Letter to a man

La narrazione asciutta, la forza espressiva dell’interpretazione di Baryshnikov e la sublime orchestrazione della messinscena di Wilson rendono indimenticabile lo spettacolo ispirato alla biografia di Vaslav Nijinsky. Il pubblico segue rapito i voli pindarici della mente del celebre ballerino russo morto pazzo, scoprendo nelle sue parole messaggi di una straordinaria contemporaneità.

Robert Wilson e Mikhail Baryshnikov con Letter to a man offrono un distillato di sublime poesia che ammalia il pubblico del Teatro dell’Arte e lo trascina in una dimensione onirica composta, in parti uguali, di amore e paura.
Nel 1919, al termine della Prima guerra mondiale, dal suo rifugio svizzero Vaslav Nijinsky, talentuoso ballerino interprete e coreografo della compagnia dei Ballets Russes, è ormai conscio del progressivo delirio in cui sta precipitando la sua mente e decide di appuntare su quaderni le tappe del drammatico percorso. Quelle pagine nel 1936 sono date alle stampe ed Henry Miller leggendole, sentenzia: “se non fosse finito in manicomio, avremmo avuto in Nijinsky uno scrittore paragonabile al ballerino”. Il testo di Christian Dumais-Lvowski e la drammaturgia di Darryl Pinckney prendono le mosse da quei Diari e, complice la supervisione di Robert Wilson, riescono in soli settanta minuti di spettacolo a restituire in maniera convincente il turbine di pensieri che affollano la mente del loro autore. La lievità con cui Mikhail Baryshnikov si cala nei panni di Nijinsky ben si adatta all’immagine candida e, a tratti, ingenua dell’uomo che, pagina dopo pagina, emerge dai Diari. L’iniziale terrore per l’avanzare inesorabile ed inarrestabile della malattia lascia spazio a parole d’amore e di speranza: la ventata di orrori portata dal primo conflitto mondiale induce infatti Nijinsky a svelare ai suoi simili quali siano i veri valori della vita. Questo messaggio si rivela oggi più attuale che mai: quasi un secolo fa egli considera la rigida dieta vegetariana un concreto gesto d’amore verso gli esseri del creato, esorta ad anteporre le relazioni interpersonali al mero scambio di denaro e suggerisce uno stile di vita più vicino alla dimensione naturale.
Latore di messaggi di pace ed amore Nijinsky verga le pagine dei suoi quaderni incurante delle reazioni che certe sue riflessioni possano indurre nei famigliari o nella comunità: il racconto che si dipana in Letter to a man esordisce infatti con un impietoso paragone tra la dura vita dei soldati in guerra e la sua quotidiana convivenza con la suocera. Nel tentativo di ricostruire un ritratto quanto più completo e sfaccettato, gli autori non censurano la relazione dell’artista con Sergej Djagilev – il ricco mecenate dei Ballets Russes – né l’attrazione verso i giovani né il rapporto controverso e privilegiato con Dio che dimora dentro il suo corpo governandone pensieri ed azioni.
La danza costituisce invece parte insignificante delle considerazioni che Vaslav Nijinsky condivide con il pubblico in sala eppure, complice un interprete d’eccezione, finisce per essere una componente fondamentale dello spettacolo. Mikhail Baryshnikov non danza ma, con grazia plasmata da anni di pratica artistica, percorre leggero ed elegante tutto lo spazio scenico. Sia in senso orizzontale, sia in senso verticale. La carica magnetica che riesce a sviluppare con la sola presenza in scena è tale da catalizzare l’attenzione del pubblico dal primo all’ultimo istante in cui compare sul palcoscenico. Lo spesso strato di cerone esalta l’espressività del suo ruolo di interprete muto che, come un mimo, presta il corpo ad illustrare le parole del narratore. Le voci narranti sono quelle registrate di Baryshnikov stesso e di Lucinda Childs, la ballerina ed attrice che sin dagli anni Settanta è presenza iconica e mente creativa all’interno degli spettacoli di Robert Wilson. Le parole echeggiano gravi nella sala; le frasi vengono ripetute più e più volte, ossessivamente, alternando il russo all’inglese, ipnotizzando il pubblico per trascinarlo nella spirale di angoscia e perdita del senso di sé che affligge il protagonista.
Sospesi con Baryshnikov/Nijinsky in un mondo ovattato, avulso dalla realtà, percorriamo senza sosta le curve della sinusoide emotiva rievocando gli spensierati soggiorni parigini e il fratello morto pazzo, i deliri religiosi e le perversioni sessuali. Ad ogni oscillazione dell’animo di Nijinsky corrisponde un repentino cambio delle musiche composte da Hal Willner e delle scenografie ideate da Wilson con pochi, semplici, oggetti e l’ausilio di un sofisticato gioco di luci e colori. Al variare del fondale dal grigio al rosa, dal celeste al giallo Mikhail Baryshnikov muta la candida maschera in cui è stato trasformato il suo volto: riflette sconfortato, si agita contro le ombre che popolano la nebbia invernale, inveisce contro la divinità che decide la sua sorte o volteggia sullo sfondo blu, con le code del frac che danzano al vento, con l’eleganza di una rondine che vola nel cielo.
Toccati dalla drammaticità del racconto, ammaliati dalla performance di Baryshnikov, coinvolti dall’orchestrazione di mezzi tecnici e dall’ispirazione artistica sfoderata da Robert Wilson raggiungiamo uno stato di grazia e iniziamo ad augurarci che la magia di Letter to a man non si dissolva. Invece i settanta minuti volano via veloci, come gli ultimi sprazzi di consapevolezza di sé di Vaslav Nijinsky.

Silvana Costa

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Lo spettacolo continua:
Teatro dell’Arte
viale Alemagna, 6 – Milano
fino a domenica 20 settembre 2015
orari: da martedì a venerdì ore 20.30, sabato ore 19.30, domenica ore 16
www.crtmilano.it
www.triennale.org
 
Letter to a man
ideato e diretto da Robert Wilson
con Mikhail Baryshnikov
tratto dai Diari di Vaslav Nijinsky
testo Christian Dumais-Lvowski
drammaturgia Darryl Pinckney
musiche Hal Willner
costumi e trucco Jacques Reynaud
collaborazione ai movimenti e voce recitante Lucinda Childs
light designer A.J. Weissbard
collaboratore alla scenografia Annick Lavallée-Benny
collaboratore alla regia Nicola Panzer
sound designer Nick Sagar, Ella Wahlström
video designer Tomek Jeziorski
assistente alla regia Fani Sarantari
un progetto di Change Performing Arts e Baryshnikov Productions
produzione esecutiva CRT Milano
commissionato da Spoleto Festival dei 2Mondi, BAM for the 2016 Next Wave Festival, Cal Performances University of California Berkeley, Center for the Art of Performance at UCLA
in collaborazione con Teatros del Canal Madrid, Les Ballets de Monte-Carlo/ Monaco Dance Forum spettacolo in lingua inglese e russa con sottotitoli in italiano
durata 70 minuti
www.robertwilson.com