Una corsa in auto nella notte conduce Ivan Locke lontano dalle sue certezze borghesi, verso una nuova esistenza che prende forma nel corso delle telefonate ricevute in fitta sequenza.
Il Teatro Franco Parenti di Milano contribuisce al lento ma tenace processo di ritorno alla normalità pre Covid-19 riaprendo le porte al pubblico e proponendo gli spettacoli inizialmente programmati per la scorsa primavera. Tra questi, imperdibile, segnaliamo il debutto in prima nazionale di Locke, interpretato e diretto da Filippo Dini, che resta in scena sino a domenica 12 luglio.
La pièce è tratta dall’omonima pellicola di Steven Knight, interpretata da Tom Hardy, applaudita sin dalla sua anteprima nel 2013 alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Non è il primo cimento dell’artista genovese con pellicole di grande successo di pubblico e critica ma, come sempre, si legge chiaramente il suo sapiente contributo nella stesura dei testi e nella regia.
Locke è una storia apparentemente semplice nelle soluzioni tecniche e lineare nello sviluppo della trama eppure costituisce una potente metafora della vita umana e di come in un attimo si possa vedere le proprie certezze svanire come neve al sole. Un errore, una svista o una leggerezza – o un virus come accaduto pochi mesi fa – bastano a far crollare quanto conquistato con fatica in ambito famigliare o professionale.
Ivan Locke, un capomastro che ha all’attivo la costruzione di importanti edifici in tutto il Regno Unito, una sera lascia frettolosamente il cantiere per correre in ospedale da Bethan. In auto, durante il tragitto, è obbligato a fare una serie di dolorose telefonate per spiegare questo suo gesto apparentemente sconsiderato.
Locke si coordina con Donal che il mattino seguente lo dovrà sostituire al lavoro, nella fase delicatissima del getto delle fondamenta dell’edificio in cantiere. Sono telefonate animate e convulse ma mai strazianti come quella a casa per rivelare a Katrina, la moglie, che sta raggiungendo un’altra donna in procinto di dare alla luce il figlio concepito insieme.
Il momento del parto è giunto anzitempo, cogliendo tutti di sorpresa, soprattutto Ivan Locke che di questa gravidanza non aveva fatto parola con nessuno. Il bambino in arrivo in fondo è frutto di una sola serata ad alta gradazione alcoolica con Bethan, l’ex assistente per cui non prova alcun sentimento. Egli tuttavia decide di affrontare a testa alta i problemi che la sua leggerezza ha causato, di essere un uomo moralmente solido, capace, come i grattacieli che costruisce, di resistere alla furia degli eventi. Lui, sebbene stanco e spaventato, non fugge alle responsabilità come fece suo padre e si impegna a essere presente nella vita di quel bambino sin dalla prima volta che aprirà gli occhi.
L’allestimento teatrale ricrea, in modo meno claustrofobico che nel film, l’abitacolo dell’automobile su cui Ivan viaggia verso la sua meta, fisicamente nota ma emotivamente sconosciuta. L’abitacolo lo avvolge come fa il grembo materno con il feto: è un guscio che gli consente di ricevere informazioni dal mondo esterno ma solo al suo arrivo, al termine di un lungo travaglio, saprà cosa lo attende, che forma prenderanno i rapporti con colleghi e famigliari. “La vicenda narrata in Locke è un grande inno al coraggio, alla sua espressione più potente e più arcaica: il coraggio di abbandonare la propria vita, le proprie certezze, i successi personali, i propri affetti, per iniziare una nuova esistenza, misteriosa, ignota, forse terribile, ma espressione del proprio miglioramento personale” scrive Dini nelle note di regia.
Il pubblico è virtualmente in auto con Locke e può assistere alle telefonate in vivavoce che si susseguono freneticamente con Bethan, Katrina, Donal ma anche con i figli, il datore di lavoro e altri personaggi che compaiono nel corso della storia. Telefonate che in entrambi gli interlocutori scatenano emozioni violente, in un crescendo d’apprensione per quest’uomo in lotta con il destino ma non contro la propria coscienza.
Filippo Dini col suo fare stropicciato è strepitoso nel tenere il pubblico con gli occhi fissi su di lui così come Ivan Locke li tiene sulla strada, con l’ansia di arrivare e conoscere cosa ci sia in serbo per lui, sussultando a ogni nuovo squillo.
La vita è un viaggio, costruita tappa dopo tappa; non sempre si giunge dove inizialmente pianificato o seguendo il tragitto prefissato ma il percorso – agile o accidentato che sia – segna indelebilmente la persona che lo compie. Invitiamo perciò sia chi abbia amato la pellicola di Steven Knight sia chi non la conoscesse affatto a salire in auto con Filippo Dini e vivere lo straordinario viaggio emotivo che egli propone. Dopo nulla apparirà più come prima.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 12 luglio 2020
e dal 14 al 29 ottobre 2020
www.teatrofrancoparenti.itLocke
di Steven Knight
regia Filippo Dini
con Filippo Dini
e le voci al telefono sono di (in ordine di apparizione):
Sara Bertelà – Bethan; Eva Cambiale – moglie di Gareth; Alberto Astorri – Donal; Emilia Piz – Lisa; Iacopo Ferro – Sean; Mattia Fabris – Gareth; Mariangela Granelli – Katrina; Valentina Cenni – sorella Margareth; Carlo Orlando – Davids; Giampiero Rappa – Dottor Gullu; Fabrizio Coniglio – Cassidy
scene e costumi Laura Benzi
luci Pasquale Mari
colonna sonora Michele Fiori (sistema audio in olofonia “HOLOS”)
regia del suono David Barittoni
aiuto regia Carlo Orlando
produzione Teatro Franco Parenti, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino
durata 75 minuti
prima nazionale
In tour:
21 – 26 luglio
Torino – Teatro Carignano