Debutta al Teatro Leonardo di Milano La locandiera di Carlo Goldoni in versione pop e il pubblico, al pari del Cavaliere di Ripafratta, a fine spettacolo è letteralmente in estasi per la bella Mirandolina.
La rilettura della celebre commedia goldoniana proposta dalla Compagnia Corrado d’Elia è travolgente e pure un pizzico irriverente ma di quell’irriverenza buona che deriva dalla familiarità con la materia.
Ci sarà probabilmente chi storcerà il naso non ritrovandovi nella forma quell’ossequiosa aderenza all’originale settecentesco che molte produzioni si ostinano a perseguire, dando vita a rappresentazioni formalmente corrette eppure stucchevoli al limite della noia. È inevitabile: i tempi cambiano e con essi i costumi e i gusti della società. Conscio di ciò Corrado d’Elia predilige un adattamento del testo capace di mostrare al pubblico cosa si intenda parlando di commedia goldoniana, più nello spirito che nella forma esteriore. Il regista restituisce infatti a La locandiera tutta la forza comica delle origini, grazie a un sottile gioco di attualizzazione di codici, meccanismi e ritmi che portano alla risata senza snaturare l’opera. La trama, i personaggi che si rincorrono sul palcoscenico e i formalismi delle convenzioni sociali sono immutati, solo i dialoghi sono leggermente asciugati per ridurre a soli novanta minuti tutti i tre atti previsti da Goldoni, pur mantenendo il sapore arcaico di un modo di parlare che valorizzi la musicalità di una lingua oggi davvero troppo strapazzata.
La storia è trasposta all’era moderna, in quegli anni Ottanta che d’Elia sovente evoca nei suoi spettacoli. La colonna sonora è Amoureux solitaires di Lio che nel 1980 ha scalato le classifiche di mezzo mondo, un brano decisamente non scelto a caso perché in quella richiesta di parole amore, necessarie per sollevare una vita triste, pur consapevoli che sono una bugia, c’è un po’ l’essenza dell’atteggiamento della bella locandiera che, fedele alla regola del “cliente ha sempre ragione”, concede ai suoi ospiti di illudersi di far breccia nel suo cuore.
Eh toi, dis-moi que tu m’aimes
Même si c’est un mensonge
Et qu’on n’a pas une chance
La vie est si triste
Dis-moi que tu m’aimes
Tous les jours sont les mêmes
J’ai besoin de romance
Un’evocazione resa ancor più evidente dai costumi in vinile e da una scenografia che, con le pareti fucsia e i mobili bianchi, evoca i canoni estetici sfacciatamente vivaci e vistosi del periodo. Nella locanda fiorentina, il cui arredatore pare essersi ispirato più alla casa di Barbie che al design di Sottsass, fa capolino, rigorosamente di rosa vestita e con i capelli biondo platino, Chiara Salvucci in modalità Barbie locandiera, accompagnata dal fido aiutante Fabrizio che, come Ken suo eterno fidanzato, indossa una giacca smanicata per mettere in mostra le braccia scolpite da ore di palestra.
L’apparenza fornita dall’insieme di tutti questi riferimenti, come è giusto che sia in un gioco, è tuttavia fuorviante. Mirandolina non è una donna oggetto: è piuttosto lei che si diletta con i suoi ospiti, in costante competizione tra loro per conquistarne il cuore, lusingandoli dolcemente affinché, delusi, non si dicano insoddisfatti della locanda, mantenendosi professionale nel salvaguardare il confine tra la gentilezza e il decoro, tra il lavoro e il privato.
Quale affronto per una donna emancipata e orgogliosa come lei la freddezza – al limite della scortesia – con cui il nuovo arrivato, il Cavaliere di Ripafratta, allontana da sé tutte le esponenti del gentil sesso, rivendicando con fermezza la propria refrattarietà all’amore. Mirandolina, alternando indifferenza a languidi sospiri, deliziosi manicaretti – perché, come si suol dire, l’amore passa anche dallo stomaco – e plateali svenimenti, dimostra di ben conoscere le strategie messe a punto dalle donne in millenni di storia.
Nessuna cattiveria, nessuna avidità o altro fine: Mirandolina semplicemente gioca, rivendicando la propria libertà di non lasciarsi intimorire o prevaricare, di decidere cosa fare nella vita e a chi donare il proprio cuore, di costruire la propria fortuna lavorando e non contraendo un matrimonio vantaggioso. Una bella lezione di vita che, a quanto pare, è necessario proporre ancora oggi quale esempio alle nuove generazioni e, ancor più, alle vecchie. Un applauso a Chiara Salvucci per conferire al personaggio quella leggerezza necessaria a non farlo cadere nel caricaturale o nel volgare e a non snaturarne il proposito iniziale.
La locandiera si sviluppa con brio, tra schermaglie e tormentoni, con un cast che dà vita a quadri dall’alto coefficiente comico, con i signori uomini che si sfidano a colpi di battute taglienti, titoli altisonanti e regali pregevoli per il cuore di Mirandolina o, in alternativa, per quello di Ortensia e Dejanira, due vivaci commedianti, due allegre comari presentatesi quali nobildonne, interpretate rispettivamente da Tino Danesi e Andrea Tibaldi. Daniele Ornatelli è l’arrogante Conte d’Albafiorita, convinto con il proprio denaro di poter comprare tutto e tutti, il cui principale passatempo consiste nel mettere in difficoltà il povero – di nome e ormai anche di fatto, per quanto lui si rifiuti di ammetterlo – Marchese di Forlipopoli impersonato da un Gianni Quillico in autentico stato di grazia. In disparte ma non troppo se ne sta Marco Brambilla, nei panni di Fabrizio, a tutelare il buon nome della padrona e a rodersi di gelosia.
In siffatto bailàmme di contendenti e donzelle risalta il Cavaliere di Ripafratta di nero vestito, un colore che sin dal suo ingresso in scena serve per indicare al pubblico che lui sarà – se così si può dire – il guastafeste di turno. A Corrado d’Elia l’onere di interpretare il Cavaliere obbligato da Mirandolina a un percorso di crescita umana alla scoperta di nuovi, insospettabili, aspetti del proprio carattere. Sarà amore? Questo è tutto da scoprire a teatro, quello che è assodato è che Mirandolina, sin dall’ingresso dell’uomo in scena, sa come andrà a finire.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
MTM Teatro Leonardo
via Andrea Maria Ampère, 1 – Milano
fino a domenica 19 febbraio 2023
orario: martedì – sabato 20.30
domenica 16.30
www.mtmteatro.itLa locandiera
di Carlo Goldoni
con Marco Brambilla, Tino Danesi, Corrado d’Elia, Daniele Ornatelli, Gianni Quillico, Chiara Salvucci, Andrea Tibaldi
regia Corrado d’Elia
costumi Stefania Di Martino
audio e luci Matteo Gobbi
foto di scena Paolo Carlini
organizzazione Afra de Santi
produzione Compagnia Corrado d’Elia
durata 90 minuti