Il vizio dell’arte

Ida Marinelli tenta di dirigere un bizzarro gruppo di attori, con alla testa Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, nella divertente commedia di Alan Bennett concepita come una dichiarazione d’amore al teatro.

Benjamin Britten e Wystan Hugh Auden sono in scena fino a venerdì 2 giugno al Teatro Elfo Puccini di Milano. Non si tratta di un’opera del compositore accompagnata dal testo dell’amico poeta ma di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni calati una volta ancora nei panni dei due celeberrimi autori britannici in Il vizio dell’arte, una divertentissima commedia di Alan Bennett. Lo spettacolo debutta a Londra nel 2009 riscuotendo consensi di critica e pubblico e inaugura la Stagione 2014/15 dell’Elfo nella traduzione dello stesso Bruni che ne cura anche la regia con Francesco Frongia.
Il vizio dell’arte è quella forza che muove gli artisti di ogni genere e corrente – inclusi quindi poeti, compositori, autori teatrali e attori – a mettersi continuamente in gioco, anche quando l’età e la fortuna non sono dalla loro parte: è la ragione della loro vita.
Il palco della sala Shakespeare dell’Elfo è trasformato in una delle sale prove del National Theatre dove un gruppo di attori è alle prese con Il giorno di Calibano sotto l’occhio vigile di Kay (Ida Marinelli), il direttore di scena facente le veci del regista assente, e di Neil (Michele Radice), l’autore del testo. Il titolo riflette l’idea di Auden che il finale de La Tempesta di Shakespeare sia incompleto.
Nello spettacolo sono coinvolti diversi attori: Fritz (Bruni), Henry (De Capitani), Donald (Umberto Petranca) nel ruolo di Humphrey Carpenter, autore anche nella realtà delle biografie di numerosi artisti tra cui Auden e di Britten, e Tim (Edoardo Barbone) in quello di Stuart. Nel corso della prova interromperanno le scene più volte per discutere della propria parte e delle deprecabili abitudini di Auden con cui si dovranno confrontare.
Il giorno di Calibano è ambientato nel 1972, quando Carpenter si reca a Oxford per intervistare Auden nell’appartamento che l’Università gli ha messo a disposizione al suo rientro in patria dagli Stati Uniti. Il poeta lo scambia per Stuart, un ragazzo con cui ha fissato un appuntamento e che si paleserà poco dopo, chiarendo il malinteso. Il loro incontro è successivamente interrotto dall’arrivo, dopo anni di lontananza e rancori, di Britten. Il compositore sta lavorando a una trasposizione in opera musicale di Morte a Venezia e vorrebbe discutere con Auden dell’attrazione di von Aschenbach per Tadzio. Il suo vero intento è in realtà il bisogno di essere rassicurato sull’interpretazione che vuol dare di quel rapporto ma l’altro fraintende e crede gli voglia affidare la scrittura del libretto.
Tra scambi di persona, malintesi, smanie di protagonismo degli attori, battute e situazioni bizzarre, Il vizio dell’arte si rivela una di quelle perfette macchine comiche che hanno consegnato Bennet all’empireo degli autori più amati dal pubblico. Esilarante, per esempio, il passaggio in cui Fritz, già imbottito di gommapiuma per avvicinarsi fisicamente ad Auden, prova a recitare indossando anche una maschera di gomma per assomigliare ancor più al proprio personaggio. La commedia tuttavia, proprio in virtù di una concezione metateatrale in cui si dà visibilità al meticoloso impegno nell’allestimento di uno spettacolo, caratterizzando i personaggi sino allo sfinimento per renderli credibili, dosando movimenti e parole, è un tributo alla passione riversata ogni giorno nel proprio lavoro, tanto da chi si porge al pubblico quanto da chi lavora nel dietro le quinte. Un riconoscimento al lavoro collettivo alla base di ogni rappresentazione ma pure una dichiarazione d’amore a Talia, la musa che secondo la mitologia greca presiede al genere teatrale della commedia.
Ne Il vizio dell’arte si dibatte anche su un altro argomento caro ad Alan Bennett e ricorrente nelle sue opere: l’omosessualità. Il tema si sviluppa attraverso il confronto tra i due diversi approcci alla questione messi in atto da Auden e Britten e gli interventi non richiesti di Henry, volti a fornire informazioni storiche e curiosità sulla comunità gay londinese. Il compositore, complice il lungo legame con il tenore Peter Pears, è riservato e accenna solo sotto le insistenze di Auden come, a guisa di von Aschenbach, sia attratto dai giovani coristi con cui lavora. Il poeta dal canto suo, un gay dichiarato da lungo tempo ormai, non si pone problemi a condividere gusti e abitudini sessuali, mettendo a tratti in imbarazzo gli ospiti eppure, quando nel finale declama i versi di In memoria di W. B. Yeats, tutti i suoi rozzi modi di fare vengono in un attimo spazzati via dal ricordo di cotanto talento e ogni umana debolezza gli è perdonata.
Grande talento e un innegabile vizio per l’arte dimostra tutto il cast, accompagnato dalle musiche originali di Matteo de Mojana e Luigi Napolitano eseguite dal vivo da Roberto Antonio Dibitonto. Innegabile è la magia cui danno vita in scena Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, affascinando il pubblico e catalizzandone l’attenzione per le oltre due ore di spettacolo senza che per un attimo cali l’attenzione. Esilarante Umberto Petranca nel cimentarsi nei goffi tentativi di Donald di conquistare uno spazio maggiore nella commedia con travestimenti o caricando la recitazione delle battute suggeritegli da Vincenzo Zampa.
Stella indiscussa di Il vizio dell’arte per noi è tuttavia Ida Marinelli il cui personaggio, nel disperato sforzo di portare a conclusione la prova tra discussioni oziose e assenze, si cala in bizzarri personaggi, si esibisce in prove di canto accennando coreografie, per tornare infine a sfoggiare piglio di ferro con quella stralunata combriccola di attori, pieni di pensate stravaganti di cui il pubblico non può che riderne di gusto.
Sfidiamo dunque chiunque ad assistere a questo spettacolo e, uscendo, a non sentirsi contagiato dal vizio dell’arte, se non nel produrla almeno ad assistervi.

Silvana Costa

 

Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – sala Shakespeare
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a venerdì 2 giugno 2023
orario: martedì – sabato 20.30
domenica 16.00
www.elfo.org
 
Il vizio dell’arte
di Alan Bennett
traduzione di Ferdinando Bruni
uno spettacolo di Ferdinando Bruni, Francesco Frongia
con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Ida Marinelli, Umberto Petranca, Edoardo Barbone, Roberto Antonio Dibitonto, Michele Radice, Vincenzo Zampa
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
musiche originali Matteo de Mojana, Luigi Napolitano (sassofono)
eseguite dal vivo da Roberto Antonio Dibitonto
costumi Saverio Assumma
produzione Teatro dell’Elfo
Premio Ubu 2015 – Nuovo testo straniero, Premio Hystrio Twister 2015
durata 2 ore e 10 minuti con intervallo