Il corpo e l’anima

La mostra-evento di scultura rinascimentale italiana in corso al Castello Sforzesco di Milano conquista i visitatori grazie alla maestria degli artisti nel restituire insieme ai movimenti del corpo anche i sentimenti più intimi dei loro soggetti.

È giunta a Milano, dopo il successo riscontrato al Musée du Louvre di Parigi (22 ottobre 2020 / 21 giugno 2021), la mostra Il corpo e l’anima. Da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento. Ospitata sino al prossimo 24 ottobre nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco, l’esposizione sin dalle prime settimane d’apertura promette di bissare il successo di pubblico e critica riscosso oltralpe.
Marc Bormand, Beatrice Paolozzi Strozzi e Francesca Tasso, curatori dell’evento, danno vita a un viaggio emozionante, tessendo tra loro scultura, pittura, disegno e incisione a testimonianza di un dialogo costante tra le diverse discipline artistiche. Nel Rinascimento la scultura è fortemente condizionata dai modelli classici anche alla luce di numerosi ed eccezionali ritrovamenti tra cui, nel 1506 nelle vicinanze della Domus Aurea, del gruppo del Laocoonte risalente all’età ellenistica. Gli artisti si spendono nello studio e nella riproduzione delle opere antiche che, con le rotazioni dei corpi e le pose plastiche, conferiscono alla composizione una straordinaria carica dinamica e ne rafforzano quella tridimensionalità che la pittura ha imparato a rendere con la prospettiva.
La narrazione parte dal 1453, quando Donatello rientra a Firenze dopo un decennio trascorso a Padova dove è invitato per realizzare il monumento al celebre condottiero Gattamelata. Il percorso di visita si snoda attraverso 120 opere provenienti dai più importanti musei del mondo e si conclude nell’antico Ospedale Spagnolo nel Cortile delle Armi per ammirare la Pietà Rondanini (1552/64), l’ultima opera, non finita, di Michelangelo. Analogamente, al Louvre nell’ultima sala erano esposte le due statue degli Schiavi o Prigioni (1513, sempre opera di Michelangelo) di proprietà del museo. Il periodo preso in esame dai curatori ha un’estensione temporale di circa sessant’anni, fino alla morte di Leonardo nel 1519 cui è attribuita la nascita della Fisiognomica, la disciplina che dall’aspetto e dall’atteggiamento di una persona ne deduce le disposizioni dell’animo.
È celeberrimo il consiglio di Leonardo riportato da Francesco Melzi nel Libro della pittura (1540 ca.) “290 – Degli atti delle figure: farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile”. Va quindi ricordato come il Rinascimento sposti il centro dell’attenzione dal divino all’umano e come di conseguenza l’arte abbandoni monotoni volti imperscrutabili per restituire, attraverso la mimica facciale e la posa del corpo, la personalità e i pensieri del soggetto ritratto.
Bormand, Paolozzi Strozzi e Tasso, pur sviluppando l’idea della mostra a partire dall’operato degli autori fiorentini, ampliano il campo di analisi sino a comprendere gran parte dell’Italia settentrionale dove gli artisti si spostano di corte in corte: Firenze e poi Venezia, Roma, Mantova, Ferrara, Padova, Bologna e, naturalmente, Milano. Tale opzione permette da un lato di indagare le peculiarità locali – frutto di una irripetibile combinazione di materiali disponibili in loco, tradizione lavorativa e retaggio culturale – e dall’altro mostra come le innovazioni rinascimentali – ma pure l’arte cortese fiamminga e della Borgogna – vengano recepite e rielaborate.
Visitare la mostra è un autentico viaggio nel mito tra sculture così realistiche che viene quasi da chiedere loro perché non parlino, come Michelangelo si narra abbia fatto con il suo Mosè, senza tuttavia colpirle. Il percorso di visita si sviluppa in quattro sezioni in cui i curatori presentano le opere accostate con il criterio dell’analogia, a prescindere dall’epoca di realizzazione e dalla zona di provenienza: Guardando gli antichi: il furore e la grazia; L’arte sacra: commuovere e convincere; Da Dionisio ad Apollo; Roma “Caput mundi”.

