Attesissimo, torna in scena Martino Corti con un nuovo surreale spettacolo dove le canzoni servono a illustrare il flusso inarrestabile dei suoi pensieri.
Dopo l’anteprima dedicata alla danza con L’ultimo rifugio, la toccante performance della compagnia EgriBiancoDanza (leggi la recensione), mercoledì 30 settembre ha preso il via la sesta Stagione dello Spazio Tertulliano. Questa sala milanese ha una programmazione incentrata sul teatro di parola, spaziando dalle rivisitazioni dei grandi classici alle sperimentazioni proposte dalle giovani compagnie alla ricerca di una propria cifra stilistica. Eppure, come ci ha tenuto a sottolineare Giuseppe Scordio, il direttore artistico del teatro, il compito di accogliere il pubblico dopo l’estate è stato affidato nuovamente alle canzoni di Martino Corti. Se lo scorso anno proporre C’era una svolta (leggi la recensione) come primo spettacolo in cartellone è stata una scelta basata sulla necessità di alternare opere impegnative a performance più rilassanti, quest’anno proporre C’è da morire dal vivere è stata una decisione consapevole e propiziatoria, alla luce del grande successo registrato da questo artista lo scorso anno.
I Monologhi pop di Martino Corti non sono certamente afferibili al teatro di parola ma, in realtà, non sono classificabili utilizzando alcuna delle categorie tradizionali. Sono emozioni uniche, un mix di musica e recitazione, di vita reale e poesia legate tra loro da tanta passione nel fare il proprio mestiere. Chi ha avuto il piacere di vederlo esibirsi dal vivo pensa subito al teatro canzone di Giorgio Gaber ma in realtà i due artisti sono molto distanti tra loro per stile e contenuti, seppur accomunati dall’indubbia capacità di dare voce e musica ai pensieri della propria contemporaneità.
Il cuore di C’è da morire dal vivere è costituito dai brani scelti dall’autore tra quanti pubblicati nei due album della serie Monologhi pop, una sorta di the best of pur avendo cura di confezionare uno spettacolo molto diverso dai precedenti. Il tema attorno cui ruotano le riflessioni di Martino Corti è la serenità: cosa è, in cosa differenzia dalla felicità ma, soprattutto, come raggiungere questo invidiabile stato emotivo? Con il suo fare cinico dispensa una serie di pensieri in merito, elaborati nel corso degli anni sia a fronte di tentativi eseguiti personalmente sia osservando il prossimo con piglio da sociologo sia riproponendo i consigli ricevuti dagli anziani avventori del bar sotto casa.
Ridendo e scherzando, come accade anche con i testi delle sue canzoni, Martino Corti lancia interessanti elementi di riflessione, idee semplici da applicare piuttosto che importanti massime di vita. Otto capitoli cadenzano l’esposizione, permettendogli di raggruppare le sue “perle di saggezza” per gruppi tematici, accompagnandole con brani celebri del suo repertorio, dalla scanzonata Soffro più del mio cane (e allora ballo) alle più melodiche Mente e cemento e True as we were born, passando per quel piccolo capolavoro di Addio domeniche tranquille. Sul palco ci sono Luca Nobis, chitarrista di indubbia maestria ormai avviato a un’interessante carriera di spalla comica, e Vito Gatto, un po’ rigido come attore ma gran maestro nel gestire la componente elettronica delle basi musicali.
Esiste un quarto protagonista di C’è da morire dal vivere: il pubblico. A differenza di quanto comunemente succede a teatro, gli spettatori sono invitati a interagire con i protagonisti sulla scena, sia prestandosi a esilaranti dimostrazioni pratiche sia postando fotografie, commenti e pensieri sui social media dando vita a uno spettacolo che, necessariamente, risulta diverso ogni sera.
La cosa buffa è che per un’ora o poco più, nonostante l’invito a far foto e commentare on-line, ci si dimentica degli smartphone.
C’è da morire dal vivere è molto più di una mera messinscena teatral-musicale: è un distillato di spensierata felicità; un sogno ad occhi aperti in cui, guidati da Martino Corti nelle vesti di moderno pifferaio magico, si regredisce all’infanzia per riscoprire il piacere di divertirsi con poche, semplici, cose. Forse è tutto qua il segreto per raggiungere la serenità. Magari però torniamo un’altra volta…giusto per essere sicuri di non aver sbagliato percorso.
Silvana Costa
leggi l’intervista a Martino Corti
Lo spettacolo continua:
Spazio Tertulliano
via Tertulliano 68 – Milano
fino a domenica 11 ottobre 2015
orario spettacoli: da mercoledì a sabato 21; domenica 20.30
www.spaziotertulliano.itC’è da morire dal vivere
produzione Cimice Records
testo e regia Martino Corti e Camilla Salerno
con Martino Corti, Luca Nobis, Vito Gatto
scenografia Martino Corti
luci Martino Corti, Rosario Parrotta
suono Rosario Parrotta
musiche Martino Corti, Luca Nobis, Dj Kustrell
arrangiamenti e produzione musicale Kustrell
www.martinocorti.it