A Mantova, gli ampi spazi delle Fruttiere di Palazzo Te, ospitano cinquantatre capolavori del maestro catalano, organizzati in un percorso che conduce il pubblico alla scoperta della poesia e della tecnica di uno dei Maestri del Novecento.
Mantova, culla della cultura rinascimentale si apre al moderno, ospitando, sino a Pasqua, una ricca mostra dedicata a Joan Miró: alle sue opere ma anche alle sue fonti di ispirazione e ai luoghi dove si ritira a creare, completamente immerso nella luce e nei colori del Mediterraneo. All’interno delle Fruttiere di Palazzo Te è stato creato un allestimento complesso che mette in relazione ogni singolo capolavoro con gli stati d’animo, le suggestioni e le esperienze vissute da questo amato artista.
Il percorso ad anello si sviluppa attraverso cinque sezioni, ciascuna dedicata a una precisa componente dello stile del Maestro catalano, finalizzate a fornire semplici quanto efficaci strumenti per comprendere i cinquantatre capolavori in mostra. Emerge, passo dopo passo, il profilo di una mente curiosa, che, sebbene vincolata a precisi elementi stilistici, durante gli oltre cinquant’anni di attività ha saputo evolvere il proprio modo di fare arte, facendo tesoro dei viaggi in terre lontane e del confronto con le avanguardie artistiche che, man mano, si affacciano alla ribalta. Miró non a caso afferma «Ciò che conta non è un’opera, ma la traiettoria dello spirito nell’arco di un’intera vita, non quello che si è fatto nel corso di essa, bensì ciò che essa lascia intravedere e permetterà che altri facciano in una data più o meno lontana».
Il gesto è una sorta di sezione introduttiva, dedicata alle diverse modalità con cui Mirò si approccia alla tela: usando pennelli di ogni dimensione ma pure stendendo la pittura con mani o piedi per avere un maggior contatto con la materia; dopo l’incontro con Jackson Pollock notiamo che sperimenta anche sgocciolamenti e versamenti di colore. Dalla cultura giapponese, trae l’ispirazione per creazioni più essenziali ma, al contempo, inaspettatamente espressive, capaci di sintetizzare la complessità del percorso compiuto: si pensi, per esempio a Senza titolo (1972) che esprime la perfetta sintesi tra i colori caldi della Spagna e la raffinatezza grafica degli ideogrammi giapponesi. La forza del nero illustra come dalla cultura dell’Impero del Sol Levante Mirò mutui anche l’uso del tratto nero per contornare le forme che popolano il suo universo iconografico. Il nero, che Carl Gustav Jung definisce «il colore delle origini, degli inizi, degli occultamenti nella loro fase germinale, precedente l’esplosione luminosa della nascita» diviene lentamente il protagonista indiscusso della tavolozza di Mirò. «Non è la prima volta che si dipinge con una tavolozza di colori assai ridotta: è così che venivano realizzati gli affreschi nel X secolo, e secondo me sono delle cose splendide» sembra schermirsi il pittore, chiamando in soccorso la storia dell’arte. Ammutoliti, davanti alla grande tela Senza titolo (1974 circa) che chiude il percorso di mostra non possiamo che essere d’accordo con lui. Con la maturità, alla rarefazione cromatica, Mirò associa una forte sintesi linguistica che, come ben dimostrato dalle opere esposte nella sezione L’eloquenza della semplicità, spogliando la narrazione di ogni orpello, gli consente di rendere il messaggio ancor più incisivo.
