Fa tappa a Milano la spettacolare mostra dedicata alla NASA e all’epopea della conquista del Cosmo. Allo Spazio Ventura XV, nel cuore del distretto del design, sono esposte le riproduzioni dei velivoli che, passo dopo passo, hanno portato l’uomo sulla Luna, dando forma concreta ai sogni di Jules Verne.
La white room è un locale ad atmosfera controllata, asettico – come evocato dal nome – posto al termine della passerella che congiunge la torre di lancio del razzo vettore per lo Spazio con il modulo di comando. Qui gli astronauti si sconnettono dal sistema di ventilazione usato a Terra per collegarsi a quello del velivolo; verificano un’ultima volta l’attrezzatura; infilano il casco e salgono a bordo del mezzo che li porterà su, “verso l’infinito e oltre”. Questa sequenza di gesti rappresenta un vero e proprio rituale – probabilmente psicologico prima che tecnico – di separazione dalla Terra.
Al pubblico della mostra NASA – A Human Adventure allestita a Milano sino a inizio marzo, viene proposto un percorso analogo: lasciata alle spalle la città, si accede ad una piccola stanza bianca sulle cui pareti sono proiettate le immagini del decollo dei vettori spaziali e della frenetica attività della sala controllo missione. Sgombrata la mente dai pensieri quotidiani e pronti per lasciarsi stupire, i visitatori possono andare oltre questo primo ambiente di decompressione e attraversare la passerella metallica fedele riproduzione di quella che a Cape Canaveral (oggi Cape Kennedy) connetteva la “torre ombelicale” all’imponente vettore lunare Saturno V. Al di là dell’angusto passaggio si prospetta un’esperienza affascinante, sospesa tra storia, sogno e tecnologia. La mostra itinerante a cura di Jukka Nurminen racconta, con gran spolvero di mezzi, quanto l’agenzia aeronautica e spaziale statunitense abbia elaborato per portare i suoi piloti a librarsi nello Spazio. Non è stata impresa semplice né tantomeno lineare ma la fiducia non è mai venuta meno e il giorno del tanto atteso sbarco sulla Luna tutto il mondo ha seguito l’evento in diretta televisiva. Le riproduzioni dei veicoli in mostra affascinano grandi e piccini: i primi si struggono di cogliere ogni dettaglio mentre i secondi, semplicemente, strabuzzano gli occhi e si vedono, un giorno, a volare anche loro tra le stelle.
Il prologo dell’affascinante racconto delle esplorazioni spaziali affonda le radici nella culla della civiltà occidentale, nell’antica Grecia, col viaggio sulla Luna immaginato da Luciano di Samosata nel II secolo a.C.; sottolinea poi il ruolo fondamentale delle osservazioni di Copernico e Galileo per concludersi celebrando il genio immaginifico di Jules Verne. In Dalla Terra alla Luna (1865) il romanziere francese, infatti, anticipa con grande lucidità soluzioni adottate dalle agenzie spaziali quasi un secolo dopo, per esempio descrivendo con minuzia di particolari il modulo di comando con tre uomini a bordo che rientra sulla Terra balisticamente, lasciandosi cadere in mare.
Le tappe iniziali della corsa allo Spazio sono appannaggio dell’Unione Sovietica che il 4 ottobre 1957 lancia in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik, una piccola sfera metallica in grado di raggiungere qualsiasi parte del globo in brevissimo tempo. La Guerra Fredda si tramuta così in una competizione a colpi di tecnologia aerospaziale e la sala espositiva, non a caso, è evocativamente divisa in due settori, uno rosso e l’altro blu, dominati rispettivamente dalle gigantografie di Yuri Gagarin e Alan Shepard. Mentre Gagarin detiene il primato assoluto dell’aver compiuto un’intera orbita terrestre, il 12 aprile 1961 al suo primo tentativo, gli statunitensi devono attendere la terza missione, il 20 febbraio 1962, per raggiungere un simile risultato. Con il suo primo lancio, il 5 maggio 1961, Alan Shepard si limita a un volo suborbitale. Questi uomini, acclamati come eroi, sono veri pionieri della modernità che accettano di partire alla scoperta di lande sconosciute, consci delle alte percentuali di rischio della missione.
Di sala in sala la vorace curiosità del pubblico trova soddisfazione davanti alla rassegna di tute, da quelle utilizzate per la vita a bordo della capsula a quelle per le uscite nello Spazio – in grado di garantire pressurizzazione e riparo da temperature che, dalla parte esposta al sole a quella in ombra, hanno un’escursione termica di 200 gradi – ai caschi dalla visiera dorata, ai cibi sino agli utensili per l’igiene personale. Ci sono le riproduzioni a grandezza reale del LEM, il modulo per escursioni lunari elettrico – sulla Luna ne sono parcheggiati tre, portati dalle spedizioni Apollo 15, 16 e 17 – e del Rover sovietico Lunokhod 2, dotato di un’ampia parabola concepita per raccogliere immagini e dati, lanciato l’8 gennaio 1973. Una bacheca racchiude le miniature in scala 1:72 dei modelli di razzi elaborati per il volo umano: è impressionante l’evoluzione dal missile balistico a lungo raggio V-2, sviluppato in Germania all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, allo Space Shuttle. È tuttavia Saturno V, con i suoi 110 metri di altezza e le 3 mila tonnellate di peso, utilizzato nelle missioni Apollo e, successivamente, per il lancio dello Skylab – la prima stazione spaziale statunitense – a far correre la fantasia dei visitatori.
