La mostra di Palazzo Morando, a Milano, vuole richiamare l’attenzione sul valore formale, estetico e poetico dell’opera di Angiolo D’Andrea, artista poco conosciuto, protagonista della vivace stagione artistica milanese dei primi decenni del Novecento.Quella in corso a Palazzo Morando rappresenta la celebrazione di uno straordinario artista, caduto nel dimenticatoio, oltre che un bell’esempio di mecenatismo intelligente, emblematico della cultura del ‘900 milanese che coniuga arte ed impresa. Nel 1942, poche ore prima della morte di Angiolo D’Andrea, Elio Bracco conclude l’acquisto di tutte le opere presenti nello studio milanese dell’artista affinché il blocco principale della sua produzione non andasse disperso, diviso tra diversi acquirenti. Cinque anni dopo, terminata la guerra, l’industriale farmaceutico scrive agli eredi del suo desiderio di avviare il lavoro di catalogazione completa della produzione di D’Andrea e, successivamente, organizzare una grande mostra a Palazzo Reale per celebrarlo degnamente. L’esposizione in corso a Palazzo Morando rappresenta il mantenimento di quella promessa oltre che il modo scelto dalla famiglia Bracco per celebrare gli 85 anni dalla fondazione dell’impresa.
D’Andrea arriva a Milano nel 1906 su invito di Camillo Boito architetto, titolare della cattedra di architettura presso l’Accademia di Brera, nonché direttore di Arte italiana decorativa e industriale. Questa rivista, edita da Hoepli, svolge un ruolo didattico fondamentale nell’unificazione dell’Italia anche a livello artistico; Angiolo vi collabora, in particolar modo, realizzando tavole di dettagli, ingranditi in una scala amplissima, da cui emergono già le basi del suo linguaggio: una forte marcatura delle linee del disegno e un chiaroscuro usato con parsimonia.
In città l’artista ha modo di entrare in contatto con i vari movimenti pittorici, Aldo Carpi, Giulio Ulisse Arata, con gli artisti del ferro Mazzucotelli e Rizzarda, con critici e giornalisti, da Ugo Nebbia, Romualdo Pantini, Raffaele Calzini a Piero Torriano, Giulio Caprin e Giuseppe Polvara che recensiranno le sue mostre su prestigiose riviste. D’Andrea guadagna in breve tempo l’ammirazione dei clienti: in piena belle époque si deve a lui la decorazione musiva del Camparino in Galleria Vittorio Emanuele le cui esotiche fantasie lasciano ammirati, ancor’oggi, gli avventori così come gli affreschi di Villa Erba –Visconti a Cernobbio o le decorazioni di casa Berri-Meregalli, costruita a Milano dall’architetto piacentino Arata.
Friulano di nascita, dopo un’esistenza spesa lontana dalla sua terra, sceglie di ritornare a Rauscedo quando sente avvicinarsi la morte, lasciando a Riccardo Fontana – un amico devoto nonché autore del monumento che adorna la sua tomba – l’onere di liquidare lo studio milanese: a questa triste situazione risalgono i contatti con Elio Bracco ma vi rimandiamo agli Apparati presenti nel catalogo per un interessante approfondimento. Il curatore, Professor Caramel, per la mostra di Palazzo Morando, attinge ampiamente dal fondo di dipinti di proprietà della famiglia e della Fondazione Bracco ma anche da importanti collezioni del XX secolo e ordina i materiali in una decina di sezioni tematiche – le stesse che possiamo ritrovare nel ricco catalogo – organizzate secondo il criterio cronologico, sviscerando i cambiamenti avvenuti nell’arco di un quarantennio nella personalità artistica di Angiolo D’Andrea.
Accolti dall’Autoritratto con tavolozza (1900-1910) realizziamo immediatamente di trovarci al cospetto di una personalità profonda, contorta, a tratti estremamente sofferente che cercherà conforto nella religione. L’architettura domina buona parte della produzione di D’Andrea: la ritroviamo nelle pagine della rivista diretta da Boito ma anche nei piccoli oli dedicati ad interni di chiese e nelle vedute urbane tra cui un luminoso scorcio della Milano degli anni ’20 e ’30, prima dei tanti interventi che l’avrebbero resa quella che oggi conosciamo. Il percorso si apre tra due ali zeppe di disegni e dipinti, di progetti, architetture di fantasia passando per fedeli riproduzioni di paesaggi urbani come La Cattedrale di Castell’Arquato (1925 circa). Troviamo in mostra anche i cartoni preparatori eseguiti per l’OspedaleNiguarda a Milano (seconda parte degli anni ’30): le due vetrate del Pantheon, entrambe realizzate, e quelle della Chiesa di cui ci restano solo i sei disegni, nessuno dei quali è mai stato scelto; questo ciclo decorativo è importante perché rappresenta l’unica occasione di pittura successiva al 1925.