Guardando gli antichi, come già accennato, narra di come nel Rinascimento lo studio dei reperti di età classica – siano essi originali o una delle molteplici copie realizzate nei secoli – sia un passaggio imprescindibile per la formazione di ogni artista. I personaggi mitologici assurgono a nuova vita, caricati di differenti significati e utilizzati di volta in volta per celebrare committenti illuminati o vittoriosi condottieri. I combattimenti sono tra i soggetti preferiti poiché permettono all’autore di azzardare movimenti complessi che ne valorizzino le competenze in anatomia – dell’uomo e degli animali – e il dinamismo: si vedano i preziosi sarcofagi di età imperiale, le varie interpretazioni dello scontro tra Ercole e il gigante Anteo, la Zuffa di divinità marine (ante 1481) di Andrea Mantegna – una stampa con l’impatto visivo di un bassorilievo – o le riproduzioni di Camelio e Gianfrancesco Rustici di dettagli delle Battaglie di Càscina e Anghiari, commissionate rispettivamente a Michelangelo e Leonardo per il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.
Nella sala successiva il furore della guerra cede il campo alla grazia di creature divine, siano esse pagane o cristiane poco importa: la seduzione esercitata è identica. Gli angeli scolpiti da Andrea del Verrocchio, da Mino da Fiesole, da Giovanni Antonio Amadeo, insieme all’Angelo che suona la viola (1472/73) di Melozzo da Forlì accolgono il pubblico e lo introducono al cospetto della splendida Madonna con Bambino (1480/90 circa) di Giovanni Dalmata. Quindi, con ancora nella mente le spettacolari versioni di Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen ammirate quasi due anni fa alle Gallerie d’Italia, ci si avvicina al gruppo de Le tre Grazie realizzato nel II secolo d.C. e rinvenuto agli inizi del Seicento in una vigna nei pressi di San Giorgio al Celio. Proseguendo, la statua in bronzo di Orfeo (1470 circa) di Bartolo di Giovanni dialoga con La musa Clio (1475/80 circa) dipinta da Giovanni Santi mentre Le tre Virtù teologali (Carità, Speranza, Fede) (1478/80 circa) di Giovanni Antonio Piatti  è accostato al Rilievo delle “Sacrificanti Borghese” (130 d.C.).

La rassegna di rappresentazioni sacre prosegue nella sezione successiva: L’arte sacra: commuovere e convincere. Commuovere e convincere i fedeli è la ragione per cui le chiese vengono decorate con scene tratte da episodi biblici, dimostrando una particolare predilezione per i momenti più dolorosi della vita di Gesù: la flagellazione, la salita al calvario, la crocifissione o la deposizione. Su questi temi si confrontano i più celebri artisti del momento: Donatello con un superbo bassorilievo della Crocifissione (1450/55), in bronzo parzialmente dorato, messo a confronto con le interpretazioni di Bertoldo di Giovanni (1475/80 ca) e della scuola di Mantegna. Francesco di Giorgio Martini contestualizza il momento della Flagellazione (1480/85 circa) in una raffinata composizione architettonica di età classica cui si contrappone la soluzione lombarda, opera della bottega di Giovanni Antonio Amadeo (1481/85 circa), che per lo sfondo prende spunto dalla celebre incisione Prevedari eseguita su disegno di Donato Bramante. La Deposizione di Cristo nel sepolcro (1476/82), realizzata da Giacomo del Maino e Bernardino Butinone per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria del Monte a Varese, è invece debitrice a un’incisione di Mantegna.
Sono molteplici le tecniche adottate per realizzare i capolavori presenti in questa sezione: affreschi e arazzi; ai più convenzionali marmo e bronzo si alternano la cartapesta, il legno dipinto utilizzato per impressionanti sculture a grandezza reale e le raffinate terrecotte invetriate di Andrea e Luca della Robbia.

Dopo aver ammirato Le tre Grazie all’inizio del percorso di visita, in Da Dionisio ad Apollo si può approfondire ulteriormente il tema della rilettura dei soggetti classici: lo Spinario, il giovinetto intento ad estrarre una spina dal piede, Mercurio e il sacerdote Laocoonte impegnato nel disperato tentativo di salvare i figli Antifate e Tymbreus dalle spire di Porcete e Caribea, i serpenti marini inviati da Atena per punirlo per aver osato scagliare una lancia contro il cavallo di Troia al grido di “Timeo Danaos et dona ferentes” (Virgilio, Eneide, Libro II, 49).
Il classico è per gli artisti rinascimentali il punto di partenza per la definizione di nuovi canoni che, superata la fase del realismo e del naturalismo, consentano la creazione di corpi dalla grande armonia delle forme: i curatori in mostra presentano il frutto delle ricerche condotte dalla scuola lombardo veneta e da quella toscana.

