Al Piccolo di Milano va in scena l’imponente restituzione teatrale del primo capitolo della saga dedicata da Antonio Scurati alla figura di Benito Mussolini. Tra cinegiornali d’epoca e meticolose ricostruzioni documentali, nella penombra del palcoscenico, l’uomo e il personaggio pubblico combinano le proprie doti per dare la scalata al potere.
Il 14 settembre è arrivato in libreria M. Gli ultimi giorni dell’Europa, il terzo capitolo della saga in cui Antonio Scurati racconta la parabola compiuta da Mussolini, dalla fondazione dei Fasci italiani di combattimento alla morte. Sono passati esattamente quattro anni dalla pubblicazione della prima parte, M. Il figlio del secolo, un libro che a oggi è stato tradotto in 46 paesi e ha venduto oltre 600.000 copie, collezionando premi prestigiosi tra cui l’ambito Premio Strega nel 2019 e, mentre SKY ha in cantiere una serie televisiva, Massimo Popolizio è protagonista di una straordinaria riduzione teatrale che vanta la collaborazione alla drammaturgia di Lorenzo Pavolini.
Lo spettacolo condensa in tre ore le azioni compiute da Benito Mussolini nell’arco di tempo intercorso tra il 23 marzo 1919, quando fonda ufficialmente i Fasci di combattimento, e il discorso pronunciato alla Camera dei Deputati il 3 gennaio 1925 in occasione della crisi scatenata dall’omicidio di Giacomo Matteotti. Un discorso passato alla storia, durate il quale M. si addossa la responsabilità dell’episodio: “Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. […] Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato”. In scena, Massimo Popolizio nelle vesti di Benito “il teatrante” – con i guanti bianchi e la mimica accentuata come un consumato artista di varietà – aggiunge che si farà carico da quel momento della “croce del potere” che tutti rifuggono: è questa la grottesca pantomima con cui si apre e pure termina la trasposizione teatrale di M. Il figlio del secolo. All’interno di un percorso narrativo che si viene a chiudere ad anello si succedono una trentina di quadri, corrispondenti ad altrettanti episodi della vita pubblica e privata di M., a marcarne l’irto percorso verso Roma spinto dai malumori di natura irredentista da un lato e sociale dall’altro.
L’allestimento è grandioso, degno di un musical di Broadway, a rendere accattivante un dramma storico che in molti tentano di ignorare, rimuovere o, almeno, riscrivere. L’ampio palcoscenico del Piccolo Teatro Strehler di Milano accoglie la scenografia mobile progettata da Marco Rossi che gli attori compongono e scompongono a creare ambienti diversi per ogni quadro, talvolta posizionando al centro le strutture gradonate affinché le signore in toilette da gran sera o acclamati eroi di ritorno dall’impresa fiumana scendano leggiadri la scalinata come la mitica Wanda Osiris o M. la salga veloce come la sua ascesa politica. Non sono meno curati i costumi disegnati da Gianluca Sbicca, si tratti delle vesti semplici dei militanti socialisti, delle divise militari, dei completi tre pezzi da giorno per gli uomini o degli abiti femminili, aderenti alla moda del periodo e in colori sobri, in linea con le tonalità della scenografia e con le immagini seppiate dei cinegiornali d’epoca. Una produzione imponente che vanta la collaborazione, a fianco di Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa e Teatro di Roma, della società Luce Cinecittà, custode del patrimonio dello storico Archivio Luce e promotrice di molti successi del cinema italiano.
In un simile contesto fanno bella mostra di sé personaggi quali Filippo Tommaso Marinetti, Guido Keller e Gabriele D’Annunzio a supporto degli ideali fascisti; Italo Balbo che mette a punto le strategie del terrore a iniziare – si dice – dall’adozione dell’olio di ricino; Nicola Bombacci, Pietro Nenni e Giacomo Matteotti (Raffaele Esposito) che osano opporsi all’escalation di imbrogli e violenze perpetrati dai fascisti. La figura di Matteotti trascina con sé una folta schiera di personaggi minori ma imprescindibili tra cui la moglie Velia Titta e il gruppo dei suoi assassini composto da Augusto Malacria, Giuseppe Viola, Amerigo Dumini e Albino Volpi. A margine le grandi masse di popolazione scontenta, dai contadini del Polesine agli operai delle grandi città che, creando grande sgomento tra gli spettatori della marcia di protesta, non solo consentono alle donne di partecipare ma le pongono pure in testa al corteo.
