Una mostra racconta l’evoluzione artistica di Francisco Goya, dai dipinti su commissione a opere intese a razionalizzare le circostanze avverse che si trova ad affrontare – dai gravi lutti famigliari alla guerra –, restituendo una lucida visione critica della società spagnola dell’epoca.
Il grande cruccio di ogni artista è riuscire a godere di abbastanza libertà da trasmettere con le proprie creazioni un pezzo di sé senza doversi preoccupare di compiacere la committenza o di catalizzare il favore del pubblico. Non è immune a ciò nemmeno uno dei più celebri pittori spagnoli di tutti i tempi: Francisco José de Goya y Lucientes.
Palazzo Reale di Milano sino al 3 marzo ospita la mostra Goya. La ribellione della ragione a cura dello storico dell’arte Víctor Nieto Alcaide che, attraverso una settantantina di opere, spiega come l’artista a fianco di una produzione istituzionale restituisca un commento estremamente originale e personale dell’epoca in cui vive e delle realtà con cui si confronta. Goya vive appieno l’Illuminismo, la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche; i suoi amici sono intellettuali e artisti e tutto questo lo si ritrova nei dipinti e nelle incisioni in cui l’attualità è veicolo per riflessioni dal sapore universale.
A corte la carriera di Goya tocca l’apice con la nomina a Primer Pintor de Cámara ma l’esordio è alla Reale Manifattura di Arazzi di Santa Barbara dove è incaricato di ideare alcune serie di cartoni su temi tradizionali e folkloristici. Non è esattamente un lavoro nelle sue corde ma la seconda sezione della mostra si concentra sul tema Il popolo si diverte in cui la sperimentazione privata e l’evoluzione artistica si intrecciano con il lavoro su commissione. Un esempio di ciò è l’allegra serie Juegos de niños (1777/85) composta di sei tele che raccontano con gran ricchezza di dettagli – e profusione di allegorie – i giochi all’aria aperta escogitati dai bambini, sovente imitando i grandi ora atteggiandosi a soldati, ora inscenando una corrida. A quest’ultimo divertimento è dedicata una parte importante della sezione: dipinti a olio e stampe della serie Tauromaquia ne descrivono la spettacolarità ma soprattutto la violenza ricordando che non è sempre il toro ad avere la peggio nel confronto.
Il bozzetto de La Primavera (1786) rimanda invece a un passatempo più lieve, a una passeggiata in compagnia, un tema che tuttavia, come accade nella grande tela de Le giovani donne (1810/12), può prestarsi a sintetizzare i forti contrasti tra le classi sociali. La composizione offre infatti uno spaccato sociale dell’epoca e della rigida divisione tra i ceti: in primo piano una signora in eleganti abiti assorta nella lettura di un messaggio, al suo fianco la dama di compagnia vestita sobriamente di nero le regge silenziosamente il parasole mentre sullo sfondo un gruppo di donne, emblema della gran massa popolare, descritte con ampie pennellate che non lasciano agio al dettaglio dei loro volti, sono chine a terra impegnate a lavare i panni.
Le due sezioni successive, La clientela e Gli amici illuminati, fluiscono l’una nell’altra con naturalezza e sono intese a presentare l’ampia gamma di soggetti che si rivolgono a Goya: gli aristocratici, le istituzioni ecclesiastiche e gli amici artisti o intellettuali. La prima delle due sezioni a onor del vero si compone di due parti, ciascuna dedicata alle differenti tipologie di opere richieste al pittore, a iniziare da una selezione di soggetti religiosi destinati alla devozione privata tra cui è possibile ammirare il gruppo famigliare composto da La Vergine con san Gioacchino e sant’Anna (1786) che si staglia su un fondo neutro o il turbinio di presenze maligne scacciate dal protagonista di San Francesco Borgia assiste un moribondo (circa 1788).
Le sale successive ospitano quindi una rassegna di ritratti da cui si può desumere il ruolo sociale o la mansione svolta dal protagonista osservando i dettagli delle vesti e degli oggetti che li connotano: si osservino per esempio i preziosi merletti che adornano le vesti di Joaquina Candado Ricarte (circa 1802/04), i bozzetti che regge il ricamatore di corte Juan López de Robredo (1798/99), l’illuminista Gaspar Melchor de Jovellanos (1798) immortalato allo scrittoio con una statuetta della dea Atena e le insegne del Real Instituto Asturiano de Náutica y Mineralogía da lui fondato o, ancora, il nipotino Marianito (1813/15), un bambino vestito con ricercata eleganza a testimonianza dello status sociale raggiunto dalla famiglia di Goya grazie al suo lavoro di pittore.
