A Palazzo Reale di Milano sono esposti 19 capolavori del più importante ritrattista del XV secolo accompagnati dai commenti e dalle analisi di Giovanni Battista Cavalcaselle, lo storico dell’arte che con meticolosità ha ricostruito il percorso lavorativo di Antonello da Messina e gli ha tributato il giusto posto nel panorama artistico italiano ed europeo.
Nel Quattrocento, prima che un manipolo di uomini coraggiosi si avventurasse a esplorare il vasto oceano che si estende oltre le Colonne d’Ercole, il Mediterraneo è il cuore pulsante del mondo occidentale. Nei porti che, come Messina, ne cadenzano il perimetro transitano merci, persone e opere d’arte, stimolando il desiderio di appendere di menti curiose come quella di Antonio de Antonio che allo studio delle tecniche pittoriche classiche affianca quello degli artisti catalani e nord europei.
Completata la formazione a Napoli presso la bottega di Colantonio, Antonello da Messina rientra nella città natale dove apre uno studio frequentato da clienti provenienti da ben oltre i limiti insulani, attratti da una fama che sconfina nel mito. Egli è tutt’ora considerato il più eccelso ritrattista del Tardo Medioevo ma, soprattutto, è colui che ha appreso la tecnica della pittura a olio dai fiamminghi e l’ha diffusa nel sud Europa. Il tempo, l’incuria e le catastrofi naturali hanno ferocemente ridotto il numero delle sue opere oggi visibili, disperdendole tra Europa e America. Ben vengano perciò esposizioni come quella in corso a Milano: sino al 2 giugno 2019 nelle sale al piano terra di Palazzo Reale è possibile ammirare 19 dei 35 capolavori che conta l’autografia del Maestro.
La mostra-evento a cura di Giovanni Carlo Federico Villa si apre con una tela di Roberto Venturi dal soggetto quantomeno bizzarro: Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello (1870). Nell’opera il celebre pittore veneziano si insinua nello studio del “magister Antonius de Antonio pictor” travestito da senatore della Serenissima e con la scusa di farsi ritrarre spia la tecnica peculiare dei fiamminghi. L’episodio descritto da Carlo Ridolfi nelle Maraviglie dell’arte (1648) è probabilmente una leggenda ma rende perfettamente l’idea dell’aura di mito che non ha mai smesso di circondare il pittore messinese.
San Girolamo nello studio (1475 circa) è il primo dipinto di Antonello da Messina con cui il visitatore della mostra ha modo di confrontarsi. L’opera dalle modeste dimensioni è un saggio eccelso della capacità rappresentativa dell’artista, una porta che si spalanca sul mondo – interiore – del monaco, valente teologo; una raffinata costruzione prospettica di respiro rinascimentale si apre su una complessa architettura in cui ai volumi sacri si alternano elementi simbolici di chiara matrice medievale. Dall’altro capo della sala espositiva una teca ospita un taccuino di Giovanni Battista Cavalcaselle aperto alla pagina con schizzi di alcuni degli animali e degli arbusti presenti nella composizione corredati di appunti su colore, forma e posa. Alla parete ingrandimenti di tali schizzi sono posti in rapporto con ingrandimenti dei corrispettivi stralci dal dipinto per esaltarne l’accuratezza dell’analisi.
I taccuini e i fogli degli appunti di Cavalcaselle giunti in prestito dalla Biblioteca Marciana di Venezia costituiscono un prezioso ausilio per cogliere e adeguatamente esplicare dettagli che forse sfuggirebbero al pubblico stordito dalla bellezza dell’opera nel suo complesso. Allo storico dell’arte – uno dei padri della storia dell’arte occidentale nonché attivo partecipante ai moti risorgimentali – si deve la prima plausibile ricostruzione cronologica dell’attività di Antonello da Messina e la corretta collocazione della sua figura nell’ambito del panorama italiano ed europeo.
