio; nonostante i nomi, il corposo nucleo famigliare non vive sereno come la Sacra Famiglia. In rapida successione, sul palco a chiedere la grazia arrivano infatti anche la madre e la figlia di Maria che lasciano intendere come la violenza e le minacce siano all’ordine del giorno tra i due sposi, come preferirebbero la donna lasciasse casa al fine di ritrovare serenità. Ultimi a prendere la parola sono Giuseppe e la sua amante, stanca di questa situazione a tre. Santa Rosalia ascolta attenta come una psicoterapeuta e, a guisa di siffatta professionista, lascia sia la persona a trarre le conclusioni ed essere artefice del proprio destino. Speranza vana: la paura immobilizza l’azione ed entro fine spettacolo Maria diviene l’ennesima vittima di femminicidio.
Non solo nella finzione scenica.
Giuseppina Torregrossa, l’autrice di Virginedda Addurata, si ispira a un violento fatto di cronaca nera accaduto nel trapanese il 4 luglio 2012, quando Salvatore Savalli insieme all’amante Giovanna Purpura, uccide a colpi di pala la moglie Maria Anastasi; successivamente brucia e abbandona il cadavere. I due complici sono stati condannati all’ergastolo.
La tematica del femminicidio viene raccontata da Torregrossa con una sorprendente levità che riesce ad enfatizzare tutta la drammaticità del messaggio. Le surreali considerazioni di Santa Rosalia spalancano la finestra su una contemporaneità che sempre più di frequente ha perso il senso della misura per le cose realmente importanti nella vita. La problematica seria utilizza il faceto per catturare l’attenzione del pubblico e Francesca Vitale, dietro l’aria austera e la corona di rose rosa, è straordinaria nel dar l’irriverente corpo a una professionista della Chiesa Cattolica specializzata in grazie & miracoli.
Egle Doria è camaleontica nel vestire i panni dei personaggi terreni di Virginedda Addurata: spazia attraverso l’ampia gamma dei sentimenti umani, dalla speranza alla rassegnazione, dall’entusiasmo alla paura, dall’amore alla violenza. A lei l’arduo compito di riprodurre il tessuto famigliare che fa da sfondo alla tragedia nella speranza che anche un’opera lieve possa aiutare a riconoscere e denunciare gli orchi travestiti da persone comuni.
Quella che all’epilogo si rivela essere una tragedia contemporanea, nell’ora precedente si configura come una divertente commedia giocata sugli stereotipi regionali, su situazioni tanto irreali quanto esilaranti, sui luoghi comuni della fede. I personaggi prendono la parola a turno, esibendosi in monologhi intensi in cui temi aulici si mischiano al tran tran quotidiano, il comico al drammatico, il reale alla fantasia.
Seduti tra il pubblico, ascoltando gli sfoghi delle donne, si colgono chiaramente le avvisaglie dell’imminente dramma: come nella vita reale, da fuori è molto più semplice giudicare. Nel calderone dello spettacolo ci sono molte delle ragioni che accompagnano le vittime a farsi immolare sull’altare sacrificale dall’uomo amato, tra lo sgomento di conoscenti e parenti. Lo scopo del testo teatrale scritto da Giuseppina Torregrossa e portato in scena con la regia di Nicola Alberto Orofino è proprio spingere le persone a guardare oltre l’apparenza della quotidianità, ascoltare gli altri con attenzione, indagando il non detto e le ragioni dei sospiri.
L’esortazione all’azione è il messaggio che resta impresso agli spettatori di Virginedda Addurata, un invito ribadito anche agli ospiti che, come a ogni appuntamento di Palco Off, dibattono delle tematiche dello spettacolo. Un’esortazione necessaria per sferrare un’azione decisa contro gli orchi in una guerra al femminicidio che ogni giorno lascia a terra nuove vittime, senza distinzione di età, ceto sociale o livello di istruzione. C’è tanta paura nelle parole della madre e della figlia di Maria eppure le due donne non riescono a trovare il modo di erigere una barricata attorno alla vittima per proteggerla, a straparla da una condizione di pericolo, a destarla da quel sogno d’amore in cui si ostina a rifugiarsi. Paura che immobilizza, ignoranza che induce a cercare rifugio nella superstizione, rassegnazione che induce a illudersi le cose non possano peggiorare.
 
Silvana Costa

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Libero
via Savona, 10 – Milano

dal 21 al 23 dicembre 2017
www.teatrolibero.it

Virginedda Addurata
di Giuseppina Torregrossa
con Egle Doria e Francesca Vitale
voce fuori campo Fiorenzo Fiorito
disegno luci Simone Raimondo
costumi Monia Torchia
sartoria Nina Sarra Pistone
regia Nicola Alberto Orofino
produzione La Memoria del Teatro

Palco Off
Attori, autori, storie di Sicilia
3^ Stagione Teatrale 2017 | 2018
rassegna di 5 spettacoli
orari: venerdì e sabato 21.00
domenica 16.00
ad eccezione di domenica 20 maggio 21
orari degustazioni: venerdì e sabato ore 20.30
domenica – fine spettacolo
ad eccezione di domenica 20 maggio ore 20:30
www.palcooff.it
26 – 28 gennaio
Mozza
La fiaba moderna del rapporto tra una ragazza e il mare
di e con Claudia Gusmano

23 – 25 febbraio
La voce di Peppino Impastato
con Pierpaolo Saraceno e Mariapaola Tedesco

18 – 20 maggio
La cosa brutta
con Francesca Vitale, Matthieu Pastore e Ilaria Marchianò
regia di Manuel Renga
testo di Tobia Rossi