Luca Toracca e Ivan Raganato vestono i panni di due barboni alle prese con un colpo importante, non abbastanza da cambiar loro la vita ma sufficiente a garantirgli cibo per svariati giorni. Un’opera amara, capace di descrivere il grande divario sociale venutosi a creare in quest’alba di nuovo millennio, eppure illuminata da momenti di brillante arguzia e tagliente ironia.
Il Teatro Elfo Puccini di Milano rende omaggio alla memoria di Antonio Tarantino, il pluripremiato drammaturgo italiano scomparso nella primavera del 2020, portando in scena Lustrini. L’opera offre un amaro per quanto realistico affresco della contemporaneità, di un mondo diviso tra persone sempre più ricche e altre sempre più povere, come Lustrini e Cavagna i due barboni protagonisti dello spettacolo.
Lustrini e Cavagna da anni uniscono le proprie esistenze per far fronte comune alla vita di strada. Si conoscono infatti da tempo memorabile e insieme hanno compiuto mille peripezie per racimolare i pochi soldi necessari almeno a sfamarsi. Sono due persone caratterialmente agli antipodi e per questo complementari: la ragione e l’impulsività di un duo obbligato dagli acciacchi dovuti all’età e al vagabondaggio a fare sempre più spesso affidamento sull’astuzia più che sulla destrezza. Cavagna è una persona indurita dalla vita per strada, sanguigna e rozza, con la testa affollata di preconcetti tali da indurlo a bullizzare Lustrini, offendendolo per la propria omosessualità e deridendolo per gli studi classici compiuti dai preti. Lustrini dal canto suo tollera sbotti d’ira e battute pesanti conscio dell’affetto di Cavagna che, in tanti anni di avventure, nei momenti del bisogno si è preso cura di lui, salvandogli in più occasioni la vita.
La storia inizia una sera come tante: è inverno ma, nonostante il freddo, sulla panchina davanti a una nota casa di cura i due uomini sono appostati in attesa di mettere a segno il colpo perfetto a spese di uno dei luminari. Il pubblico ascolta in silenzio Cavagna e Lustrini perfezionare ogni dettaglio del piano, studiare le frasi migliori per approcciare la vittima e catturare la sua attenzione, bisticciare, completarsi le frasi a vicenda o correggersi l’un l’altro mentre con la coda dell’occhio non perdono di vista l’obiettivo.
Il pubblico ride di gusto ai loro battibecchi ma è tuttavia una risata dal retrogusto amaro. Le batture scritte da Antonio Tarantino, giocando ora su bisticci linguistici ora descrivendo errori grossolani commessi in furti precedenti, sono innegabilmente divertenti, condite con quel linguaggio colorito che già da solo fa sollevare gli angoli della bocca in un sorriso.
La situazione di fondo è però drammatica, l’autore dà voce in scena agli ultimi della società, a persone disilluse da un sistema cui ora si rifiutano di chiedere aiuto, talmente abbruttite da perdere il rispetto di sé e non curarsi del proprio aspetto e, come più volte ironizzano, del proprio odore. Lustrini inoltre appare molto provato fisicamente e il suo viso si storce in una smorfia di sofferenza già al solo parlare.
Luca Toracca è straordinario in veste di regista nel dosare i tempi, i registri e i ritmi della recitazione, a sottolineare le varie fasi in cui evolve la vicenda in quell’angolo di mondo, riparato da occhi curiosi, ricreato da Ferdinando Bruni. Bruni, autore in questa occasione di scene e costumi, offre una visione grigia della città che svetta indifferente intorno ai due uomini. La panchina è circondata da sacchi di immondizia e giornali vecchi eppure non considerati alla stregua di spazzatura ma di preziosa materia prima per Lustrini, da un lato per sentirsi parte della società, dall’altro per trarre spunto per i propri lavori.
Il regista ritaglia per sé il ruolo di Lustrini conferendo all’uomo la delicata eleganza degli animi nobili che nemmeno le avversità della vita riescono a dirimere. I movimenti sono lenti e misurati, come quelli di chi, ormai senza forza, soppesa con cura la necessità di ogni azione e l’ottimizzazione di ciascun gesto per risparmiare le energie in vista dell’importante missione che lo attende: non vuole certamente rinunciarvi, finendo per dimostrarsi un peso per il compagno. Ivan Raganato è intenso nei panni di un Cavagna irascibile e violento, sia nelle parole sia purtroppo nei gesti, per quanto in più occasioni dimostri di tenere al sodalizio con Lustrini, denunciando affetto e gratitudine per tutte le volte che lo ha cavato d’impiccio.
La coppia di attori convince nei ruoli assegnatigli e riesce a creare sul palco il complesso rapporto tra i due protagonisti inducendo il pubblico a ridere alle loro schermaglie ma pure a versare qualche lacrima. Lustrini, al di là dell’esito del piano e del vivace scambio di brillanti stoccate, è una tragedia: la tragedia del grande divario sociale oggi esistente – che fa sì che quello che per Cavagna costituirebbe un’autentica fortuna per il luminare, in fondo, non è che poca cosa – ma pure dell’emarginazione dello straniero e della derisione dell’omosessualità, indice di grande chiusura mentale nei confronti del diverso da sé.
L’opera è in scena al Teatro Elfo sino al 22 gennaio, suggeriamo a quanti ne abbiano la possibilità di non perdere questo piccolo grande capolavoro dei giorni nostri: un esempio di buon, ottimo, teatro e un invito a guardarsi attorno per cogliere avvisaglie di un disagio sociale destinato ad acuirsi.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini – sala Bausch
c.so Buenos Aires 33 – Milano
fino a domenica 22 gennaio 2023
orario: martedì – sabato 19.30
domenica 15.30
www.elfo.orgLustrini
di Antonio Tarantino
regia Luca Toracca
scene e costumi Ferdinando Bruni
con Luca Toracca, Ivan Raganato
produzione Teatro dell’Elfo
durata 1 ora e 15 minuti
prima nazionale