Dal Teatro Cantiere Florida di Firenze, Ombretta Calco, il monologo/ metafora della donna comune, invia un messaggio al mondo femminile: non lasciatevi inghiottire dalla quotidianità.
La vita di tutti i giorni appare spesso banale e, talvolta, anche priva di senso: perché ho fatto questo, perché mi sono comportata così? Ho sbagliato? Forse era meglio agire diversamente? Mille domande esistenziali, delle quali la maggioranza rimane senza risposta, nello spettacolo/monologo/atto unico Ombretta Calco, opera di Sergio Pierattini – drammaturgo contemporaneo considerato particolarmente sensibile al parlato quotidiano.
Diretto da Peppino Mazzotta – molto più noto al grande pubblico come l’ispettore Fazio del Commissario Montalbano, piuttosto che come regista teatrale – lo spettacolo vede sul palco Milvia Marigliano. Brava, con accento lombardo, quasi timida di fronte ai numerosi applausi di fine performance, ripercorre in una sequenza acronica, in un tempo interiore à la Bergson, che fluisce a caso, le tappe salienti della sua vita.
In un giorno qualunque della sua routine di vita, in un assolato mattino di luglio milanese, Ombretta si siede su una panchina di un parco cittadino, tappa estemporanea prima di rientrare a casa dagli abituali acquisti al supermercato. Non è, però, una panchina qualunque, anche se al momento lei ne è inconsapevole; è la stessa dove suo marito Alberto le ha comunicato, diversi anni prima, che voleva separarsi, che da parte sua il matrimonio era finito perché amava un’altra donna. Forse il suo istinto l’ha riportata qui – adesso realizza – per vedere meglio come è stata l’evoluzione della sua relazione e anche degli uomini frequentati in seguito.
I ricordi filano veloci, il caldo è opprimente, e lei vorrebbe sdraiarsi su quella panchina, indifferente ai commenti che la paragonerebbero a una barbona, per cercare conforto e riposo.
“Ma perché Mauro, suo fratello, è venuto in ospedale in pantaloncini corti da jogging, senza un minimo di formalità e rispetto? Non si vergogna, così tutto aderente che gli si vedono anche gli attributi?”, pensa. Dal passato al presente e viceversa, a zig zag, i ricordi di Ombretta vagano liberi e si mescolano al presente, un presente opprimente che la porta a correre al reparto di terapia intensiva dell’ospedale, a tenere la mano all’anziana mamma – vittima di un grave malore mentre lei era a perder tempo con i suoi ricordi della separazione, seduta sulla panchina. Ma perché? Non c’è mai un minuto di pace?
Sudata, preoccupata, anche adirata per l’abbigliamento del fratello – superficiale presenza ostinata a bersi un caffè al bar dell’ospedale – Ombretta, nonostante le insicurezze e le inquietudini, mantiene i piedi per terra e la sua integrità mentale; e, soprattutto, non abbandona la sua vena critica e ironica che le fanno vedere le cose come realmente stanno e che la salvano da una vita non immune dalle sofferenze, dai fallimenti e anche dai catastrofici eventi improvvisi, come questo, che con trepidazione sta vivendo.
In fondo, la vita è una lotta con se stessi; se si vince o si perde lo dobbiamo solo a noi stessi, alla forza che riusciamo a tirar fuori nei momenti più bui, dentro al tunnel dove non si intravede nessuna luce.
Ombretta Calco è l’emblema della donna comune, individuo standard senza gloria né infamia, numero per la società dei consumi, ma sorgente di intrinseca e ignara forza latente, avvezza a perdere ma anche a non lasciarsi annientare, resistendo nonostante tutto.
Ombretta Calco è un’ode alla donna comune, alle difficoltà della vita e alle piccole vittorie che permettono di avere ancora speranza nel futuro e nella realizzazione dei propri sogni.
Del resto, la forza che traina il mondo e che genera la vita non è quella femminile?
Laura Sestini
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cantiere Florida
via Pisana, 111– Firenze
venerdi 3 febbraio
ore 21.00
www.teatroflorida.itOmbretta Calco
di Sergio Pierattini
regia di Peppino Mazzotta
con Milvia Marigliano
in collaborazione con Officine Vonnegut
allestimento Rossosimona
scene Roberto Crea
costumi Rita Zangari
luci Paolo Carbone