Dalla Grecia a Pompei

Un’eccezionale rassegna di reperti archeologici consente di indagare come si sia evoluto il rapporto tra uomo, natura e mito nelle società greca e romana, svelando un’inaspettata indole ambientalista dei nostri antenati.

L’affascinante mostra Mito e natura. Dalla Grecia a Pompei, aperta sino a inizio gennaio 2016 a Milano, al piano terra di Palazzo Reale, offre un’entusiasmante carrellata di opere di epoca greca, magnogreca e romana, databili dall’VIII secolo a.C. al II secolo d.C. Si tratta di una sequenza di reperti archeologici non incentrata, come accade di consueto, sulla cultura materiale delle civiltà antiche ma sulla storia della loro evoluzione, nel tentativo di restituire attraverso i manufatti quel gioco di continui rimandi tra la storia, la religione, l’iconografia e la filosofia.
Lo studio del rapporto tra natura e uomo nel mondo antico è un recente filone d’indagine teorica cui le professoresse Gemma Sena Chiesa e Angela Pontrandolfo, curatrici dell’evento, hanno dato forma di racconto figurato. Sala dopo sala si rafforza nel visitatore la consapevolezza di trovarsi dinnanzi ad una classicità nuova – o quantomeno diversa ed innovativa – rispetto a quanto studiato sui testi scolastici: i dipinti, insieme ai gioielli, ai cibi e agli oggetti di uso quotidiano, lasciano intuire un’anima verde che, d’un tratto, colma la distanza tra noi ed i nostri antenati. La straordinaria qualità e quantità di opere esposte ci consente di ricostruire un ecosistema ancestrale armonico con le forze della natura. I fiori, le piante, le nature morte, gli animali, gli scenari, i personaggi mitologici, i paesaggi marini, i giardini, le foreste che vediamo rappresentati nei capolavori esposti non hanno la funzione di mero sfondo o di elemento ornamentale ma sono protagonisti della composizione. La natura è intesa come ambiente interpretato nella sua componente biotica: sia che si tratti di giardino domestico o vegetazione selvatica o coltivazione è comunque messa in primo piano la sorprendente varietà di flora e fauna che lo caratterizzano. Dalla ricchezza di specie rappresentate nel giardino affrescato sui muri della Casa del Bracciale d’Oro di Pompei (30-35 d.C.) gli architetti Marco Bay e Filippo Pizzoni hanno tratto spunto per la realizzazione – là dove c’era un parcheggio – del Viridarium che si intravede dalle finestre delle sale espositive, in un gioco di rimandi tra giardino dipinto e giardino reale.
Varcato l’ingresso, un lungo ed angusto corridoio dalla tappezzeria color amaranto ci conduce al cospetto della prima delle numerose meraviglie che avremo modo di ammirare durante la visita: la Statua di Trittolemo (seconda metà del I secolo a.C. – inizi I secolo d.C.), l’eroe che viene inviato sulla terra da Demetra con l’incarico di insegnare l’agricoltura al popolo greco. Il viaggio nel mito parte dunque da lontano, dall’epoca in cui le popolazioni che abitano la penisola greca traggono sostentamento dal mare. Nella prima parte della mostra il mito di Ulisse è un tema ricorrente in molte delle opere esposte, a ricordare quanto, per quella raffinata civiltà, l’amore per la conoscenza e il viaggiare fosse più forte della paura del mare e delle sue minacce sconosciute. Il mare è quindi la metafora di nuovi mondi da scoprire, del desiderio di aumentare il sapere proprio e dell’umanità, del futuro, tenendo sotto controllo le incognite del presente grazie all’intelletto. Il Cratere euboico (725-700 a.C.), il vaso più antico tra quanti presenti a Palazzo Reale, decorato con la drammatica scena di un naufragio, sembra voler esorcizzare la paura più grande di una comunità di navigatori e pescatori. Nel gesto del giovane che si tuffa in acqua, dipinto sulla Lastra tombale (480 a.C.), identifichiamo invece il tema del desiderio impellente di scoprire mondi inesplorati, reali o spirituali che siano.
Nella seconda parte della mostra crateri enormi e spettacolari come quello apulo, decorato con la protome di Selene tra tralci fioriti (330-320 a.C.), lasciano lentamente il passo a quella che, insieme alla natura, è l’altra protagonista della mostra: la città di Pompei. Dalle ville signorili della città sepolta, nel 79 d.C., dalla cenere e dai lapilli sprigionati dal Vesuvio in eruzione provengono molti degli eleganti e realistici affreschi rappresentanti scene bucoliche, paesaggi fluviali e giardini di delizie. In occasione della mostra sono eccezionalmente giunti in prestito dai laboratori di scienze applicate anche frutti, semi, pani, conchiglie e tessuti rinvenuti durante le operazioni di scavo per essere posti in dialogo con variopinte nature morte realizzate con le tecniche dell’affresco o del mosaico, aprendoci una finestra sulle consuetudini alimentari della Campania di inizio millennio.
Restiamo tuttavia perplessi dalla scelta di collocare nell’ultima sala tre tele di Filippo De Pisis: sebbene sia comprensibile il tentativo di costruire un legame tra le tre nature morte, dipinte negli anni Trenta del XX secolo dall’artista di origini ferraresi, con le rappresentazioni di pesci, volatili e frutti di epoca romana, non riusciamo tuttavia a giustificarne l’utilità. Sembra quasi una scelta motivata più dalla necessità di riempire uno spazio rimasto sventuratamente vuoto che da un concreto progetto narrativo. Anche l’allestimento di questa ultima sala, con le pareti dipinte con colori vivaci ripresi dalle tele di De Pisis, non riesce a dialogare con il complesso progetto espositivo ideato da Francesco Venezia. Lungo il percorso di visita l’architetto partenopeo propone infatti eleganti strutture in acciaio Corten, legno e travertino che sorreggono capolavori inestimabili, protetti da teche trasparenti che permettono rimandi visivi e associazioni tra le opere che valgono più dei testi scritti nei pannelli affissi all’ingresso di ogni singola sala. Il pubblico si ritrova così in moderne Wunderkammer e, sbalordito, preda di suggestioni incessanti, sfrutta i tanti punti di osservazione offerti per ogni singolo oggetto al fine di assorbirne ogni minimo dettaglio.
A quanti volessero indagare ancora più a fondo i capolavori in mostra, segnaliamo che, alla Sala Napoleonica dell’Università Statale di Milano, il 22 settembre 2015 si inaugurerà un ricco programma di incontri “fuori mostra”. Consultate il sito Internet per scoprire il calendario completo e sempre aggiornato.

