LaChapelle believes in miracles

In mostra al MUDEC di Milano oltre 90 opere, tra cui alcune esposte in prima mondiale, a raccontare il percorso artistico e le speranze per un mondo migliore dell’artista scelto da Andy Warhol come fotografo per i servizi di copertina di Interview.

David LaChapelle. I Believe in Miracles, la mostra prodotta da 24 ORE Cultura in collaborazione con David LaChapelle Studio, inonda di colori vivaci sino all’11 settembre le sale del MUDEC – Museo delle Culture di Milano.
Il titolo, scelto dall’artista americano in persona, vuole essere una testimonianza d’amore verso i propri simili, un’attestazione di fiducia a un genere umano che, dopo aver inondato la Terra di dolore e distruzione, ha ora una seconda chance per prendersi cura dell’ambiente e delle creature che lo abitano. Emblematica in tal senso l’opera Rape of Africa (2009) dove, traendo ispirazione da Venere e Marte di Botticelli, propone bambini armati a guisa di putti e Naomi Campbell nel ruolo dell’Africa, un continente mantenuto in costante assetto di guerra dalle potenze occidentali per spogliarlo più agevolmente delle ricchezze naturali. Un’immagine forte che in parte spiega perché LaChapelle sia spesso etichettato dalla critica come artista provocatorio. Un’etichetta che il diretto interessato rifiuta, ribadendo in occasione dell’inaugurazione di I Believe in Miracles che gli eccessi scenografici del proprio lavoro – così come le celebrità che posano per lui, ricoperte di strati di trucco e costumi appariscenti – sono finalizzati esclusivamente a catalizzare l’attenzione di un pubblico sempre più refrattario alle emozioni per poi veicolargli idee e valori.
Il percorso di visita proposto dai curatori Denis Curti e Reiner Opoku non ha un andamento rigorosamente cronologico ma preferisce un approccio emotivo volto a testimoniare come la fotografia sia sempre e comunque una forma d’arte scenica, sia quando mostrata in un museo sia quando prodotta a fini commerciali. In fondo, come LaChapelle ci tiene a sottolineare, non esiste una reale separazione tra le due attività: i ritratti dei committenti realizzati dai massimi artisti di ogni epoca sono esposti nei musei di tutto il mondo a fianco di scene sacre, soggetti mitologici e ricostruzioni storiche. Passion of the Christ (2006) e il successivo – e per certi versi complementare – Mary Magdalene: Abiding Lamentation (2019), con protagonista la ex-coppia Kanye West e Kim Kardashian calati rispettivamente nei ruoli di Gesù e di Maria Maddalena, presentano evidenti riferimenti iconografici all’arte rinascimentale.
Ogni scatto è frutto di un progetto accurato perciò non è un caso che in The Holy Family with S. Francis (2019), l’opera che accoglie i visitatori all’ingresso della mostra, faccia capolino un volume dedicato alla pittura di Michelangelo. David LaChapelle ama infatti ricordare quando giovane studente alla scuola d’arte si cimentava nel ritrarre i compagni di studi distesi in pose che evocano i corpi dipinti sulla volta della Cappella Sistina. Nel tempo la carta ha ceduto il campo alla pellicola.
Il percorso di visita parte dunque da qui, dai ritratti eseguiti su commissione, a iniziare da quanti apparsi sulle celeberrime copertine di Interview, la rivista fondata da Andy Warhol con John Wilcock e Gerard Malanga nel 1969. È proprio Warhol che offre a un giovanissimo David il primo lavoro retribuito, commissionandogli un servizio sui Beastie Boys per quella che all’epoca è una delle più importanti riviste del mondo.
La parete opposta ospita la stampa lunga 16×4 m di Seismic Shift (2012), fotografia che racconta i danni causati da un potente terremoto al LACMA – Los Angeles Country Museum of Art. Le travi di copertura dell’edificio progettato da Renzo Piano sono spezzate e il soffitto vetrato è collassato all’interno della sala espositiva. Le opere in mostra sono in parte distrutte, a iniziare dalla vasca dello squalo di Damien Hirst che sembra pronto a tornare in libertà, tuffandosi nell’acqua ormai stagnante penetrata nella sala in cui galleggiano borse di Louis Vuitton. Il pubblico si sofferma a lungo dinnanzi alla fotografia in uno stato di sospensione dell’incredulità: essa non è testimonianza di un fatto reale, non ha nulla a che fare con la verità quanto piuttosto con la libera creatività. LaChapelle e il suo nutrito gruppo di collaboratori – egli ci tiene a sottolineare come ogni singolo scatto sia da attribuirsi all’intera equipe – hanno infatti impiegato tre anni di lavoro per allestire il set per dar vita a questa sua visione apocalittica.
