Debutta in prima nazionale a Milano Medea, una strega, la tragedia riscritta da Filippo Renda a partire dall’originale di Euripide.
Quando le porte del Teatro Litta di Milano si aprono si scorgono sul palcoscenico gli attori ballare seminudi in cerchio, a guisa di primitivi nell’atto di rendere omaggio a Ecate, la potente dea dell’oscurità e delle arti magiche. L’ingresso del pubblico in sala li interrompe inducendoli a compiere un balzo in avanti di alcuni secoli, calarsi nel ruolo del coro di una tragedia greca e invocare nuovamente la dea affinché protegga Medea: re Creonte le ha appena fatto consegnare l’ordine di esilio da Corinto. Sono passati alcuni anni da quando la principessa della Colchide e il suo sposo Giasone vengono accolti da Creonte come eroi ma ora tutto è cambiato: il marito l’ha ripudiata per unirsi in nuove nozze con Glauce, la figlia del re, e la donna è relegata a vivere seminascosta alla periferia della città.
Filippo Renda con Medea, una strega esalta l’universalità e l’attualità del testo di Euripide, imponendo ai personaggi di gridare a piena voce l’uguaglianza tra gli esseri umani, a prescindere dalla terra d’origine, dalla religione, dal sesso e dallo stato civile. Medea infatti, ritrovatasi privata del marito, viene emarginata dalla gente di Corinto che d’improvviso ne rivaluta i trascorsi e, ricordandosi della rocambolesca fuga con gli Argonauti, la riclassifica da salvatrice a barbaro mostro fratricida, a inopportuna profuga giunta dal mare, da sacerdotessa della dea Ecate a strega. È la paura del diverso e di quanto non si riesce a comprendere che muove gli abitanti di quella che si ritiene una civiltà raffinata ed evoluta, a iniziare dal re che, temendo Medea si vendichi per il trattamento che le sta riservando, trova più sicuro allontanare lei e i figli avuti da Giasone.
Medea a questa ennesima umiliazione decide di non continuare a piegare il capo e punire tanto Creonte quanto Giasone, privandoli dei rispettivi figli: il bene più grande che essi posseggano.
Alice Spisa interpreta Medea conferendole quella straordinaria risolutezza indispensabile per portare a termine il piano omicida, mettendo in mostra tutte le risorse cui una donna può attingere per manipolare le persone intorno a sé e, con esse, la propria sorte. Al suo fianco Salvatore Aronica, Gaia Carmagnani, Sarah Short e Filippo Renda che riserva per sé il ruolo di un Giasone assolutamente inetto e inutile, di un uomo che è ormai solo l’ombra dell’eroe che fu, un opportunista sospeso tra quanto offertogli dal nuovo suocero e il rancore verso la prima moglie. Un’impotenza enfatizzata nella scena finale in cui urla come un cane al cielo mentre Medea, a bordo del carro alato del dio Sole, con i cadaveri dei figli penzolanti nel vuoto, vola verso Atene dove potrà contare sulla protezione di re Egeo.
Il volo finale di Medea, illuminato dalla luce dell’alba mentre il sipario lentamente si chiude, è il suggestivo coronamento di uno spettacolo coinvolgente, non solo in termini di trama ma pure di allestimento scenico. Eleonora Rossi, assecondando il visionario progetto di regia di Filippo Renda, non crea un fondale per il palcoscenico, lasciando in vista il retropalco e il sistema di carrucole della torre scenica utilizzato per ricreare letteralmente il ἀπὸ μηχανῆς θεός, il deus ex machina della tragedia greca in cui la divinità scende in terra a salvare il proprio protetto dalle avversità.
La scena contempla al centro la presenza dei pochi oggetti, utili alla narrazione degli eventi, tra cui due rami artificiali scelti a simboleggiare i figli di Medea e Giasone. Ai lati due tamburi percossi a turno dagli attori scandiscono il ritmo, marcano i passaggi tra le varie scene di Medea, una strega e ne enfatizzano i momenti drammatici. Sullo sfondo, tra gli oggetti gettati alla rinfusa, fanno capolino tre bambole che, in un simile contesto di tremende macchinazioni, invocazioni a implacabili divinità, forze oscure e unguenti letali, richiamano alla mente Macbeth diretto una decina di anni fa da Andrea De Rosa, con Giuseppe Battiston e Frédérique Loliée nei panni della nobile coppia assetata di potere e tre bambole in quelli delle streghe.
Il ritmo della narrazione è serrato, la triade composta da Alice Spisa, Gaia Carmagnani e Sarah Short costituisce la spina dorsale di uno spettacolo destinato a raccontare la tragedia dell’emarginazione sociale e culturale fondata su ignoranza e paura. Tre attrici nei panni di tre donne di differente estrazione sociale, parimenti vittime di una società patriarcale prevaricante che le relega ai soli compiti di fattrici e ancelle del focolare senza diritto di parola, sottomesse prima al padre e poi al marito. Mansueti ostaggi di regole secolari cui una di loro, Medea, si ribella per seguire quello che il cuore le comanda e per questa insubordinazione viene allontanata dalla città prima che contagi le altre donne con smanie di libertà di pensiero e azione.
L’invito all’inclusività – al di là del gesto estremo di Medea dettato dalla disperazione di una condizione ormai insostenibile ed enfatizzato dal mito – è il messaggio che emerge con forza dall’adattamento della tragedia di Eschilo proposto da Filippo Renda. Un messaggio importante in questi tempi bui di regressione civile che, da solo, rappresenterebbe una ragione bastante per assistere allo spettacolo. Medea, una strega tuttavia è costruito e interpretato in maniera egregia, convincente ed emozionante a rivelare l’incredibile abilità degli autori classici di riuscire a parlare anche al pubblico del terzo millennio d.C. recando esempi di umanità dal sapore assoluto.
Lo spettacolo è in scena sino al 12 marzo: quale occasione migliore per onorare la festa della donna se non con questo forte ritratto femminile capace di ignorare le urla degli uomini che la vogliono assogettare con la minaccia e la violenza.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Litta
corso Magenta 24 – Milano
fino a domenica 12 marzo 2023
orari: martedì – sabato 20.30
domenica 16.30
www.mtmteatro.itMedea, una strega
da Euripide
con Salvatore Aronica, Gaia Carmagnani, Filippo Renda, Sarah Short, Alice Spisa
riscrittura e regia Filippo Renda
scene e costumi Eleonora Rossi
direzione tecnica, luci, suono Fulvio Melli
assistenti alla regia Gaia Barili, Gloria Ghezzi
direzione di produzione Elisa Mondadori
produzione MTM – Manifatture Teatrali Milanesi
elaborazione dei costumi realizzati dal Corso di sartoria teatrale dell’Accademia Teatro alla Scala
Inserito nel Progetto Cura con il contributo di Fondazione Cariplo
durata: 120 minuti
prima nazionale