Nelle sale successive le opere sono esposte in sequenza cronologica, dalle prime immagini devozionali, alle pale d’altare, dai ritratti alla Madonna con il Bambino (1480) completata da Jacobello dopo la morte del padre con affetto e umiltà. Il cartiglio – sorta di antesignano Post-it con firma e data di esecuzione – collocato da Jacobello ai piedi dell’opera, in quest’occasione riporta “1480 XIII Ind. Mēsis Decēbris/ Jacobus Anto.lli filiu nō/ humani pictoris me fecit”: una lode al genitore il cui talento sembrava aver poco in comune con la sfera umana.
Cercando di carpire i segreti dell’equilibrata composizione delle scene sacre, della brillantezza dei colori, della trasparenza degli incarnati o della vitalità di uno sguardo le persone leggono avidamente i dettagliati pannelli esplicativi predisposti da Villa e poi rimbalzano più volte tra il dipinto e i disegni di Cavalcaselle. La visione di quei “soli” 19 capolavori finisce così per richiedere come minimo un paio d’ore. Come testimoniato un anno fa con Caravaggio, la scelta di presentare una ragionata selezione dei pochi capolavori esistenti di un Maestro della pittura, senza contaminarla con citazioni di mentori, discepoli o amici dimostra un grande rispetto del pubblico che si concentra così in un contesto privo di digressioni e ripaga gli organizzatori con afflussi record.
Lungo il percorso della mostra milanese sfilano i volti di nobili e notabili resi con straordinario realismo, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico: il ciuffo ribelle e il sorriso furbetto del giovane siciliano (1474), l’occhio astuto e la smorfia beffarda dell’uomo vissuto (1468/74) o l’aria bonaria del protagonista del Ritratto Trivulzio (1476) – interpretata da Vittorio Sgarbi come posa da mafioso – alludono a un rapporto di grande agio tra autore e modello. L’indagine psicologica lascia poi il posto alla spontanea commozione davanti a quei laghi di dolore che sono gli occhi del Cristo in Ecce Homo (1475), un capolavoro assoluto, ammirato decine di volte sui libri ma che dal vero sprigiona una potenza comunicativa cui personalmente non eravamo pronti. Lo stesso stupore che, nella sala a fianco ipnotizza le persone di fronte all’Annunciata (1475/76) colpiti dalla dolcezza del viso, dalla brillantezza del manto color lapislazzulo e dal gesto di saluto all’angelo che percepiamo come un invito a fermarci un attimo ancora al suo cospetto, a riempirci occhi e animo di cotanta bellezza.
Silvana Costa
La mostra continua a:
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 – Milano
fino a domenica 2 giugno 2019
orari: lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
giorni e orari di apertura straordinari:
lunedì 22 aprile 9.30 – 22.30
mercoledì 1 maggio 9.30 – 19.30
www.palazzorealemilano.it
Antonello da Messina
a cura di Giovanni Carlo Federico Villa
apparati didattici a cura di Didaké
progetto di allestimento e direzione lavori Cesare Mari – PANSTUDIO Architetti Associati
con Carlotta Mari
lighting designer Iskra e Giuseppe Mestrangelo – Light Studio
progetto grafico di allestimento Sugosugo Studio – Chiara Galliano, Pietro Paciullo
mostra promossa e prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale, MondoMostre Skira
www.mostraantonello.it
Catalogo:
Antonello da Messina
con i saggi di Giovanni Carlo Federico Villa, Renzo Villa, Gioacchino Barbera
testi letterari di Roberto Alajmo, Nicola Gardini, Jumpa Lahiri, Giorgio Montefoschi, Elisabetta Rasy
con tutte le immagini delle opere esistenti e riconosciute di Antonello da Messina
Skira, 2019
24 x 30 cm; 304 pagine; 200 illustrazioni a colori; cartonato
prezzo 40,00 Euro
www.skira.net