Una trasposizione intimista del romanzo di Mary Shelley che antepone le motivazioni dei delitti del mostro del dottor Frankenstein alla loro spettacolare rappresentazione. Un racconto che, allora come oggi, vuole esortare le persone a conoscere il diverso per non averne più paura.
Sono passati due secoli esatti dalla pubblicazione del celeberrimo Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, scritto da una giovanissima Mary Shelley. Per ricordare l’anniversario, sul palco del Teatro Filodrammatici di Milano, viene proposto Frankenstein, il racconto del mostro prodotto da Teatro dell’Elfo e interpretato da Elio De Capitani. L’attore, solo in scena, impersona l’orrida creatura in uno dei passaggi più struggenti del testo; fuoricampo Ferdinando Bruni presta la voce al dottor Frankenstein.
Il romanzo è consegnato alla storia della letteratura con le etichette di horror, gotico o fantasy. Esso è tuttavia anche un’emozionante storia di formazione in cui l’autrice descrive come la creatura, ancora innocente e spaventata, si nasconda dai contadini che la vogliono uccidere e, come un bambino, impari a parlare e a odiare. De Capitani si concentra su questo episodio calandosi nei panni del mostro. Egli, come farebbe la sgraziata creatura, resta nascosto nella penombra del palcoscenico, con il capo coperto da un cappuccio, quasi a non voler turbare il pubblico con la propria figura, a distrarlo dal discorso a cuore aperto che si accinge a fare. L’essenzialità dell’allestimento, movimentato solamente dai disegni di Bruni che scorrono sul fondale, contribuisce a far riverberare con potenza le parole nel teatro.
Il risultato è emotivamente straziante: i 90 minuti di spettacolo toccano il cuore di ciascuno dei presenti in sala e inducono a riflettere su chi tra creatore e creatura sia il vero mostro. Mary Shelley, non ancora ventenne, offre attraverso la metafora del dottor Frankenstein – che, novello Prometeo, forgia dalla materia inerte un essere vivente – una profonda riflessione sul senso di bene e male, giusto e sbagliato, troppo spesso associati più al rango sociale e all’aspetto esteriore dell’individuo che ai moti dell’animo. Una paura del diverso inestinguibile; una questione ancora aperta e, probabilmente, irrisolvibile, frutto di ignoranza rivendicata con orgoglio, espressa attraverso frasi stereotipare e giudizi infondati. Un atteggiamento imperante tutt’oggi nella società globale che si pregia di etichettarsi quale impegnata e informata.
Una paura cui Elio De Capitani cerca di porre fine chiamando in aiuto il mostro per antonomasia. Egli va oltre le consuete restituzioni spettacolari della storia, basate sulla mera estrapolazione dei fatti più violenti, per focalizzarsi sulle cause che hanno portato una creatura potenzialmente dotata di dolcezza a un’ira feroce e inarrestabile, descritta da Mary Shelley con la lucidità di uno psicologo. Una creatura che, viste frantumarsi le aspettative di comprensione da parte del prossimo, decide di comportarsi come un essere umano: agendo nell’ombra, distruggendo, uccidendo e facendo ricadere su altri la responsabilità dei propri delitti.
Spegnere i roghi dell’ignoranza su cui dalla notte dei tempi vengono arsi i diversi e accendere i lumi della ragione è l’ambizioso intento con cui De Capitani propone Frankenstein, il racconto del mostro e offre una gran prova d’attore.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Filodrammatici
via Filodrammatici, 1 – Milano
fino a mercoledì 19 dicembre 2018
orari: mercoledì 12 dicembre, giovedì 13, sabato 15 e martedì 18 ore 21.00
venerdì 14 e mercoledì 19 ore 19.30
domenica 16 ore 16.00
www.teatrofilodrammatici.euFrankenstein, il racconto del mostro
da Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno
di Mary Shelley
con Elio De Capitani
disegni / voce del dottor Frankenstein Ferdinando Bruni
luci Nando Frigerio
suono Gionata Bettini
assistente alla regia Alessandro Frigerio
produzione Teatro dell’Elfo
durata: 90 minuti