Zoo, scritto e diretto da Sergio Blanco, è la nuova produzione del Piccolo di Milano, in scena fino al 5 maggio al Teatro di via Rovello.
Il lavoro si inscrive in un percorso di indagine sulla condizione umana all’interno una dimensione cosmica, promosso da Claudio Longhi, nuovo direttore artistico dell’illustre istituzione teatrale meneghina.
La trama si fonda su un elemento classico della drammaturgia occidentale: il triangolo, in questo caso tra uno scrittore in cerca di un soggetto per la nuova opera (Lino Guanciale), la dottoressa Rosenthal, veterinaria comportamentista dello zoo cittadino (Sara Putignano) e Tandzo il gorilla ospite del suo laboratorio per una serie di analisi (Lorenzo Grilli). Tre personaggi le cui esistenze sono parimenti connotate dall’allontanamento dalla terra natia quale esito della drammatica evoluzione del rapporto genitori/figli. Un destino che, in parte, li accomuna a una quarta figura, quella di Edda Ciano, più volte evocata sul palcoscenico nel corso dello spettacolo.
Sin dal primo incontro nasce, sotto lo sguardo attendo della dottoressa, una reciproca fascinazione tra l’uomo e il gorilla, tra questi due animali che condividono il 98% del patrimonio genetico. L’uomo a un certo punto infatti confessa “Avevo bisogno della sua vicinanza per poter scrivere. Ogni volta che andavo a vederlo, al giardino zoologico, il mio battito cardiaco aumentava, man mano che mi avvicinavo al recinto. Appena arrivava, ci guardavamo, facevamo dei gesti, poi, a poco a poco, cominciavo a scrivere”.
Il rapporto tra i due si rafforza passo dopo passo, con lo scrittore che condivide con Tandzo libri, film, musica e immagini, letteralmente bombardando la mente del gorilla di informazioni sul proprio mondo e restando affascinato dalle sue reazioni. Un rapporto complesso che tramite la figura della dottoressa apre il campo a mille quesiti sulla vicinanza dei due mondi.
Quesiti esclusivamente etologici come impone la scienziata, pur faticando a celare la propria componente emotiva.
Quesiti etici e commozione sono quelli che tuttavia scaturiscono nel pubblico in sala che, complici i video proiettati in scena, non può prescindere dall’interrogarsi sulla propria essenza, su quello che eccede la condizione umana e sulla posizione dell’uomo all’interno di un quadro universale.
A controbilanciare il tumulto sentimentale che scuote il cuore dei tre protagonisti, Sergio Blanco li immerge in un contesto emozionalmente freddo come ci si aspetta sia un laboratorio o un ambulatorio medico. La scultorea scenografia elaborata da Monica Boromello fa da sfondo ai video di Miguel Grompone che sottolineano i passaggi della storia con dati e immagini che raccontano la bellezza e l’imponenza di una natura messa a dura prova dell’uomo. Un racconto drammatizzato dal light design di Max Mugnai.
Al pluripremiato musicista Gianluca Misiti – vincitore, tra gli altri, del Premio Ubu come Miglior progetto sonoro o musiche originali nel 2015 per I Giganti della Montagna e nel 2017 per Cantico dei Cantici, entrambi diretti e interpretatati da Roberto Latini – in compito di proporre canzoni che inducano alle lacrime, una caratteristica che accomuna l’uomo ai primati.
Sergio Blanco si dimostra geniale in Zoo nello svelare, con la complicità degli attori in scena, il complesso meccanismo della macchina teatrale. Innanzitutto per il personaggio dello scrittore si ispira al proprio vissuto, rielaborandolo ai fini dello spettacolo secondo la tecnica narrativa dell’autofinzione che gli è peculiare. Egli poi lascia agli spettatori molto spazio per la riflessione sugli elementi che man mano presenta loro, riempiendo i silenzi con musica e immagini dall’alto potere suggestivo. Temi importanti: la vita, la fine della vita, l’olocausto, la malattia, l’esilio, la solitudine, il ricordo, la scrittura, la poesia e il rapporto con l’altro che, per definizione, è sempre diverso da sé.
Nel ruolo di regista Blanco è poi eccezionale nell’utilizzare il talento di Lino Guanciale, Sara Putignano e Lorenzo Grilli – nonostante sia sepolto sotto chili di pelo – per sollevare sin dalla premessa la spessa cortina che, a guisa di sipario, cela la realtà dietro la storia rappresentata, il vero dietro il verosimile. Lino Guanciale è sé stesso nell’atto di presentarsi al pubblico e, per alleggerire l’attesa racconta qualcosa di personale, subito emulato da Sara Putignano. Eppure, conoscendo lo stratagemma dell’autofinzione, ci si chiede dove finisca la vita loro e inizi quella del personaggio che interpretano. Un quesito che si ripropone in più occasioni nel corso delle due ore di Zoo.
Poco importa. Il teatro è in fondo l’occasione per immergersi in realtà alternative e sognare.
Quello che sicuramente è reale è il talento del cast nel raccontare la storia e di Sergio Blanco nello scatenare un feroce turbinio di pensieri ed emozioni nel pubblico.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Piccolo Teatro Grassi
via Rovello 2 – Milano
fino a giovedì 5 maggio 2022
orari: martedì, giovedì e sabato 19.30;
mercoledì e venerdì 20.30;
domenica 16.00; lunedì riposo
le recite del 2, 3, 9, 12, 23, 30 aprile, 3, 4 e 5 maggio sono sovratitolate in inglese
www.piccoloteatro.org
Zoo
scritto e diretto da Sergio Blanco
traduzione Angelo Savelli
con Lino Guanciale, Sara Putignano, Lorenzo Grilli
video Miguel Grompone
scene Monica Boromello
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
musiche e suono Gianluca Misiti
aiuto regia Teresa Vila
preparazione vocale a cura di Laura Raimondi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
durata 2 ore senza intervallo