Mr Pùntila e il suo servo Matti

Ferdinando Bruni e Francesco Frongia portano in scena la sarcastica commedia che Brecht dedica al controverso rapporto tra servo e padrone.

Quante sono le sfaccettature della mente umana? In base a quale criterio o in quale occasione alcune peculiarità prevalgono su altre? Robert Louis Stevenson ne Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) immagina una pozione che scomponga la personalità di un uomo nelle singole inclinazioni, conferendo a ciascuna di esse vita propria. Charlie Chaplin in Luci della città (1931), più modestamente, attinge a quanto si può osservare ogni giorno ed enfatizza gli effetti dell’alcool per trasformare un avaro milionario in un munifico benefattore e denunciare le grandi differenze sociali in cui affonda le radici il capitalismo.
Dieci anni dopo Bertolt Brecht, con minor poesia ma decisamente maggior umorismo, sembra voler approfondire la tematica affrontata dal cineasta britannico e scrive Mr Pùntila e il suo servo Matti (1941). Mr Pùntila è un ricco uomo d’affari, proprietario di terreni agricoli, boschi, capi di bestiame e immobili in quantità; ha alle sue dipendenze una folta schiera di lavoratori rimpolpati all’occorrenza da braccianti arruolati tra i disoccupati locali. È ricco ma la figlia Eva sta per convolare a nozze col diplomatico Ino Silakka, un cacciatore di dote che, già sa, intaccherà pesantemente il patrimonio famigliare: è pertanto importante stroncare sul nascere qualsiasi rivendicazione i dipendenti possano avanzare, impedire che si organizzino tra loro e scacciare quanti come Surkkala divulgano le teorie comuniste.
Mr Pùntila appare il degno spietato epigone del dickensiano Scrooge, portato in scena nella scorsa Stagione da Ferdinando Bruni sempre al Teatro Elfo Puccini. Eppure basta lasciarlo bere anche un solo bicchiere di troppo affinché da arcigno si trasformi in amichevole, sino al punto da non disdegnare la compagnia dei domestici, da concedere aumenti salariali ai padri di famiglia, da fidanzarsi con l’assistente farmacista – e la lattaia e la telefonista – e promettere l’unica figlia (Elena Russo Arman) in moglie a Matti l’autista (l’imperturbabile Luciano Scarpa). Matti in realtà cattura l’interesse di Eva ma si rifiuta di compiere la scalata sociale perché, come casi analoghi dimostrano, egli sarebbe comunque considerato inferiore alla moglie e, pertanto, relegato in cucina con la servitù quando a cena ci siano invitati di rango. Molto meglio approfittare dei momenti di bonomia di Mr Pùntila per trarne profitto in attesa che giunga il giorno in cui non dovrà più dipendere da padrone alcuno.
La trama, già scoppiettante di suo, viene esaltata all’ennesima potenza in questa produzione di Teatro dell’Elfo diretta da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, anche grazie al testo che si avvale della moderna traduzione dello stesso Bruni. Su un palcoscenico tutto sommato spoglio i personaggi brillano come non mai grazie a interpreti di prim’ordine che si divertono a giocare con le parole che escono lievi dalle loro bocche per depositarsi poi pesanti nella mente del pubblico, obbligandolo a prendere coscienza di una società dai due volti, molto più schizofrenica di Mr Pùntila. La commedia sconfina spesso nella farsa: nei salamelecchi dei politici, nelle ruberie dei servi, nei deliri di grandezza piuttosto che nella lussuria di Mr Pùntila (“le fidanzate non bastano mai!”) vediamo riflesso il malcostume di tanta Italia dei giorni nostri, da leggersi in base alla sensibilità, cultura ed esperienza (lavorativa) di ciascuno.
Ferdinando Bruni, calato nei pesanti panni del magnate angosciato da problemi economici  – al pari dell’ultimo dei suoi servi – e bisticci famigliari, conteso tra il prestigio che il matrimonio di Eva con l’attaché (Umberto Petranca) gli conferirebbe e la repulsione per l’inettitudine dello sposo, utilizza le diverse intonazioni di voce e una complessa mimica per distinguere le differenti condizioni di Mr Pùntila. Egli offe una superba interpretazione in grado di evocare, di volta in volta, i protagonisti di capolavori dal cinema da Il grande dittatore (1940) sempre di Chaplin a Novecento (1976) di Bertolucci o a Frankenstein Junior (1974), con Mrs Klinckmann, zia dello sposo e spasimante del milionario, al posto di Frau Blücher.
Come accade nella celeberrima L’opera da tre soldi (1928), anche in Mr Pùntila e il suo servo Matti il recitato si alterna al cantato: Ida Marinelli, Corinna Agustoni, Francesca Turrini e Carolina Cametti introducono e commentano energicamente l’azione alla guisa di moderni coreuti, accompagnate dalle musiche originali di Paul Dessau ispirate ai ritmi delle danze popolari.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, due indomabili spiritelli burloni, riescono una volta ancora a rispolverare l’animo divertito e divertente delle origini della Compagnia del Teatro dell’Elfo per raccontare una quotidianità che in oltre mezzo secolo è rimasta pressoché immutata. I registi attingono alla grande tradizione comica italiana, partendo dalla folta rassegna dell’impertinente servitù goldoniana per giungere a fare la pernacchia al Bagaglino; come funamboli sfruttano mimica, parole e musica per mantenersi in equilibrio sulla sottile corda della comicità, senza scivolare nel banale o, peggio, nel volgare.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – sala Shakespeare
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a domenica 11 febbraio 2018
orari: martedì-sabato 20.30
domenica 16.00
www.elfo.org

Mr Pùntila e il suo servo Matti
di Bertolt Brecht
traduzione Ferdinando Bruni
regia e scene Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
con Ferdinando Bruni, Luciano Scarpa, Ida Marinelli, Elena Russo Arman, Corinna Agustoni, Luca Toracca, Umberto Petranca, Nicola Stravalaci, Matteo De Mojana, Francesca Turrini, Francesco Baldi, Carolina Cametti
musiche originali Paul Dessau
arrangiamenti Matteo de Mojana
costumi Gianluca Falaschi
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
produzione Teatro dell’Elfo