Debutta a Milano la nuova produzione della Compagnia Corrado d’Elia.
Un soggiorno forzato in un seminterrato in attesa di conoscere l’obiettivo della prossima missione. Un sibilo dall’alto distoglie Ben e Gus dalle proprie riflessioni. Un calapranzi recapita in forma anonima missive dai piani alti. Un “committente” cela la propria identità anche ai sicari che assolda. Un “ordine di servizio” potrebbe porre finalmente termine alla cattività di Ben e Gus.
E se così non fosse? Se l’inusuale sistema di comunicazione recapitasse solamente messaggi senza senso apparente? Riusciranno i due rudi sicari a mantenere il sangue freddo? Quando potranno uscire a rivedere il sole?
Il calapranzi (1957) è una delle prime opere teatrali scritte da Harold Pinter, Premio Nobel per la Letteratura nel 2005 ed è un vero capolavoro del Teatro dell’assurdo. Un copione che potrebbe essere considerato l’antecedente – in puro stile British – del claustrofobico La Guerra Invernale del Tibet di Dürrenmatt. Un capolavoro che la Compagnia Corrado d’Elia riesce a portare in scena in maniera estremamente convincente anche grazie a un’azzeccata scelta degli attori. Francesco Maria Cordella è Ben, lo stereotipo del killer impassibile che attende l’assegnazione della nuova missione con freddezza, immerso nella lettura del giornale. A tratti egli condivide con Gus – interpretato da un altrettanto convincente Alessandro Castellucci – le notizie più curiose, più per distoglierlo dalla sua irrequietudine che per desiderio di instaurare un vera e propria conversazione. Un’irrequietudine che maldestramente cela un malessere interiore; un’insofferenza verso una situazione consolidata in cui lui è il braccio di una mente crudele che dispone della loro vita né più né meno di come dispone di quella delle sue vittime. Corrado d’Elia, dopo un lieve arrancamento iniziale, trova il ritmo giusto per scandire lo scambio di battute tra Ben e Gus, lasciando che la tensione dalla scena si espanda giù, in platea, e avviluppi il pubblico sempre più curioso di conoscere il contenuto della prossima missiva recapitata dal calapranzi. Il tempo che scorre, entità astratta, parola dopo parola, lentamente acquisisce una propria concretezza divenendo così terzo attore in scena.
Un’illuminata intuizione artistica ha traslato l’ambientazione da un buio seminterrato al retro di un palco, invaso da travi che paiono avanzi dell’allestimento dello spettacolo precedente, creando un interessante parallelo tra il mestiere del killer e quello dell’attore. Ben, alla guisa di un istrione navigato e sicuro di sé, attende il momento di entrare in azione con assoluta calma mentre Gus lascia trasparire i moti che gli sconquassano l’animo. Il sibilo del calapranzi funge da chiamata in scena: si allacciano le scarpe, si arma la pistola, si ridestano i sensi mai completamente sopiti e si placano i discorsi futili.
Il calapranzi diviene così una raffinata metafora del lavoro quotidiano dell’attore e rende ancor più carica di significati questa prima nazionale al Teatro Libero di Milano. Valeria Cavalli, nell’intervista che ci ha concesso lo scorso gennaio, aveva infatti annunciato che la Compagnia Corrado d’Elia sarebbe a breve entrata a far parte di MTM – Manifatture Teatrali Milanesi. Così è stato, ma per ironia della sorte il regista intraprende il nuovo cammino tornando tra le mura familiari del Teatro Libero per un debutto che ha l’amaro sapore del commiato.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Libero
via Savona, 10 – Milano
fino a lunedì 2 maggio 2016
orari degli spettacoli: da lunedì a sabato ore 21.00; domenica ore 16.00
www.teatrolibero.itIl calapranzi
di Harold Pinter
traduzione di Alessandra Serra
progetto e regia Corrado d’Elia
assistente alla regia Marco Brambilla
con Alessandro Castellucci, Francesco Maria Cordella
assistente alle scene e grafica Chiara Salvucci
tecnico luci Marcello Santeramo
produzione Compagnia Corrado d’Elia