Harryness

harryness2A sei anni dal debutto sulle scene milanesi, tornano i tragici espedienti attuati da Harry per superare indenne il Natale.

Contrariamente a quanto lascino intendere le campagne pubblicitarie, le festività natalizie sono uno dei periodi più bui e tristi dell’anno. Ricerche scientifiche e, più banalmente, le cronache dei giornali mettono in luce come, dietro al clima di gioiosa convivialità, si nasconda il disagio di chi si ritrova senza affetti o amici. La solitudine diventa opprimente e nemmeno il lavoro offre una via di fuga dal Natale: arrivare al 26 dicembre, contando solamente sulle proprie risorse, sembra un’impresa al di sopra delle umane possibilità. Ciascuno cerchi dunque una propria formula per preservare l’incolumità. Mentale innanzitutto. Senza accettare inviti a pranzi noiosi, senza rimpiangere amori che ci hanno lasciato (non stiamo forse meglio ora, come ci ricorda il gatto guardandoci perplesso?) e senza cercare la compagnia di quanti ci fanno gli auguri solo per formale cortesia.
L’umore altalena tra lo strazio dell’essere ignorati e il sollievo per non essere obbligati a presenziare a inutili rituali. In inglese potremmo definire questo stato d’animo Harryness, dal nome dell’uomo utilizzato quale caso di studio al Teatro LinguaggiCreativi. Inseguire Harry sulle montagne russe – dai momenti di euforia canora che virano inaspettatamente nel delirio etilico – mantiene il pubblico in uno stato di attenzione costante, sovente condita da amari sorrisi di immedesimazione, dal primo all’ultimo minuto di rappresentazione. Harryness, rispetto a Harry’s Christmas – il monologo scritto da Steven Berkoff cui si ispira – non è una monotona quanto inarrestabile discesa nel vortice della depressione da festività. Pur mantenendo inalterata la cappa di disperazione che avvolge le azioni e i pensieri di Harry, l’originale rilettura del testo proposta da Paolo Trotti gioca ad enfatizzarne i continui sbalzi d’umore di un uomo rinchiuso nel claustrofobico spazio della sua dimora.
Francesco Leschiera – che in questi anni abbiamo visto collezionare ampi consensi per il lavoro creativo svolto dietro le quinte – si cala nei panni del pirotecnico protagonista: Harry. Al pari di Dante nel suo viaggio attraverso i gironi infernali, anche Harry ha al suo fianco un prezioso compagno che lo accudisce, lo supporta, lo sprona e lo consiglia amorevolmente: il proprio gatto. Come un qualsiasi felino domestico Simona Migliori si aggira per il palcoscenico ispezionandone ogni anfratto, soffermandosi a giocare con un filo sporgente, ma senza mai perdere d’occhio quel bizzarro individuo con cui divide casa. Il gatto – senza nome come il rosso coinquilino di Holly Golightly in Colazione da Tiffany – si rivelerà la proiezione del subconscio di Harry, incarnando di volta in volta il buonsenso che nemmeno l’alcool riesce a zittire, il ricordo dell’ex fidanzata Clara (chissà se nel frattempo si è sposata) o i rimbotti dell’anziana madre. Fido compagno di vita, il gatto, a differenza degli spiriti evocati nel Canto di Natale di Charles Dickens, non cerca di redimere Harry ma si limita, alla guisa di un amico sincero, a condividere con lui i momenti difficili.
L’affiatamento tra la camaleontica Simona Migliori e Francesco Leschiera è sorprendente e riesce a spalancare le porte della rigida gabbia imposta dalla regia per consentire al pubblico di entrare nel loro bizzarro mondo malato. Mondo in cui ogni singolo elemento d’arredo è incartato non con festose carte regalo ma con asfissianti pellicole trasparenti che impediscono a polvere o sporcizia di intaccarli: sarebbe semplice se esistesse una pellicola che renda impermeabili allo spirito natalizio il cuore e la mente di Harry.
Harryness è dunque una triste tragedia? Non esattamente. Bastano infatti le elaborazioni musicali di Antonello Antinolfi per scuotere gli animi di attori e pubblico quando la tensione sale sino a diventare tangibile, dando una svolta pop al corso degli eventi. In fondo, il Natale è un dramma che si ripropone ogni trecentosessantacinque giorni. Trecentosessantasei se siamo fortunati.

Silvana Costa

harryness_lowres_9harryness_lowres_19

Lo spettacolo continua:
Teatro LinguaggiCreativi
via Eugenio Villoresi 26 – Milano

da martedì 29 novembre a domenica 4 dicembre 2016
orari: martedì – sabato 20.30, domenica 19.00
www.linguaggicreativi.it

Harryness
di Paolo Trotti
con Francesco Leschiera e Simona Migliori
regia Paolo Trotti
elaborazioni musicali di Antonello Antinolfi
produzione Teatro Linguaggicreativi