Umberto Eco: quando il libro si chiude

Dall’alto del tempio buddhista che sorge di fronte a Khao Takiab – e da positivamente atea – rileggo quella Bustina di Minerva – scritta in tempi non sospetti, ossia nel lontano ‘97 – in cui Umberto Eco, con argutezza e autoironia, insegnava al suo discepolo come allontanarsi dal mondo con serenità. Il segreto del buon morire sarebbe consistito nel considerare il mondo pieno di “coglioni”. Sinceramente, dall’alto di questa collina, guardando alle figurine prese dalla frenesia nevrotica e inquinante di

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Il Duca Bianco è morto

Era la metà degli anni Ottanta. Era finito il tempo in cui si rivendicava l’immaginazione al potere. Ma era finito anche il tempo delle mele. Era il tempo che Ken Loach avrebbe raccontato in Riff Raff: falliti gli scioperi, il capitalismo sfrenato della Lady di ferro procedeva spedito, mietendo minatori e operai, carbone e acciaio, in favore di quella City volatile e volubile – che avrebbe bruciato sogni e risparmi. L’Inghilterra si risvegliava tra squatter e vetrine infrante, hooligan e precariato.

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Intervista a Ivan Bert

Abbiamo avuto un veloce scambio di battute con il compositore torinese, approfittando di una pausa tra l’allestimento dello spettacolo di beneficenza a favore di Alyn Hospital di Gerusalemme – in scena al Teatro Franco Parenti il 16 marzo – le prove con la sua orchestra e l’incontro con il pubblico dello spettacolo Mozart e Salieri per cui ha composto la colonna sonora.

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Non ci capisco niente

Da poco in libreria il volumetto Non ci capisco niente – Arte contemporanea. Istruzioni per l’uso di Francesco Poli, storico dell’arte e professore universitario, che – con piglio brioso e lontano da accademismi e autoreferenzialità – regala una bella panoramica sull’arte contemporanea dal Secondo dopoguerra a oggi.

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