Osservando infine le opere sperimentali esposte ne Il trattamento dei fondi ci sorge spontaneo l’accostamento di Mirò ad un genio del Rinascimento italiano: Leonardo da Vinci. La preparazione della tela diviene per l’artista catalano occasione imperdibile per testare quanto la sua fantasia suggerisce: acqua sporca, succhi di fiori, benzina e qualsiasi altro liquido possa servire ai suoi scopi. Una sezione è infine dedicata a La sperimentazione con i materiali in cui sono esposti alcuni degli oggetti che Mirò raccoglie nel suo studio con l’obiettivo di trarvi ispirazione o utilizzarli in un secondo momento: uno di fianco all’altro sono allineati creazioni artigianali, scatole di fiammiferi, giocattoli o pezzi sagomati dalla natura. “La tensione dello spirito” alla base del processo creativo – come Mirò confessa nei suoi taccuini – ha in realtà origini molto più complesse, arrivando ad inglobare la forza sprigionata dalla musica, dalla poesia o dalla luce che inonda lo studio. Afferiscono a questa sezione i meravigliosi arazzi della serie La lucertola dalle piume d’oro (1989-1991), ideati con il maestro tappezziere Josep Royo e realizzati postumi traendo i cartoni preparatori dal volume Le Lézard aux Plumes d’Or, pubblicato nel 1971. Poco oltre restiamo affascinati dal curioso Personaggio e uccello (1976), un quadro che sembra ispirarsi alle sperimentazioni dell’arte povera per la combinazione di pennellate di colore a olio, carta vetrata strappata e perforata, legni policromi e chiodi. Poco oltre cinque sculture, realizzate in bronzo, che sembrano scaturire dall’assemblaggio di alcuni degli oggetti raccolti e collezionati da Mirò: se, per esempio, ci soffermiamo dinnanzi a Donna (1969) o Uccello appollaiato su un albero; Personaggio (1970) ci sembra quasi di riconoscere i singoli pezzi di scarto che le compongono.
A parte, a sottolineare l’uso di un linguaggio completamente differente, è il Progetto per un monumento (1972), il bozzetto per una grande figura femminile destinata ad un museo di Los Angeles ma mai realizzata. L’opera è esposta corredata da fotomontaggi che mostrano come sarebbe apparsa nel contesto cui era destinata e da alcuni disegni preparatori, arricchiti di indicazioni relative a materiali, dimensioni e colori.
Eppure, i punti dove i visitatori si soffermano più a lungo sono le ricostruzioni degli studi a Maiorca dove Mirò crea le sue pitture, le sue sculture ed i suoi testi. Il primo, quello progettato per il Maestro da Josep Lluis Sert ispirandosi ai colori ed alle architetture dei paesi mediterranei è indubbiamente il più spettacolare. Concepito da quello che alla fine degli anni Venti fu un collaboratore di Le Corbusier, lo studio è un monumento alla luce per via del tetto sagomato che proietta sugli oggetti un interessante gioco di ombre. Appena possibile Mirò acquista anche la casa confinante e la adibisce a spazio ove dar vita alle sculture e ai dipinti di grande formato; le pareti bianche sono trattate a guisa di blocchi per appuntarvi disegni, pensieri, fogli di giornale e quant’altro incuriosisse la sua fervida mente. Gli ambienti sono stati ricreati con dovizia di particolari ed opere posizionate su piedistalli e cavalletti, come fossero in attesa di un’ultima rifinitura non appena il Maestro rientrerà dalla passeggiata sulla spiaggia.
Silvana Costa
La mostra continua:
Fruttiere di Palazzo Te
viale Te, 19 – Mantova
fino a domenica 3 maggio 2015
orari: lunedì 13-19; martedì – domenica 9-19; venerdì 9-23
il servizio biglietteria termina un’ora prima
l’acquisto contestuale dei biglietti di accesso alla Mostra Mirò e ai Musei civici di Palazzo Te e Palazzo San Sebastiano dà diritto alla riduzione di entrambi i biglietti
il possesso della Mantova Musei Card dà diritto all’acquisto del biglietto ridotto
Miró. L’impulso creativo
a cura di Elvira Cámara López
una mostra di Comune di Mantova
in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, 24 ORE Cultura, Arthemisia Group, Verona 83
con il supporto di Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te
con il patronato di Regione Lombardia
www.miromantova.it
Catalogo:
Miró. L’impulso creativo
a cura di Elvira Cámara López
con testi di Elvira Cámara López, Enric Juncosa Darder, Joan Punyet Miró
28×31 cm; 160 pagine; 130 illustrazioni; cartonato
24 ORE Cultura, 2014
prezzo 35,00 Euro
www.24orecultura.com