Hanno sapore apocalittico pure le opere della serie Deluge (diluvio in italiano), sviluppata a partire dal 2006 dopo il trasferimento alle Hawaii del fotografo. Il diluvio da un lato porta dolore e distruzione, come testimoniano le sale dei musei invase dall’acqua, con statue e muri segnati dalle macchie di umidità e fango. Dall’altro invece riesce a far affiorare la parte migliore degli esseri umani che, uniti nella sventura, si aiutano vicendevolmente per sfuggire alla morte come nell’immagine di grande formato esposta in mostra (2006).
L’aiuto ai meno fortunati, agli ultimi, a chi vive per strada o vende il proprio corpo per sopravvivere è il motivo che spinge Gesù a tornare sulla Terra come racconta la serie Jesus as an Homeboy (2003) che si conclude con un’Ultima Cena dei giorni nostri. La serie è ulteriore evidenza della radicata spiritualità di David LaChapelle. Una spiritualità che fa da filo conduttore attraversando le diverse parti della mostra e si manifesta tanto in idilliache ricostruzioni di passaggi del Vecchio Testamento quanto in composizioni con protagonisti Cristo o la Madonna.
Attento testimone della contemporaneità LaChapelle porge attenzione sia, come già accennato, alla forte impronta che l’uomo lascia sul pianeta – si vedano le industrie della serie Landscape (2013) o la condanna al forte impatto delle compagnie petrolifere sul territorio con Gas: Shell (2012) – sia alle conseguenze economiche e sociali della recente pandemia. Al periodo del lockdown risalgono For Men Will Be Lovers of Self e The Sorrows (2001) volte a denunciare come tale situazione abbia recato seco un nuovo modo di esistere, concentrato da un lato su una crescente dipendenza dalla tecnologia e dall’altro su maggior vanità e individualismo. A queste due opere accosta il tenero abbraccio di due anziani estratto dal progetto Revelations (2019) commissionatogli dall’amica artista Daphne Guinness, ispirato a una profezia biblica sulla fine del mondo, che comprende pure il filmato proiettato a ciclo continuo nella sala successiva.
Hanno un sapore salvifico le fotografie realizzate nella rigogliosa foresta pluviale di Maui, l’isola dove David LaChapelle si è trasferito a vivere da alcuni anni. La stessa isola dove nel 1939 soggiorna a lungo Georgia O’Keeffe per dipingere meravigliosi fiori. L’ultima sezione della mostra rende omaggio a quest’autrice, suo mito dell’infanzia, con una strepitosa rassegna di fiori tropicali ritratti singolarmente, quali orpelli di Our Lady of the Flowers (2018) o ad alludere al sangue che sgorga dalle ferite di Cristo in The Crucifixion (2021). I fiori sono un momento di vita e gioia, una testimonianza della forza della natura che, quando lontana dal potere distruttore dell’uomo, torna a sbocciare ogni anno più rigogliosa e lussureggiante che mai. In un percorso che, come Self-Portrait as House (2013), vuole dare evidenza dei mille interessi dell’autore, quest’ultima sala espositiva, complici le dimensioni raccolte e la luce intensa come il sole d’estate, rappresenta l’ottimismo per il futuro, la fiducia che non tutto sia perduro, che per la razza umana ci sia ancora speranza di redenzione, che i miracoli siano possibili.
A memoria di questa esperienza immersiva nel magico mondo di David LaChapelle 24 ORE Cultura ha pubblicato il catalogo della mostra contenente tutte le immagini esposte, sia nelle sale sia nel foyer del MUDEC. Catalogo che, grazie alla stampa ad alta definizione su spessa carta patinata, è un immancabile pezzo per la biblioteca di quanti appassionati di fotografia, a prescindere abbiano potuto visitare la mostra milanese o meno. Le immagini sono stampate in grande formato per permettere di cogliere la gran dovizia di dettagli che affollano le scene composte da LaChapelle, suddivise per tipologie di supporto su cui riprodotte e sono intervallate a gruppi da riflessioni con cui l’artista svela il proprio approccio alla fotografia e alla vita.

Silvana Costa

La mostra continua a:
MUDEC – Museo delle Culture

via Tortona 56 – Milano
fino a domenica 11 settembre 2022  
orari: lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9.30 – 19.30
giovedì, sabato 9.30 – 22.30
la biglietteria chiude un’ora prima
www.mudec.it
 
David LaChapelle
I Believe in Miracles
a cura di Denis Curti, Reiner Opoku
progetto di allestimento Corrado Anselmi
in collaborazione con David LaChapelle Studio
una mostra 24 ORE Cultura

Catalogo:
David LaChapelle

I Believe in Miracles
a cura di Reiner Opoku, Denis Curti
24 ORE Cultura, 2022
23×28 cm, 160 pagine, 180 illustrazioni, cartonato
prezzo 30,00 Euro
www.24orecultura.com