Tale ricerca si evolve ulteriormente grazie al contributo di Michelangelo, impegnato nella perfetta sintesi tra la reale anatomia umana, l’ideale assoluto di bellezza e la volontà di superare la natura con l’arte. Il percorso di Roma “Caput mundi” si apre con l’opera giovanile Cupido (1497) e si chiude con la Pietà Rondanini, passando attraverso i capolavori di altri artisti, attivi in Lombardia in quegli anni: Donato Bramante con gli affreschi della casa di Gaspare Ambrogio Visconti (1487/90 circa, oggi alla Pinacoteca di Brera), il Bambaia con lesene del monumento funebre a Gaston de Foix (1516/23 circa) o Cristoforo Solari con Cristo alla colonna (1515/20 circa).
Questi sono solamente gli autori più celebri dello straordinario campionario composto da Marc Bormand, Beatrice Paolozzi Strozzi e Francesca Tasso. La mostra è emozionante, il percorso è – sebbene possa sembrare impossibile con i Mantegna, i Pollaiolo e i Leonardo esposti nella prima sala – un crescendo di meraviglia che trova l’apice nella Pietà Rondanini.
O, meglio, che lo dovrebbe trovare ma per noi non è stato così.
Non è tanto il fatto che per vedere la celeberrima scultura serva uscire dalle Sale Viscontee e recarsi in un’altra parte del Castello perché, anzi, è l’occasione per lasciare che i sensi si ristorino prima dell’ultimo capolavoro. Il problema è che entrando nell’Ospedale Spagnolo, trovandosi al cospetto dell’opera solitaria, posizionata in mezzo all’ampia sala, si è colti da un gran senso di desolazione: le proporzioni sono tali che essa, invece di apparire in tutta la sua maestosità, si perda nello spazio vuoto. L’allestimento – se così si può chiamare – è chiaramente pensato per catturare svariati gruppi di turisti mordi e fuggi in contemporanea che, attratti dal solo nome dell’autore, possano optare per ammirare al Castello la Pietà e poi proseguire la loro frettolosa esplorazione milanese. Gli stessi turisti che a Brera si soffermeranno probabilmente davanti allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, al Bacio di Hayez e poco altro.
La scelta di ricollocare la Pietà è stata a lungo osteggiata da quanti considerano pure l’allestimento concepito nel 1956 da BBPR un’opera d’arte ma nulla si è potuto fare contro un’amministrazione intenzionata a moltiplicare il numero dei visitatori in previsione dell’imminente Expo 2015. Un allestimento, quello dei BBPR, che conduceva il visitatore attraverso straordinari esempi di scultura lombarda, facendolo avvicinare alla Pietà lentamente, lasciando che la curiosità e l’emozione dell’attesa crescessero man mano scendeva la scalinata nella Sala degli Scarlioni e si avvicinava alla nicchia in pietra serena che celava il capolavoro sino all’ultimo istante.
Ora, chi si reca in visita al Museo del Castello, scopre amaramente che la nicchia è trasformata in uno spazio dove proiettare a ciclo continuo Mater strangosciàs di Giovanni Testori nella messinscena dalla Compagnia Tiezzi-Lombardi. Riteniamo non serva commentare ulteriormente.

Silvana Costa

La mostra continua:
Castello Sforzesco – Sale Viscontee
piazza Castello – Milano
fino a domenica 24 ottobre 2021
per le modalità e gli orari di ingresso si veda il sito web
biglietto unico per i musei del Castello e le mostre
www.milanocastello.it

Il corpo e l’anima
Da Donatello a Michelangelo
Scultura italiana del Rinascimento
a cura di Marc Bormand, Beatrice Paolozzi Strozzi, Francesca Tasso
percorso studiato e progettato congiuntamente da Musée du Louvre, Castello Sforzesco
promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Castello Sforzesco, Musée du Louvre
realizzata grazie a Civita Mostre e Musei

Catalogo:
Il corpo e l’anima
Da Donatello a Michelangelo
Scultura italiana del Rinascimento
a cura di Marc Bormand, Beatrice Paolozzi Strozzi, Francesca Tasso
Officina Libraria, 2021
24 x 29 cm, 512 pagine, 330 illustrazioni, cartonato
prezzo 45,00 Euro
vincitore del Prix du catalogue d’exposition 2021
https://officinalibraria.net/

Silvana Costaartalks