Una bella biografia firmata dalla storica dell’arte Giovanna Ginex ricorda Fernanda Wittgens, indimenticata Direttrice di Brera che, con la sua tenacia, fece risorgere la Pinacoteca dalle macerie dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, restituendo a Milano una struttura moderna sia nell’edificio sia nelle finalità culturali e gestionali.
Lo scorso aprile si è concretizzato il progetto della Grande Brera con la tanto agognata riconsegna alla città di Milano del settecentesco Palazzo Citterio, destinato all’espansione della vicina Pinacoteca. L’epopea del restauro dell’edificio acquistato dal Ministero per i Beni Culturali a metà degli anni Settanta è narrata in Palazzo Citterio verso la Grande Brera, un interessante volume edito da Skira. Gli autori, concentrati sulla fitta successione di vicende e progetti registrati in quasi mezzo secolo, hanno citato solo tangenzialmente come l’idea fosse nata negli anni Quaranta dalla fervida mente di Ettore Modigliani e Fernanda Wittgens.
Leggiamo della genesi di quel primo progetto, sviluppato in forma di piano urbanistico dall’architetto Piero Portaluppi, nella biografia “Sono Fernanda Wittgens”. Una vita per Brera di Giovanna Ginex, appena pubblicato da Skira. Il libro, messo in cantiere in occasione del sessantesimo anniversario della morte, traccia un approfondito ritratto della carismatica Direttrice della Pinacoteca di Brera attingendo dal ricco epistolario famigliare e professionale che ha lasciato in eredità.
Fernanda Wittgens, nata a Milano nel 1903 e rimasta orfana di padre in giovane età, si laurea in storia dell’arte con Paolo D’Ancona redigendo una tesi intitolata I libri d’arte dei pittori dell’Ottocento e nel 1927, con il suo relatore universitario, pubblica Antologia della moderna critica d’arte. In quello stesso anno conosce Ettore Modigliani – dal 1908 Direttore della Pinacoteca e Sovrintendete alle Gallerie della Lombardia – che la invita a lavorare al Museo, assegnandole un numero crescente di incarichi e responsabilità. Impressionato dall’abnegazione e dalla competenza della giovane Fernanda, Modigliani le cede l’incarico quando nel 1938, con l’entrata in vigore delle Leggi razziali, è costretto ad abbandonare Milano. Fernanda Wittgens durante la guerra si ritrova così sola a organizzare le delicate operazioni di messa in sicurezza dei preziosi capolavori di Brera e del Museo Poldi Pezzoli, edifici che a più riprese, nel 1942 e nell’agosto 1943, vengono gravemente danneggiati dai bombardamenti aerei e dai successivi incendi. Sempre a lei spetta il compito di gestire le fasi della ricostruzione delle sale della Pinacoteca poiché Modigliani, sebbene al termine della guerra sia riammesso alla direzione del Museo, muore nel 1947.
Fernanda Wittgens lavora a fianco di Piero Portaluppi per la ricostruzione filologica delle sale andate distrutte; richiede siano poste in opera – nel modo più discreto possibile – le più moderne tecnologie per l’illuminazione, il condizionamento e la sicurezza delle opere esposte; ottiene la consulenza dell’architetto Franco Albini che propone innovazioni all’allestimento di stampo razionalista, traendo spunto dai recenti orientamenti in campo museografico. Il progetto redatto con Portaluppi in realtà include anche l’espansione della Pinacoteca nel vicino Palazzo Citterio e l’elaborazione di un piano urbanistico denominato Grande Brera per promuovere la rinascita dell’intera area quale cuore culturale milanese.
La Direttrice chiede a Roberto Longhi di appoggiare la sua visione di Brera, confermando il progetto di Napoleone di una galleria destinata all’istruzione del popolo, che racconti la pittura italiana e lombarda nella sua completezza, entrando in rete con istituzioni analoghe presenti a Roma, Firenze e Venezia. Non una raccolta di soli capolavori ma un excursus storico quanto più completo possibile, che includesse le tele ottocentesche non ancora metabolizzate dalla critica e dalle istituzioni.
