Macbeth

Il Macbeth, in scena al Piccolo Teatro Strehler, sorprende per la modernità con cui riesce a portare in scena, in una continua altalena tra pensiero e azione, la parte più oscura di ciascuno di noi.
Non è raro vedere le opere di William Shakespeare spostate nel tempo e nello spazio, lontano dall’ambientazione originale, ma la versione di Macbeth messa in scena da Andrea De Rosa ci colpisce. E non poco! Il dramma è trasposto nella contemporaneità monocromatica di un’Europa attraversata da guerre dove, all’interno di una dimora che strizza l’occhio alle case della borghesia milanese, tre inquietanti bambole stuzzicano i desideri di gloria di Macbeth, barone di Glamis e della di lui consorte.
L’adattamento di De Rosa è molto fedele all’originale di epoca elisabettiana: porta in scena la più breve tra le tragedie del bardo con una gran profusione di attori, ma si differenzia dagli altri per la presenza di tre inquietanti bambole che non si limitano a sedere composte come facevano quelle sul letto della nonna. Costoro – sì perché sono dotate di parola quindi, si ipotizza, vita – ricoprono innanzitutto il ruolo delle streghe della versione shakespeariana, alternandosi poi nei panni simbolici dei figli mai nati della coppia omicida e talvolta sopperendo all’assenza di coscienza dei protagonisti.
Dalle poltrone il pubblico assiste ad una versione molto introspettiva di Macbeth, dove tutti i personaggi vivono una grande crisi interiore: il principe Malcom, figlio del re di Scozia assassinato, non cessa di cantilenare “chi sono io?”; Lady Macbeth altalenante tra violenza e dolcezza, determinazione e fragilità mentre il suo sposo non riesce a conciliare la brama di potere col tormento per le vite sacrificate.
“Lontano da qualunque anacronistica tentazione  psicanalitica, penso che sia lì, nel dire i propri sogni e desideri, che il lato oscuro di Macbeth prende forma (nella raffinata indagine psicologica medievale si fa chiaro che nei sogni non si agisce, ma si viene agiti). È lì che il lato più misterioso dell’esistenza si affaccia, in forma di visione, di felicità, di terrore”. In queste parole di De Rosa risiede la scelta come protagonista di Giuseppe Battiston la cui presenza fisica – così lontana dallo stereotipo del prode guerriero – ben si adatta ad eviscerare l’aspetto insicuro e titubante dell’uomo roso dalla propria coscienza, in balia di sbalzi d’umore e visioni che ne condizionano la vita sociale ed affettiva. Battiston porta mirabilmente in scena un personaggio dei giorni nostri, perennemente dibattuto tra pensiero e azione, tra ambizione e senso di giustizia, finendo per sentirsi intrappolato in una rete di incubi soffocanti, vittima di un ingranaggio infernale di fronte al quale il libero arbitrio deve arrendersi. La musica, cui si accompagna l’ossessivo tamburellare delle dita di Seyton, sottolinea i momenti decisionali topici in cui Macbeth è in balia dei pensieri più sanguinari.
Frédérique Loliée presta la voce forte e ferma ad una Lady Macbeth estremamente dura, preda di una fortissima nevrosi – visto il carattere estremamente introspettivo della messa in scena non si poteva non citare Freud – che la porta ad istigare il molle marito affinché faccia avverare la seconda premonizione della bambole e diventare regina. Più che il rimorso è la feroce lotta contro il destino, che le impedisce il pieno godimento dello status reale, perseguitata dai fantasmi di chi ha voluto morto e dall’angoscia per la mancata maternità.
Lunghi minuti di applausi hanno accolto, oltre ai due protagonisti, il cast al completo: Ivan Alovisio – Banquo, Marco Vergani – Ross, Riccardo Lombardo – Macduff, Stefano Scandaletti – Malcolm, e Gennaro Di Colandrea – Seyton.  Confessiamo che tra loro però, ci ha molto suggestionato il monologo di Valentina Diana nella struggente parte di Lady Macduff, affranta per la sorte dei figli più che per la propria imminente morte, in netta contrapposizione a Lady Macbeth.
Chiudiamo con un plauso a coloro che hanno contribuito alla messa in scena, curando dai costumi al suono, dall’allestimento alle luci costruendo la capsula atemporale che ha ospitato le sventurate vicende suggerite dalle parole di tre bambole.

Silvana Costa

Lo spettacolo continua:
Piccolo Teatro Strehler
largo Antonio Greppi, 1– Milano
fino a domenica 3 marzo
www.piccoloteatro.org

Macbeth
di William Shakespeare
traduzione Nadia Fusini
adattamento e regia Andrea De Rosa
con Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio, Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea
spazio scenico Nicolas Bovey e Andrea De Rosa
costumi Fabio Sonnino
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”
durata 2 ore e 15 minuti senza intervallo

Eventi collaterali:
incontro con Giuseppe Battiston e con la compagnia dello spettacolo
giovedì 21 febbraio 2013, ore 17.00
chiostro del Teatro Grassi
via Rovello, 2 – Milano