L’ultimo rifugio

Raphael Bianco 1Un appuntamento irrinunciabile attende gli amanti della danza contemporanea: fino a domenica è in scena a Milano l’ultima performance firmata da Raphael Bianco.

Mentre al Teatro Elfo Puccini va in scena la rassegna internazionale di danza MilanOltre, lo Spazio Tertulliano ospita EgriBiancoDanza, una delle più importanti compagnie italiane, per uno spettacolo indimenticabile. L’ex edificio industriale trasformato in teatro, con il palcoscenico profondo e le travi portanti del soffitto a vista, ben si adatta ad evocare lo scenario per cui è stato originariamente concepito Fuga. L’ultimo rifugio. La performance ha debuttato lo scorso luglio a Roma nel Parco di Villa Pamphilj, nell’ambito della rassegna Invito alla Danza, per poi essere rappresentata nel bunker del Monte Soratte: lo sfondo che ha ispirato a Raphael Bianco la coreografia. Oltre quattro chilometri di gallerie, scavate nel monte su ordine di Mussolini, progettate con l’intento di accogliere e proteggere gli alti gradi del Regio Esercito, nel 1943 sono attrezzate per ospitare il quartier generale nazista. I militari, comandati dal Feldmarescillo Albert Kesserling, stanno rinchiusi nelle viscere del monte per mesi e il riparo che salva loro la vita dagli attacchi aerei si trasforma lentamente in un’angusta prigione.
Raphael Bianco crea un parallelismo tra le situazioni del secondo conflitto mondiale e la contemporaneità in cui il terrore è diffuso tra la popolazione ad ogni latitudine, in cui le persone sono angosciate da attentati che, con fine dimostrativo, seminano morti tra gli innocenti rendendo sempre più evidente il fatto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale mai dichiarata. Entrando in sala siamo accolti dai visi sgomenti dei danzatori che, lentamente, muovendosi silenziosamente e con fare circospetto tra il pubblico, cercano rifugio nella zona di sicurezza segnata dalle assi del palcoscenico. La musica di Ivan Bert accompagna i loro passi e si insinua sotto pelle e, come veleno che scorre nelle vene, infonde un senso di ansia ed angoscia che paralizza il pubblico sulle poltrone. I livelli di entropia registrati nello spazio ristretto del rifugio sono altissimi eppure, per uno spirito di solidarietà che accomuna i sopravvissuti all’ennesimo attacco, la moltitudine di persone qui costrette a convivere impara a danzare in perfetta sincronia, come in un minuetto di Bach. Prese forti, passi a due eseguiti con piena fiducia nel partner, leggerezza nei movimenti che sembra lasciar intendere una ritrovata serenità.
L’equilibrio dura poco, la claustrofobia e l’assenza di notizie attendibili dall’esterno trasformano il rifugio sicuro in una prigione opprimente da cui diviene necessario evadere. In fondo, come ammonisce la voce narrante fuori campo, “peggio della paura c’è solamnete il rimorso di non aver tentato la fuga“. Verso il sole, verso l’aria limpida, verso la libertà ma anche verso la verità. Si può sempre attendere che giungano i soccorsi ma se arrivassero troppo tardi? Se non giungessero del tutto? Meglio dunque esplorare lo spazio alla ricerca di pertugi nascosti, di fessure da poter allargare con le nude mani, di pareti sottili da abbattere a spallate come belve in gabbia. Passi sulle punte e jete sono eseguiti con quelle stesse scarpe da ginnastica che servono ai ballerini per scalare agilmente i corpi dei compagni di prigionia nel disperato tentativo di fuga.
Silvia Giulia Mendola accompagna le movenze dei danzatori raccontando una delle tante storie di sopravvissuti alla ferocia bellica grazie all’aiuto di persone che li hanno nascosti – a rischio della propria vita – in attesa del momento opportuno per fuggire oltre la linea di confine. Il grande sforzo necessario a controllare il tono e la velocità delle parole che escono dalla bocca è pari a quello compiuto, a livello psicologico, per controllare la paura, evitando che prenda il sopravvento e impedisca, nei momenti più drammatici, di valutare le azioni da compiere.
La colonna sonora dallo spettacolo è firmata da Ivan Bert che ha combinato la spensieratezza della musica barocca con i ritmi sincopati della musica elettronica. Non nuovo alla composizione di brani per la compagnia EgriBiancoDanza, torinese come lui, Bert – come ci ha raccontato nel corso dell’intervista dello scorso marzo – riesce a dar vita a suggestivi brani che riempiono gli spogli spazi della rappresentazione, attivando la fantasia del pubblico in sala. Così facendo i muri dello Spazio Tertulliano diventano le gallerie del Monte Soratte o, preferendo un’ambientazione contemporanea, la cella frigorifera di un supermercato kosher parigino dove lo scorso gennaio un gruppo di clienti ha trovato riparo dalla furia omicida di un terrorista jihadista e i lievi passi di danza simboleggiano la speranza per tempi migliori.

Silvana Costa

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Lo spettacolo continua:
Spazio Tertulliano
via Tertulliano 68 – Milano
fino a domenica 27 settembre 2015
orario spettacoli: da giovedì a sabato ore 21.00, domenica ore 16.30
www.spaziotertulliano.it

Fuga
L’ultimo rifugio
spettacolo di danza contemporanea           
compagnia   EgriBiancoDanza
danzatori Elisa Bertoli, Maela Boltri, Vanessa Franke, Vincenzo Criniti, Vincenzo Galano, Cristian Magurano, Alessandro Romano
direzione artistica Susanna Egri, Raphael Bianco
ideazione e coreografia Raphael Bianco
assistente alle coreografie Elena Rolla
musica Ivan Bert, J.S. Bach
luci Amilcare Canali
video Stefano Rogliatti
costumi Melissa Boltri
testi testimonianze di una sopravvissuta della II guerra mondiale
voce fuori campo Silvia Giulia Mendola
produzione Fondazione Egri per la danza
in collaborazione con Festival Invito alla Danza
www.egridanza.com