Dependency

Davanti all’obiettivo del fotografo fiorentino sfilano le presunte vittime di ogni assuefazione, restituendo un mosaico di situazioni che, malgrado o grazie al sorriso, non riesce a celare l’inquietudine.Nei visitatori di Dependency, la personale di Giovanni Presutti in questi giorni alla Galleria Bel Vedere fotografia di Milano, si assiste ad una reazione comune. Non ci riferiamo alla sorpresa di trovarsi di fronte a stampe a colori, conoscendo la vocazione della galleria a prediligere il bianco/nero, né all’apprezzamento della qualità del lavoro dell’artista, membro del Collettivo Synap(see), bensì all’approccio che hanno nello scorrere una dopo l’altra le scene ritratte. Iniziano a osservare le immagini con occhio compiaciuto ed accondiscendente alle assuefazioni altrui; a tratti il moralista in loro non si capacita della mancanza di forza di volontà del prossimo; altre scappa la risata divertita. All’improvviso però si ritrovano faccia a faccia con la propria debolezza, con la passione in cui si rifugiano come in una calda coperta nei mesi invernali, l’interesse cui dedicano sempre più tempo/denaro/attenzioni. Si bloccano, smettono di sorridere e la bocca si contorce in una smorfia, un po’ raccapricciata, quasi come accade a Dorian Gray di fronte al ritratto che si andava abbruttendo sempre più. Allora vuol dire che l’artista ha colpito nel segno!
Il proposito dell’ambizioso progetto di Giovanni Presutti è indagare e sintetizzare attraverso il linguaggio scelto per esprimersi – l’immagine – le forme di dipendenza che caratterizzano la vita contemporanea, le piccole come le più importanti, riconoscendo in ciascuna di essa un livello di problematicità, spesso negata con vigore, che si ripercuote anche sul modo di rapportarsi con gli altri. A far bella mostra di sé in Galleria troviamo inscenate le assuefazioni più gravi, quelle che si tenta di contrastare con forti azioni sociali, messe alla pari con altre ritenute tollerabili solo perché non vanno a gravare sul sistema sanitario o penale nazionale. Largo quindi alla dipendenza da medicinali, alcool, tabacco – ci si mette un po’ a decifrare la foto e questo la rende ancor più suggestiva – e videogiochi per quanto concerne la prima categoria; poi a seguire lo shopping, il sesso, la televisione, l’accudire animali – gatti nella fattispecie – ma anche innocui passatempi che possono degenerare assorbendo interamente ogni minuto del nostro tempo disponibile come lo sport, l’arte, la lettura, il cosplay o il collezionismo
Non è mai troppo presto per iniziare con le dipendenze come ci dimostra il bimbo sommerso da una montagna di pupazzi di peluche; dipendenze da cui ci libereremo nel corso della crescita per poi, in ogni fase, rischiare di incappare in una diversa. Sì perché come da ogni malattia anche da questa si può guarire con la forza di volontà.
Gli scatti in mostra, come accennavamo all’inizio, sono un’esplosione di colori, equilibrati tra loro, mai troppo squillanti e ben resi in fase di stampa come a voler infondere un senso di allegria nello spettatore. Ma è una sensazione solo apparente, in realtà nascondono profonda inquietudine: le contestualizzazioni essenziali non lasciano dubbi su quanto si stia denunciando, sia che si tratti di scatti costruiti in contesti esistenti come musei, biblioteche o palestre, piuttosto che di set allestiti in studio. Trattandosi di una rappresentazione ideale – usando un linguaggio tecnico dovremmo parlare di “fotografia messa in scena” – con diversi stratagemmi non vengono svelati i connotati delle figure umane che popolano ogni situazione lasciando a ciascuno, eventualmente, la possibilità di immedesimarcisi.
Voi di che dipendenza siete?

Silvana Costa

La mostra continua:
Bel Vedere fotografia
via Santa Maria Valle 5 – Milano
orari: da martedì a sabato dalle 15.00 alle 19.00
ingresso libero
www.belvederefoto.it

Giovanni Presutti
Dependency
a cura di Giovanna Calvenzi
aperta sino a sabato 3 novembre 2012