Genesi

“Sebastião Salgado è un innamorato della Terra. Ha dedicato la vita a catturare l’anima del nostro Pianeta con un talento indiscusso”. Con queste parole Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano, accoglie, a Palazzo della Ragione Fotografia, Genesi, l’ultimo lavoro del Maestro brasiliano.
È valsa davvero la pena attendere quattordici anni il ritorno a Milano di Salgado che inaugura, con i suoi scatti, un nuovo spazio espositivo restituito al pubblico dopo un lungo lavoro di restauro. Tale evento, come ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno, “apre ad un nuovo progetto di politica culturale della nostra città: ovvero la destinazione permanente alla fotografia di Palazzo della Ragione” resa possibile grazie all’impulso e alla volontà dell’Amministrazione Comunale con la collaborazione di Civita, Contrasto e GAmm Giunti.
Genesi, l’ultimo progetto di Salgado, è il frutto di otto anni di ricerca ed oltre trenta reportage. Il visitatore deve vivere questa esperienza come un viaggio attraverso paesaggi terrestri e marini, alla scoperta di luoghi e animali che sono sopravvissuti alle trasformazioni – non sempre positive – che la modernità ha apportato. Grazie a queste fotografie si ha la possibilità di conoscere popolazioni indigene che, tra mille difficoltà, portano avanti le proprie tradizioni e la propria cultura, constatando amaramente come la loro sopravvivenza si fondi proprio sull’isolamento dalla società cosiddetta civile.
Salgado si propone di mostrare agli uomini quel che rischiano di perdere con il proprio comportamento sconsiderato. Con le sue immagini in bianco e nero, dall’incredibile potenza espressiva, testimonia un mondo tanto bello quanto fragile che tutti hanno il dovere di proteggere. Come ha ammonito Domenico Piraina, direttore del Palazzo della Ragione, “l’uomo non può comportarsi come se fosse il padrone della Natura ma deve assumere il ruolo di Suo custode”.
Il percorso espositivo è diviso in cinque sezioni, ognuna contraddistinta da un diverso colore, ciascuna dedicata ad una specifica area del Pianeta in cui Salgado ha realizzato le fotografie. La prima sezione è Il Pianeta Sud e rappresenta l’Argentina, l’Antartico e le sue isole. Il suo colore è il grigio chiaro, lo stesso dei ghiacciai e delle rocce che sbucano dalla neve. Appena entrati si rimane folgorati dall’immagine dei cuccioli di elefanti marini, il cui sguardo buca l’obbiettivo e dà al visitatore l’impressione di essere a pochi centimetri da loro. È incredibile il talento di quest’uomo che attende con pazienza il momento in cui una balena sbuca dalle profondità marine, i pinguini decidono di tuffarsi o un albatros spicca il volo. Pure i paesaggi disabitati hanno un qualcosa di magico: chi non ha avuto l’impressione, guardando l’immagine di un iceberg nel mare di Weddel, di osservare un castello fatto di ghiaccio?
La seconda sezione tratta I Santuari della Natura, così denominati perché, come spiega la curatrice della mostra, Lélia Wanick Salgado, “custodiscono una biodiversità particolarissima, come il Madagascar, la Papua Nuova Guinea e i territori degli Iran Jaya”. Il grigio tendente al verde connota questa sezione: si tratta di un colore che ricorda quello delle pareti in pietra dei santuari. Tra queste fotografie, oltre alle spettacolari immagini di iguane marine e paesaggi mozzafiato – come i Tsingy del Parco Nazionale di Bemaraha – troviamo istantanee di vita quotidiana delle popolazioni indigene. Incontriamo gli uomini della Nuova Guinea che si proteggono i genitali con il koteka (una custodia fatta con un frutto essiccato), le donne Yali che camminano con delle grandi borse poggiate sulla testa oppure i Korowai che costruiscono le loro case sugli alberi ad un’altezza variabile tra i sei ed i venticinque metri. Salgado ha passato molto tempo con queste comunità indigene e ne ha studiato usi e costumi. Questo lavoro di ricerca gli ha permesso di mostrarci scatti della loro vita quotidiana: scopriamo che i Mentawai si nutrono di una farina estratta dal midollo delle piante di sago o che i “Performer” Mudmen indossano delle particolari maschere rituali.
