Ovvero: l’ennesima rassegna sugli stereotipi femminili.
Picasso era affascinato dalla figura di Arlecchino, il comico per antonomasia, protagonista di tante sue opere. Il pittore, sostenitore della teoria che arte e vita siano inscindibili, riusciva sempre a sorprendersi della capacità dei comici di convertire la profonda tristezza dell’esistenza privata in situazioni estremamente esilaranti.
Assistendo alla tappa milanese di La versione di Barbie. Monologo comico ad alto contenuto satirico sulla formazione della donna di oggi però ci viene il sospetto che una madre che a Carnevale obbliga la figlia a mascherarsi da damina non sia sufficiente a creare nella sua psiche traumi tali da spalancarle una carriera da comica. E di conseguenza, Alessandra Faiella non ci ha fatto ridere. Né ci è riuscito di sviluppare una qualche forma di solidarietà femminile verso i supposti traumi di cui ha argomentato in scena.
A buona parte della popolazione femminile piace spiazzare spaziando, in base all’umore ed alle circostanze, dal pantalone di taglio maschile indossato con la scarpa bassa all’abito vezzoso; dalla lezione in palestra per bruciare i grassi alla pausa Girella per risollevare un pomeriggio in cui tutto sembra andare per il verso storto. “La donna è mobile”; è Barbie e cowboy; è “Uno nessuno e centomila”: è questa la sua bellezza e non va mortificata nessuna delle sfaccettature del suo carattere perché si rischia di spezzare la magia. E rigettando in toto il modello Barbie ci si priverebbe di un’ampia serie di opzioni tra cui scegliere.
La figura femminile esce da La versione di Barbie sconfitta, fatta a pezzi, pestata come una noce nel mortaio sotto il peso di stereotipi tanto banali quanto abusati. Una successione di pseudo traumi che ha l’indubbio pregio di puntare il dito contro una società che nel XXI secolo ancora popone la bambola Barbie come il modello femminile per eccellenza, che ammanta di futilità le richieste di parità salariale, che priva della serenità di fare figli senza correre il rischio di perdere il posto di lavoro o che scatena disturbi alimentari. Tuttavia, dilungandosi su bambine escluse dal gioco di indiani e cowboy “Perché te sei femmina” o su l’inefficacia delle sedute in palestra per rassodare corpi che cedono alla forza di gravità, si perde il contatto con la realtà. Una realtà che ci propone con cadenza quasi quotidiana casi di femminicidio, segregazione e violenza domestica. Casi che troppo spesso nascono e prendono piede in comunità dove il silenzio e la rassegnazione alla sopraffazione maschile sono valori trasmessi di generazione in generazione insieme all’abito nuziale della trisavola.
Gentile Alessandra Faiella, ora che – come ci raccontava al termie dello spettacolo – il libro de La versione di Barbie è ormai esaurito e non sono previste ristampe, perché non mette la sua ironia e i suoi tempi comici al servizio di problematiche un filo più impegnate? Siamo certi di un eccellente risultato.
Silvana Costa
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
14 e 15 luglio 2016
www.teatrofrancoparenti.itAlessandra Faiella in
La versione di Barbie
monologo comico ad alto contenuto satirico sulla formazione della donna di oggi
regia di Milvia Marigliano
produzione Marangoni Spettacolo
in collaborazione con Nidodiragno
durata 75 minuti