Il rifiuto del calciatore austriaco Matthias Sindelar di partecipare ai Mondiali di calcio del 1938 con la nazionale tedesca è il fulcro attorno cui si sviluppa il nuovo lavoro di Teatro del Simposio. Un sottile gioco dialettico intreccia sport, politica, antisemitismo e vita reale mentre si allunga sempre più l’ombra minacciosa della “Grande Germania”.
Giochi di carta chiude la trilogia dedicata da Teatro del Simposio a celebri atleti le cui vite sono state travolte dalla furia nazista. Tre differenti autori hanno adattato per la scena le biografie di altrettanti personaggi del mondo dello sport, molto distanti tra loro sia per origine sia per sorte, emblematici in quanto consentono loro di affrontare il tema ogni volta da una diversa angolazione, sebbene giungendo sempre all’inevitabile drammatico epilogo.
Il ring dell’inferno apre la serie mostrando come Hertzko Haft, un timido ragazzo ebreo di origini polacche, ad Auschwitz si trasformi in un feroce pugile obbligato a vincere per aver salva la vita. In quello stesso campo di concentramento trova invece la morte Arpad Weisz, il pluripremiato allenatore di calcio che porta il Bologna a trionfare in Europa, protagonista del secondo capitolo: 90 minuti.
I riflettori con Giochi di carta si accendono sul calciatore Matthias Sindelar. Luca Pasquinelli racconta gli ultimi mesi di vita dell’atleta della nazionale austriaca, svelando l’uomo e i valori che si celano sotto il manto della celebrità.
Tre i personaggi in scena: Matthias Sindelar (Ettore Distasio); Josef Herberger, l’allenatore della nazionale di calcio tedesca (Mauro Negri) e Dolitte, il capo della Gestapo di Vienna incaricato direttamente da Goebbels di marcare stretto il calciatore che dà segni inequivocabili di ostilità al governo nazista (Francesco Leschiera).
Giochi di carta vede Leschiera impegnato anche nel ruolo di regista e per la messa in scena si ispira ai cabaret che alla fine degli anni Trenta del Novecento godono ancora di notevole successo per la loro capacità di mischiare lo spettacolo comico e musicale all’attualità. Il trio di attori si propone così al pubblico con il viso sbiancato da uno spesso strato di cerone, gestendo a turno, quando non coinvolti nell’azione, il proiettore che illumina i colleghi al centro della scena, immaginando il palco sia un piccolo locale dove gli artisti si prestano a mille mansioni.
La narrazione inizia pochi giorni dopo il 12 marzo 1938, giorno che sancisce ufficialmente l’Anschluss, l’annessione violenta dell’Austria alla Germania nazista in attuazione della visione hitleriana di una “Grande Germania”. È la vigilia dell’ultima partita giocata dalla nazionale di calcio austriaca prima di venire smembrata, destinando le sue punte di diamante alla squadra tedesca in vista dei Mondiali che si sarebbero svolti quell’estate in Francia. Tra costoro è incluso “piedi di Mozart” Sindelar.
È un incontro apparentemente amichevole quello che si svolge inizialmente tra Herberger e il calciatore, sotto lo sguardo vigile di Dolitte che si premura di render noto a quest’ultimo come il führer gradirebbe vedere la nazionale austriaca sconfitta in segno di completa sottomissione del Paese al conquistatore. Le aspettative restarono disattese. Il 3 aprile l’Austria sconfigge la Germania 2-0: gol di Matthias Sindelar e di Karl Sesta, gli stessi giocatori che prima del fischio di inizio si rifiutano di eseguire il saluto nazista. Nelle settimane seguenti Sindelar dimostra ulteriormente il proprio disprezzo nei confronti dell’invasore appellandosi all’età – ha ormai 35 anni – e al ginocchio, che fatica a riprendersi dopo l’operazione subita, per declinare l’invito ai Mondiali. Per quanto nato in quella che, con la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico è divenuta terra straniera, Sindelar per questo suo osteggiare il regime nazista è acclamato prima icona dei moti di ribellione austriaci e, dopo la sua morte, assurge al rango di martire della libertà.