Non poteva essere che il rosso a fare da sfondo alla terza sezione, L’Africa: un continente unico che racchiude in sè tante differenti realtà. Per catturare le immagini degli elefanti e delle mandrie di zebre e gnu il fotografo si è servito di una mongolfiera. Gli elefanti dello Zambia corrono subito a nascondersi quando vedono l’uomo, al contrario il leopardo fissa l’obiettivo mentre si disseta ad una pozza. L’osservatore non può non rimanere affascinato dalla vista delle dune nel deserto o dall’esplosione del cratere del Nyirangongo. Anche qui le popolazioni indigene sono protagoniste, tra di loro spiccano le donne Mursi o Surma che sono le ultime al mondo a portare i dischi labiali. I loro sguardi trasmettono forza e dignità; sono consapevoli che il mondo intorno a loro sta cambiando ma continuano a tenere vive le loro tradizioni e i loro riti, come la trance dance il principale rito mistico dei Boscimani nel deserto del Kalahari.
La quarta sezione ci mostra Le Terre del Nord ed è contraddistinta dal grigio scuro. Alcune foto sono pervase da un grande misticismo: sembra quasi di assistere alla creazione del mondo e alla visione che Dio aveva della Terra nel momento in cui l’ha concepita. Ammiriamo paesaggi silenziosi dove la natura mostra tutta la sua bellezza e la sua forza: il monte Logan che con i suoi 5.959 metri di altezza è la cima più alta del Canada o i vulcani Kamen e Kliučevskaja, le due vette principali della Kamčatka in Russia, e la tundra che li circonda. Pochi esseri umani possono sopportare un clima così rigido: i Nenci, una popolazione indigena della Russia, sono tra costoro e Salgado ce li mostra all’interno delle loro tende, mentre si riparano dal freddo, con indosso gli splendidi abiti da loro stessi confezionati.
L’ultima sezione è L’Amazzonia e il Pantanàl ed è indicata dal colore verde, lo stesso delle rigogliose foreste o, almeno, di quello che ne sopravvive ai giorni nostri. Il Pantanàl è una delle più grandi zone umide al mondo e occupa una vasta area del Brasile occidentale e si estende fino al Paraguay e alla Bolivia; è popolato da specie animali molto varie ed importanti: i caimani, i coloratissimi pappagalli che aggiungono un tocco di colore nel cielo della regione, l’airone cocoi ed il temibile giaguaro. Anche gli splendidi scatti dell’altopiano Roraina, al confine tra Venezuela sudorientale, Brasile e Guyana, lasciano senza fiato. Non potevano inoltre mancare i ritratti fatti alla popolazione dei Zo’é che vivono nel nord Amazzonia e che indossano il poturu, un bastone di legno inserito nel labbro inferiore.
Il lavoro di Salgado non è solo un viaggio che ci mostra le meraviglie del mondo ma è un vero e proprio richiamo alle armi. Con questa esposizione ci rende consapevoli di cosa stiamo rischiando di perdere ogni giorno. “Dobbiamo agire adesso per preservare le terre e i mari incontaminati, per proteggere i santuari naturali di animali e antichi popoli” dichiara l’artista. Questa mostra lascia davvero il segno, forse, ci aiuta davvero ad essere più consapevoli di ciò che abbiamo.

Maria Chiara Sicari

La mostra continua:
Palazzo della Ragione Fotografia
piazza Mercanti, 1 – Milano
fino a domenica 2 novembre
orari martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9:30 – 20:30
giovedì e sabato 9:30 – 22:30
chiuso lunedì
il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
www.palazzodellaragionefotografia.it
 
GENESI. Sebastião Salgado
a cura di Lélia Wanick Salgado
una mostra Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita – Contrasto – Gamm Giunti
www.mostrasalgado.it