A Rachele, emblema dei valori famigliari nella sua duplice veste di moglie e madre, fanno da contraltare la giovane segretaria, allusione della passione di M. per le giovani – anzi, giovanissime – fanciulle, la sventurata Ida Dalser condannata a finire i propri giorni in manicomio per troppo essersi aspettata dall’uomo con cui ha generato un figlio, la grottesca contessa Giulia Mattavelli (la camaleontica Beatrice Verzotti) consegnata alla storia per la consuetudine di porsi a capo di spedizioni punitive contro i dissidenti pavesi e Margherita Sarfatti (Sandra Toffolatti), donna colta, altolocata e influente, autentica artefice della trasformazione dell’uomo da rozzo reduce della Prima Guerra Mondiale a elegante statista in grado di conquistarsi il favore dell’alta società. Per la Sarfatti, così come per molte delle altre donne che solcano la vita di M., esaurito il proprio ruolo cala il sipario: è struggente il monologo in cui Sandra Toffolatti come un fiume in piena spezza gli argini delle convenzioni sociali e urla rabbia, delusione e disgusto. Parole nel vuoto in un mondo ancora prettamente maschilista come dimostra Benito “il teatrante” che sale sul palco subito dopo di lei e si esibisce in un siparietto danzereccio per stemperare gli animi in sala e preparare il pubblico ai successivi, tragici eventi. Il teatrante, il comico, l’intrattenitore ovvero la presenza costante e a tratti inquietante che si palesa nei momenti più inattesi ad allentare la pressione e dirottare l’attenzione su temi leggeri quando le accuse si fanno pesanti.
Il senso di tragedia imminente e la violenza sono una costante dello spettacolo: inutile negarlo. La Storia è – o, meglio, dovrebbe essere – nota a tutti quanti eppure questa trasposizione teatrale che, a tratti, strizza l’occhio alla commedia musicale risulta comunque capace di sorprendere il pubblico e tenerne ben desta l’attenzione per tutta la durata dello spettacolo. È, in fondo, la stessa strategia alla base del romanzo di Scurati, concepito per far presa sul lettore con una scrittura lieve per quanto basato su un accurato studio dei documenti d’epoca e dei discorsi del Duce e, per questo, definito in più occasioni dall’autore “romanzo documentario”. A tal proposito ricordiamo che il 27 ottobre cadono i 100 anni dalla Marcia su Roma e in M. Il figlio del secolo Scurati alza il velo a mostrare come le grandi ambizioni del regime si impantanino sotto una pioggia torrenziale sufficiente a spegnere i bollori di tanti militanti che preferiscono il tepore domestico alla gloria. Tale dicotomia tra mito e realtà è appunto efficacemente resa sul palco dalla presenza dei due M., un escamotage che oggi più che mai, in un’epoca di sovrainformazione, dovrebbe indurre le persone a farsi largo tra opinioni e interpretazioni per scoprire i fatti effettivamente accaduti ed elaborare un pensiero originale.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Piccolo Teatro Strehler
Largo Greppi 1 – Milano
fino a domenica 16 ottobre 2022
orari: martedì – sabato 19.30
domenica 16
lunedì riposo
www.piccoloteatro.orgM. Il figlio del secolo
uno spettacolo di Massimo Popolizio
tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati
collaborazione alla drammaturgia Lorenzo Pavolini
con Massimo Popolizio, Tommaso Ragno, Sandra Toffolatti, Paolo Musio, Raffaele Esposito, Michele Nani, Tommaso Cardarelli, Alberto Onofrietti, Riccardo Bocci, Diana Manea, Michele Dell’Utri, Flavio Francucci, Francesco Giordano
e con Gabriele Brunelli, Giulia Heathfield Di Renzi, Francesca Osso, Antonio Perretta, Beatrice Verzotti
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
suono Sandro Saviozzi
video Riccardo Frati
movimenti Antonio Bertusi
produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, Teatro di Roma, Luce Cinecittà
in collaborazione con il Centro Teatrale Santacristina
durata 180 minuti incluso intervallo
premio Le Maschere del Teatro Italiano 2022 al migliore spettacolo e al migliore disegno luci