Luca Pasquinelli nella scrittura e Francesco Leschiera al momento della regia sono encomiabili nel restituire in un’ora o poco più di spettacolo il raffinato gioco di intimidazione messo in atto di Dolitte coinvolgendo un più o meno riluttante Herberger. Uno scontro che non risparmia nessun aspetto della vita pubblica e privata del campione. Se tra le righe restano insinuazioni strane come il sospetto di origini semite, è ben più esplicito il disappunto per la sua frequentazione di ebrei, a iniziare dalla fidanzata Camilla Castagnola, un’insegnante milanese conosciuta durante i Mondiali in Italia del 1934.
Nel corso delle telefonate tra i due innamorati si percepisce quel clima di montante violenza antiebraica in grado di strappare violentemente il pubblico dagli eleganti locali viennesi frequentati dai tre protagonisti per gettarlo in mezzo alla cruda realtà. Una realtà parimenti drammatica da entrambi i lati delle Dolomiti. Una realtà che obbliga Matthias Sindelar, chiamato da giovane “carta velina” per il fisico esile, a dimostrare la granitica solidità dei propri principi morali, fuori e dentro il campo da calcio.
Al debutto a fACTORY 32 lo scorso 18 giugno gli spettatori in sala tributano un lungo applauso al cast tutto al maschile per la bravura nel restituire il clima di un’epoca e le diverse tipologie di personaggi che caratterizzano – e hanno reso possibile – l’affermarsi del regime nazi-fascista. Francesco Leschiera ammanta di un’allure mefistofelica il personaggio di Dolitte, il gerarca scevro da obiezioni agli ordini ricevuti o dilemmi morali.
Ettore Distasio è lo sventurato eroe di questa tragedia, il giocatore dai piedi alati abituato a dribblare gli avversari che ora cerca, con eleganza e savoir-faire, di sottrarsi alle imposizioni dell’invasore, peccato che quest’ultimo non accetti di essere beffato e reagisca con la violenza.
Mauro Negri offre infine una straordinaria restituzione di quell’apatia politica e umana di fronte al crescendo di violenza descritta nei versi del pastore Martin Niemöller – spesso attribuiti a Brecht – “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari/e fui contento, perché rubacchiavano./Poi vennero a prendere gli ebrei/e stetti zitto, perché mi stavano antipatici./Poi vennero a prendere gli omosessuali,/e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi./Poi vennero a prendere i comunisti,/ed io non dissi niente, perché non ero comunista./Un giorno vennero a prendere me,/e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Herberger infatti, per non rinunciare al proprio prestigioso ruolo, nel corso dello spettacolo si involve da uomo di valore in clown muto e triste, imparando a non esprimere idee, porre domande scomode o sollevare perplessità. Egli si destreggia tra i tranelli dialettici volteggiando a passo di danza, accompagnato dalla musica che esce dalla radio, autentico pezzo forte di una scenografia che ricrea la magia degli ambienti del periodo.
Giochi di carta è il titolo con cui Teatro del Simposio è presente anche a questa edizione di Estate Sforzesca, la rassegna di spettacoli e concerti organizzati ogni estate dal Comune di Milano nel Cortile della Armi del Castello.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
fACTORy32
via Watt 32 – Milano
18 e 19 giugno 2022
www.factory32.itEstate Sforzesca
Castello Sforzesco di Milano
Cortile della Armi
giovedì 11 agosto ore 21.00
informazioni e bigliettiGiochi di carta
di Luca Pasquinelli
con Ettore Distasio, Mauro Negri, Francesco Leschiera
scene e costumi Paola Ghiano, Francesco Leschiera
elaborazioni e scelte musicali Antonello Antinolfi
assistente alla regia Serena Piazza
grafica Valter Minelli
regia Francesco Leschiera
produzione Teatro del Simposio
durata 60 minuti