Silvana Costa

La mostra continua a:
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 – Milano
fino a domenica 10 gennaio 2016
orari lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
il servizio di biglietteria chiude un’ora e mezza prima della chiusura
www.comune.milano.it/palazzoreale

 
Mito e natura
Dalla Grecia a Pompei.
a cura di Gemma Sena Chiesa, Angela Pontrandolfo

coordinamento scientifico Federica Giacobello
promossa da Comune di Milano – Cultura; Università degli Studi di Milano; Università degli Studi di Salerno; Museo Archeologico di Napoli; Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia
prodotta e organizzata da Palazzo Reale, Electa
progetto di allestimento Francesco Venezia
con Ciro Borrelli, Alessandro De Sarno Prignano
immagine coordinata della mostra e progetto grafico del catalogo Tassinari/Vetta, Lucia Pasqualin
con Francesco Nicoletti, Anny Comello
progetto grafico in mostra Tassinari/Vetta, Francesco Nicoletti
www.mostramitonatura.it
 
Viridarium
a cura di Marco Bay, Filippo Pizzoni
realizzato da Orticola di Lombardia
 
Catalogo:
Mito e natura. Dalla Grecia a Pompei.
a cura di Gemma Sena Chiesa, Angela Pontrandolfo

con saggi di: Alain Schnapp, Nikolaus Dietrich, François Lissarrague, Eliana Mugione, Cornelia Isler-Kerényi, Giampiera Arrigoni, Claude Pouzadoux, Nikolina Kei, Federica Giacobello, Elisabetta Gagetti, Mauro Menichetti, Agnés Rouveret, Valeria Sampaolo, Fabrizio Slavazzi, Maria Grazia Facchinetti, Elena Calandra, Francesca Ghedini, Fabrizio Pesando
Electa, 2015
304 pagine, 265 illustrazioni
prezzo 29,00 Euro – 35,00 Euro in libreria
www.electaweb.it