Altre sale attendono il visitatore per dimostrare quanto ricca e variegata sia stata la produzione artistica di Angiolo D’Andrea, di come la permanenza milanese gli abbia permesso di entrare in contatto con le avanguardie, sperimentandone gli stili ed i linguaggi allegorici: le impalcature che si ergono nel Campidoglio (Il Vittoriano) (anni ’10) richiamano i dipinti di Balla e Boccioni dedicati al mondo operaio – denunciando anche un certo interesse alle tematiche sociali – piuttosto che il toccante Gratia Plena (1920-1921) dominato da un albero le cui forme, oltre alle angeliche figure che ne popolano i rami, non possono non ricordarci il celebre, quanto inquietante, quadro di Segantini Le cattive madri. Le opere dipinte nella prima metà degli anni ’20 sono quasi esclusivamente caratterizzate da tematiche religiose; è bizzarro, sarà l’animo dell’architetto che prevale nonostante tutto, ma, in opere profonde e toccanti come la Visitazione, i primi elementi che ci balzano agli occhi leggendo la composizione sono gli edifici che definiscono e strutturano lo spazio della rappresentazione. Parimenti, nella suggestiva Natività(prima metà anni ’20) qui presente solo con una riproduzione, siamo attratti prima dal paesaggio punteggiato dalle rovine di antiche civiltà che dal raggio di luce che segna la discesa in terra degli angeli.
L’animo turbato. come Caramel ritiene fosse quello di D’Andrea, cerca ristoro anche nella pace e nella spiritualità di quei paesaggi naturali che fissa su tela con egual trasporto: i tramonti sulle campagne romane, fitti uliveti siciliani o elementi cari ai divisionisti quali i paesaggi delle Alpi. I monti innevati e le vedute dei villaggi affacciati sui laghi si contrappongono alle drammatiche scene cui assiste durante la prima guerra mondiale, a iniziare da Telve in fiamme (1916). Non risulta che D’Andrea abbia condiviso l’ideologia fascista, certamente durante il ventennio evita di aderire a manifestazioni pubbliche quali mostre o premi; sin dalla prima guerra mondiale non ha mancato di denunciare la follia della guerra, utilizzando le armi a sua disposizione: risalgono al periodo in cui è militare di stanza a Telve i bellissimi acquerelli, concessi in prestito dal MART, dedicati ai segni devastanti dei colpi di artiglieria sui paesi della Valsugana.
All’improvviso, seguendo il percorso, ci si ritrova catapultati nell’ambito più mondano della produzione di un artista poliedrico che sa spaziare tra i generi e gli stili, giocando con le atmosfere e le suggestioni, rispedendoci direttamente ai primi, frizzanti, decenni del XX secolo. Davanti agli occhi del pubblico sfilano nobildonne e compite signore nerovestite, modelle dalle pose statuarie e madri concentrate sul proprio ruolo tutte eseguite con pari dedizione, riuscendo a rendere la suggestione dei singoli tessuti e scolpendo i corpi con un sapiente dosaggio della luce. Per accomiatarsi dai visitatori il curatore sceglie gli allegri e vivaci colori delle nature morte che, dopo tanto senso di sofferenza percepito in mostra, quasi risollevano gli animi lasciandoci quasi certi che difficilmente permetteranno che il nome di D’Andrea si perda nuovamente nell’oblio.
La mostra continua:
Palazzo Morando. Costume, Moda, Immagine
Via Sant’Andrea, 6 – Milano
sino a domenica 17 febbraio 2013
orario: martedì – domenica 9.00-13.00 e 14.00-17.30; lunedì chiuso
ingresso libero
www.costumemodaimmagine.mi.itAngiolo D’Andrea 1880-1942. La riscoperta di un maestro tra Simbolismo e Novecento
a cura di: Luciano Caramel
allestimento: Luca Rolla e Alberto Bertini
prodotta da Fondazione Bracco
in collaborazione con il Comune di Milano e e Skira Editore
con prestiti da: Museo di Milano in Palazzo Morando, Museo del 900 – Milano, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi – Piacenza; Mart – Rovereto
www.mostraangiolodandrea.itCatalogo:
Angiolo D’Andrea 1880-1942. La riscoperta di un maestro tra Simbolismo e Novecento
a cura di: Luciano Caramel
con saggi di Kevin McManus e Stefano Aloisi
editore: Skira
prezzo: 35,00 euro
208 pagine, ill., ril