Il benessere gli consente di dedicarsi a progetti che lo interessano, a creare opere a sfondo etico e morale per denunciare le condizioni in cui versano alcune parti della popolazione e le scelte politiche dei governanti. Le opere esposte nelle sezioni precedenti sono indubbiamente belle, eccellentemente eseguite ma convenzionali mentre le protagoniste della seconda metà della mostra hanno il potere di colpire l’osservatore nel profondo dell’animo: la sua rivoluzione artistica non risiete infatti nella tecnica pittorica quanto nella critica a modi, modelli e tradizioni secolari.
Vigilare e denunciare, la quinta sezione, comprende opere afferenti alla serie Cuadros de fiestas y costumbres dipinte tra il 1808 e il 1812: sono tele dai contenuti forti così come quanto esposto nelle sezioni successive, a dimostrazione di come l’artista dipinga per sé e non per compiacere l’osservatore e la sua sensibilità.
Goya trae ispirazione per Il manicomio dall’istituto di Saragozza dove sono internati una zia e un cugino e induce l’osservatore a riflettere come le dinamiche che regolano gli equilibri tra i malati di mente là ricoverati possano essere assimilabili a quelle che smuovono i governanti nella loro affannosa ricerca di sempre maggior potere. Una follia che, per certi versi, ritroviamo anche negli altri due dipinti a sfondo religioso, volti alla denuncia di impietosi retaggi di epoca medievale: Processione di flagellanti che atterriscono con i loro riti donne e bambini presenti tra i fedeli in piazza e Scena di Inquisizione dove l’atteggiamento degli uomini al vaglio di intransigenti ecclesiastici e il copricapo che indossano lasciano presagire l’inevitabile condanna al rogo.
Il Colosso (post 1808), il gigante che ai Pirenei cerca di arrestare l’ingresso delle truppe napoleoniche in terra spagnola, è indubbiamente l’elemento più spettacolare della sezione Goya e la guerra. Sezione che si completa con un’ampia selezione di incisioni tratte dalla serie Desastres de la guerra (1810/14) volte a denunciare gli orrori del conflitto. La guerra d’indipendenza spagnola, protrattasi dal 1808 al 1814, è la prima dopo un lunghissimo periodo combattuta in terra spagnola, con la popolazione coinvolta in prima persona nelle resistenza all’invasore. Le incisioni Goya raccontano in tutta la loro crudezza di corpi smembrati, di uomini legati a un albero e fucilati, di case bombardate, di morti e macerie a ogni angolo di strada con l’intento di elevare quelle scene raccapriccianti di abominio a condanna universale di qualsiasi forma di violenza.
Le incisioni sono protagoniste anche dell’ultima sezione della mostra, La libertà critica e l’allargamento dell’immaginazione, tratte questa volta dalle serie Caprichos (1797/99) e Disparates (1815/24). Il tono di Goya è qui più giocoso e ironico, ogni stampa è una stoccata arguta al malcostume dei contemporanei.
Caprichos vuole mettere a nudo vizi, aberrazioni e superstizioni in voga all’epoca in Spagna poiché – prendendo prestito il titolo del soggetto numero 43 – il sonno della ragione genera mostri. Egli fustiga così insegnanti più somari dei propri allievi o la pigrizia e l’arroganza di certa nobiltà di cui il popolo deve farsi carico.
Disparates è una serie di più complessa interpretazione poiché le incisioni sono legate a fatti di attualità o a modi di dire non più in voga e perché rimasta incompleta. La critica oggi si strugge per offrire una lettura univoca, come si evince da alcune delle didascalie un po’ contorte, ma questa imperscrutabilità del lascito di Goya non fa che renderlo ancor più affascinate e, avvicinandolo ai pittori surrealisti, estremamente moderno.
Silvana Costa
La mostra continua a:
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 – Milano
fino a domenica 3 marzo 2024
orari martedì-domenica 10.00-19.30
giovedì 10.00-22.30
lunedì chiuso
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
www.palazzorealemilano.itGoya
La ribellione della ragione
a cura di Víctor Nieto Alcaide
una mostra Palazzo Reale, Comune di Milano – Cultura e 24 ORE Cultura
con il patrocinio di Ambasciata di Spagna in Italia, Ente del Turismo Spagnolo,
Istituto Cervantes Milano
allestimento Novembre StudioCatalogo:
Goya. La ribellione della ragione
a cura di Víctor Nieto Alcaide
24 ORE Cultura, 2023
24 × 28 cm, 272 pagine, 200 illustrazioni, cartonato
prezzo: 32,00 euro
www.24orecultura.com