Lottando affinché la morte ci separi

Una favola moderna che pone domande sulla vita e sulla morte con delicata poesia. E le risposte si trasformano in metafore sceniche. Questo l’Orfeo ed Euridice, firmato da César Brie.

Certe tematiche sono difficili da affrontare, vuoi per le polemiche che sollevano, vuoi per i ricordi dolorosi che risvegliano nel profondo del nostro cuore. Risulta allora molto più semplice parlare per metafore e raccontare una bella favola.
La storia di Orfeo ed Euridice affonda le radici nei miti dell’antica Grecia, nelle Metamorfosi di Ovidio, ma la magia dell’amore che non teme il regno dei morti ha affascinato, nei secoli, un largo numero di artisti, dai pittori ai musicisti, consegnandoci opere immortali quali il capolavoro barocco firmato da Claudio Monteverdi.
Il testo di César Brie, attualmente proposto al Teatro Elfo Puccini di Milano, con la toccante interpretazione di Giacomo Ferraù e Giulia Viana, è una versione attualizzata del mito in cui l’Ade non è il regno dei morti ma un limbo doloroso dove stanziano i pazienti in coma e, con loro, i familiari condannati o a una lunga attesa o a un’impari lotta contro la burocrazia sanitaria. Caronte, “quello della barca”, seduto su una poltrona, in sala d’attesa, conversa con il pubblico mentre attende il prossimo passeggero che dovrà traghettare verso l’oblio.
Lo sviluppo narrativo ha un inizio comico, che serve quasi a far rilassare il pubblico, a ben disporlo verso la veloce concatenazione di eventi che fa scivolare le vite di Giacomo e Giulia nel dramma. Prima di trasformarsi in Orfeo ed Euridice, prima che il loro amore sia messo a dura prova, esistono solo due giovani che raccontano le tappe – a tratti impacciate – del proprio percorso insieme: lo fanno con dolcezza ed entusiasmo, sorridendo delle perplessità perché è da queste che la loro unione ha tratto ancora più forza.
Ma cosa succede quando, d’un tratto, si resta soli a combattere per difendere le idee di chi non c’è più? In un calvario lungo anni – anzi, decenni – il moderno Orfeo lotta per accompagnare la sua Euridice nel regno dei morti, consegnandola al mondo cui ora apparterrebbe se non fosse per l’ottuso accanimento terapeutico di medici e burocrati che difendono la vita anche quando questa è ridotta al mero movimento meccanico degli organi interni. L’amore non è fatto solamente di momenti felici ma anche di quei piccoli gesti di accudimento quotidiano, del capire e difendere le idee dell’altro anche quando impongono scelte difficili e dolorose. L’amore, in fondo, è prima di tutto una forma di rispetto dell’altro, della sua individualità e dei suoi pensieri e, per questo, Orfeo, con la disperazione nel cuore, lotta per esaudire le volontà espresse da Euridice quando la sofferenza era ancora lontana.
Nella versione classica Orfeo, sceso nell’Ade per riportare Euridice con sé nel mondo dei vivi, stringe un patto con Ade: la sua amata lo seguirà sino all’uscita e potrà restare con lui a condizione che, durante il percorso, non si volti mai per verificarne la presenza. Nell’opera firmata da  Brie, Orfeo cerca disperatamente di voltarsi, consapevole del significato del gesto, ma pure conscio che Euridice non si sveglierà mai più dallo stato vegetativo in cui è sprofondata dopo un violento incidente automobilistico. «Lasciarla andare significa ucciderla? O è il canto di amore più straziante? Il gesto più puro, l’amore che si afferma nella perdita?»
Scenografia e costumi, spartani come non mai, sono al dichiarato servizio della narrazione: asciutta ed efficace – in grado di colpire ciascuno dei presenti in sala. Invero Orfeo ed Euridice tocca con delicata poesia tutti gli aspetti della questione: il rispetto verso quanti decidono di sperare; le ragioni dei medici che si rifiutano di “uccidere” un essere umano sebbene la persona non ci sia più; i lunghi calvari giudiziari (quali quello della famiglia Englaro) e, infine, dopo anni di lotta, il momento più difficile di tutti, l’addio. A prescindere dall’orientamento religioso, morale e, perché no, politico, le menti corrono alle battaglie per l’eutanasia combattute in anni recenti e di cui si è dibattuto – spesso con poca cognizione di causa – a lungo sui media. Da quei casi clamorosi traggono forza gli appelli al Parlamento affinché anche l’Italia si doti di una legge per legalizzare l’eutanasia e riconoscere il testamento biologico, sollevando i familiari da lunghi calvari e meste fughe all’estero nella speranza di far riacquistare ai malati la dignità di cui hanno diritto. Esiste già il “Progetto di legge d’iniziativa popolare rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia” – si tratta di un’iniziativa pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.298 del 22 dicembre 2012 – ma sinora, i rappresentanti del popolo sembrano essere stati troppo impegnati su altri fronti per affrontare tale basilare argomento – messo da parte, come sempre avviene in Italia quando si parla di diritti civili.

Silvana Costa


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Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – sala Bausch
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a domenica 22 febbraio
orari feriali ore 19.30, festivi ore 15.30
www.elfo.org

Orfeo ed Euridice
testo e regia César Brie
con Giacomo Ferraù e Giulia Viana
musiche Pietro Traldi
costumi Anna Cavaliere
disegno luci Sergio Taddo Taddei
produzione Teatro Presente / Eco di fondo
selezione Premio INBOX 2014