Poco oltre è possibile studiare ogni dettaglio della minuziosa riproduzione della cabina di pilotaggio dell’Apollo Lunar Module (LM), la capsula utilizzata per scendere dall’Apollo alla Luna. Lo spazio è ridotto all’essenziale e gli astronauti devono pilotare restando in piedi, sostenuti da cinghie; le pareti sono tappezzate da strumentazione, forse rudimentale se confrontata con i sistemi moderni, ma quella tecnologia, a soli sei mesi dalla prima orbita lunare, ha consentito di compiere quello che Neil Armstrong il 20 luglio 1969 ha definito: “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità“.
Nell’ampia sala che chiude il percorso di visita sono raccolte le ricostruzioni di molti velivoli, ciascuna accompagnata da una propria entusiasmante storia. John Glenn, il 20 febbraio 1962 nell’ambito del programma Mercury, è il primo statunitense a entrare in orbita intorno alla Terra, confinato per ore in un abitacolo simile a quelli dei caccia, dove qualsiasi movimento sembra impossibile. John Young, il nono uomo a scendere sulla Luna, è invece l’unico pilota che vola con i moduli spaziali Gemini, Apollo e Space Shuttle. Le missioni Gemini sono concepite per mettere a punto la tecnologia per la vita a bordo in vista di spedizioni della durata di alcuni giorni, realizzare operazioni extraveicolari di galleggiamento nello Spazio e verificare le reazioni prodotte agganciando altre capsule.
Apollo 11 – la missione del primo allunaggio – è indubbiamente la più famosa dell’intero programma eppure, come la mostra NASA – A Human Adventure tiene a sottolineare, gli statunitensi sono tornati sulla Luna altre cinque volte nel giro di pochissimi anni: ci piace ricordare Alan Shepard – Apollo 14 – immortalato all’inizio del 1971 mentre gioca a golf per testare la forza di gravità lunare. Dal progetto Apollo, terminato per motivi politici ed economici, nascono altre missioni: Skylab, la stazione spaziale che consente di portare la permanenza dell’uomo nello Spazio da pochi giorni a diversi mesi; i velivoli sovietici Soyuz che, lontani dalla Terra, finalmente stabiliscono un contatto pacifico con gli statunitensi.
Il 12 aprile 1981 si assiste al lancio del primo Space Shuttle: si tratta di una nuova generazione di velivoli spaziali, dotati di ali e pertanto in grado di rientrare atterrando su pista. A differenza dei Saturno V che ad ogni missione andavano persi gli Shuttle sono riutilizzabili e, almeno sulla carta, si pianificano molti voli nell’arco di un anno. È questo un programma durato trentanni, durante i quali sono state compiute 135 missioni, di cui numerose finalizzate a portare nello Spazio i componenti della Stazione Internazionale. Dopo due gravi incidenti, nel 2011 la NASA decide di archiviare lo Shuttle; in attesa di scoprire le caratteristiche del veicolo di nuova generazione che sarà operativo verosimilmente dal prossimo anno, in mostra è possibile sbirciare all’interno di uno Shuttle e valutare il livello di comfort, soprattutto alla luce del confronto con i vecchi veicoli destinati a voli balistici suborbitali. Comfort consentito dalla tecnologia tutta italiana adottata nei moduli pressurizzati.
Il percorso si completa con un focus sul telescopio Hubble, uno strumento impareggiabile per l’impressionante quantitativo di dati e immagini che trasmessi a Terra, hanno permesso di svelare alcuni misteri astronomici, spalancare gli orizzonti del cosmo e, quindi, dei sogni di tutti noi.
Silvana Costa
La mostra continua:
Spazio Ventura XV
via privata Giovanni Ventura 15 – Milano
fino a domenica 18 marzo 2018
orari: lunedì – domenica 10.00 – 19.30
ultimo ingresso un’ora prima della chiusuraNASA – A Human Adventure
a cura di Jukka Nurminen
esperto missioni Apollo Luigi Pizzimenti
produzione John Nurminen Events B.V.
organizzazione AVATAR
www.ahumanadventure.itCatalogo:
NASA – A Human Adventure
Skira, 2017
144 pagine, 24 x 28 cm, 100 illustrazioni a colori, brossura
prezzo: 32,00 Euro
www.skira.net