Fernanda Wittgens, memore del padre che portava lei e le sorelle ancora bambine a visitare le mostre d’arte, lavora per dar vita al progetto di “museo vivente”, uno spazio espositivo in cui i visitatori non subiscano passivamente il fascino delle opere ma vengano istruiti affinché ne apprezzino le peculiarità, le possano confrontare tra loro ed elaborare un pensiero critico autonomo. Si preoccupa di formare guide che supportino il pubblico durante la visita, di istruire i maestri che poi terranno lezioni alle scolaresche nelle sale di Brera, organizza visite guidate in orari serali e la domenica per i lavoratori, convincendo il Ministero ad accordarle finanziamenti straordinari. La cultura – e l’arte in primo luogo – è un impareggiabile strumento per creare un senso di appartenenza e identità nella Milano che esce frastornata dalla Seconda Guerra Mondiale ma anche uno straordinario magnete per turisti da ogni parte del mondo. Fernanda Wittgens – coadiuvata dal giovane Franco Russoli che ne raccoglierà l’eredità – plasma la Brera moderna, incentivando il mecenatismo dei privati, rendendo la struttura più funzionale e organizzando eventi, conferenze e aperture gratuite per attrarre un numero crescente di visitatori.
Giovanna Ginex traccia un dettagliato ritratto di questa donna che “si impone un legame esclusivo con il suo lavoro, quasi che il comando – come scrive al termine della sua vita – e le responsabilità “maschili” di cui si era fatta carico, le impedissero di vivere apertamente la sua femminilità. La sua vita è per Brera e per la sua famiglia, di cui è sempre e resterà il principale sostegno” (pag. 48). Fernanda Wittgens, nubile per scelta, decisa e a tratti impetuosa, affronta in prima persona – e con decenni di anticipo – i temi delle lotte femministe e, coerente con i propri ideali politici, non esita a compiere attività antifascista, agevolando la fuga verso la Svizzera degli ebrei. Per questo suo impegno finisce in carcere – dove troverà la forza di ideare opere a sostegno dei prigionieri di più umile estrazione sociale – ma, al termine della guerra, dando prova di integrità morale, rifiuta sia onorificenze sia inviti a intraprendere la carriera politica.
“Sono Fernanda Wittgens”. Una vita per Brera affianca al contributo di Giovanna Ginex i saggi Maestri e mentori di James Bradburne, Direttore in carica della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano; Con D’Ancona, Modilgliani e Longhi di Erica Bernardi dedicato al rapporto di Fernanda Wittgens con i suoi riferimenti culturali e professionali; Per Brera, 1947-1957 in cui Emanuela Daffra elenca i principi che hanno guidato le azioni di questa instancabile donna. In appendice è pubblicata un’antologia dei testi citati nel libro che, da sola, basterebbe a tratteggiare lo spessore morale e culturale di Fernanda Wittgens.
Leggendo i differenti interventi si nota tuttavia come, a volte, gli aneddoti si ripetano mentre in altre occasioni le vicende assumano un tono forse eccessivamente aulico, trasudando l’emozione degli autori al cospetto di colei che con tenacia, competenza e lavoro di gruppo ha saputo restituire a Milano una raccolta di capolavori che tutto il mondo ammira. Pur trattandosi di una biografia storica, infarcita di dati e citazioni, “Sono Fernanda Wittgens”. Una vita per Brera scorre via come un romanzo cavalleresco, in cui la protagonista si batte con tutti i mezzi a sua disposizione per riportare il palazzo agli antichi splendori. Un’eroina che, pur essendo vissuta in anni lontani e drammatici della storia italiana, sentiamo oggi nostra contemporanea; una raffinata intellettuale che affronta burocrazia e difficoltà economiche supportata dal nobile desiderio di realizzare un “museo vivente”.
Silvana Costa
“Sono Fernanda Wittgens”
Una vita per Brera
di Giovanna Ginex
Skira, 2018
15 x 21 cm, 160 pagine, 47 fotografie b/n, brossura
prezzo: 19,00 Euro
www.skira.net