Nella monumentale Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano è allestita la rassegna più completa mai organizzata sulle sculture in marmo di Auguste Rodin, uno degli artisti più rivoluzionari della tradizione plastica moderna.Fa uno strano effetto entrare nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale per visitare la mostra dedicata a Rodin. Il progetto scenografico firmato da Didier Faustino (Bureau des Mésarchitectures), che satura lo spazio con un reticolo di tubi innocenti, richiama alla mente la sventurata sorte di questo meraviglioso ambiente, devastato dall’incendio divampato durante i bombardamenti inglesi sulla città – la notte del 15 agosto 1943 – ed abbandonato al proprio destino per anni prima che fosse effettuato un qualsivoglia intervento. Solo il ciclo di restauri programmati a partire dal 2000 ha saputo ripristinare un’idea dell’antico splendore della sala da ballo. Le strutture metalliche, su cui sono posate le sculture, inducono nel pubblico l’impressione di trovarsi in un cantiere o nel laboratorio dell’artista in cui le preziose opere, dall’aspetto di non finito, sono protette da lievi pannelli in garza che si alzano strategicamente per permetterci di ammirare i pezzi a tutto tondo. L’allestimento trova poi un’efficace enfasi negli specchi che rivestono le pareti della sala che moltiplicano le file delle sculture all’infinito.
Lo spazio espositivo è dominato dal colossale Il bacio (1882 circa), posizionato in asse con l’ingresso e attorno cui tutte le altre opere sembrano inchinarsi in segno di rispetto all’imponente scena dei due amanti avvinghiati in un bacio eterno. Il percorso di visita si sviluppa seguendo un ordine cronologico, raggruppando le creazioni plastiche in tre macrosezioni, corrispondenti ad altrettante fasi della carriera di Rodin ma, soprattutto, della sua poetica. Le sculture giovanili, caratterizzate dalla forte impronta lasciata nell’artista dalla formazione accademica, di matrice classica, sono raccolte nella sezione L’illusione della carne e della sensualità. Oltre al già citato Il bacio, che tanto scalpore creò nella Francia di fine XIX secolo, trova qui posto un’altra opera controversa dello scultore: L’uomo dal naso rotto (1874-1875), rifiutato dal Salon parigino del 1875. Lo smacco è tutto sommato benefico per Rodin che, nonostante i pochi soldi in tasca, decide di partire alla volta dell’Italia per studiare l’arte classica e rinascimentale, appassionandosi in particolar modo ai capolavori michelangioleschi. Rientrato in patria, Rodin abbandona definitivamente i dettami accademici e ricrea quell’effetto di non finito che lo ha colpito alla vista delle Prigioni. Nella seconda sezione, intitolata appunto La figura nel blocco (1895 – 1905), possiamo valutare l’esito di questo intenso lavoro di ricerca formale, a partire dal bozzetto in gesso, dove spesso le figure sono ben definite, alla versione definitiva in cui i personaggi restano in parte imprigionati nel blocco di candido marmo. Poetica l’idea di utilizzare una coppa antica per lo studio della delicata La piccola fata delle acque (1903) che, con quella commistione di materiali ed epoche, appare quasi più suggestiva della più massiccia versione finale. A tal proposito ricordiamo quanto per decenni, sino quasi ai giorni nostri, la critica si sia scagliata contro la pratica di Rodin di dedicarsi alla sola concezione della composizione plastica ed alla realizzazione del modello, delegando l’esecuzione della scultura ad uno dei tanti sbozzatori che affollano il suo laboratorio, limitandosi, eventualmente, al “tocco finale”. Indubbiamente, senza ricorrere a tale artificio, non sarebbe stato possibile per un unico artista produrre un così elevato numero di opere in un arco temporale ristretto. Léon Gauchez, fondatore della rivista L’Art, benché molto legato a Rodin, celandosi dietro lo pseudonimo di Paul Leroi, si scaglia violentemente contro l’artista non risparmiando parole del calibro di menzogna e truffa.
In questa seconda sezione, accanto al ritratto della compagna Rose Beuret, troviamo soggetti classici, romantici o di derivazione biblica: Amore, Diana, il volo di Icaro, la Terra e la Luna, Paolo e Francesca ma anche Adamo ed Eva protagonisti della suggestiva La Mano di Dio (1896?). Lo studio delle mani come singolo dettaglio anatomico è al centro di una costante ricerca linguistica del maestro, manifestando la necessità di tentare nuovi linguaggi simbolici: Mains d’amant (1904) è un esito interessante di tale percorso. Nelle scene di amanti invece le mani, così come i piedi, spesso restano intrappolate nella pietra, obbligando i corpi a pose plastiche estreme, avviluppandoli tra loro come in Paolo e Francesca (post 1900) o protendendoli verso l’amata in fuga come ne La Sphynge (1885).
La poetica dell’incompiuto raggiunge l’apice nella terza ed ultima sezione: Verso il non finito 1905-1917. L’artificio linguistico, che rimanda lapalassianamente a Michelangelo, diviene qui elemento di dirompente modernità, precursore degli stili di svariate correnti d’arte moderna: gli intensi volti di Victor Hugo e del pittore Puvis de Chavannes emergono a stento dalla matassa di barba e capelli che scende a fondersi col blocco di marmo dove un attento lavoro di incisione con lo scalpello, seguendo movimenti circolari, tenta di ricreare l’effetto naturalistico del blocco ancora grezzo, segnato dai soli colpi del cavatore.
Le sessanta opere in mostra a Milano – una cifra davvero imponente, soprattutto valutando le dimensioni di ciascuna di esse – offrono al pubblico una straordinaria occasione per approfondire il percorso e la produzione di un artista generalmente noto solamente per Il pensatore. È emozionante poter confrontare sculture che, seppur esposte e a poche decine di metri l’una dall’altra, sono enormemente distanti tra loro per epoca di realizzazione e per approccio stilistico. Un esempio è rappresentato dal mezzobusto di Madame Roll (1887) in cui sono riprodotti con cura certosina i riccioli dell’acconciatura e le pieghe dello scollo dell’abito con il volto diafano di Marie Fenaille, la tête appuyée sur la main (1905-1908) ancora imprigionato nel blocco di marmo da cui sembra, stentatamente, liberarsi.
Silvana Costa
La mostra continua a:
Palazzo Reale – Sala delle Cariatidi
piazza Duomo, 12 – Milano
fino a domenica 26 gennaio 2014
orari lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9.30-19.30;
giovedì e sabato 9.30-22.30
il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
http://comune.milano.it/palazzorealeRodin. Il marmo, la vita
a cura di Aline Magnien
in collaborazione con Flavio Arensi
promossa e prodotta da Comune di Milano — Cultura; Palazzo Reale; Musée Rodin di Parigi; Civita; Electa
in collaborazione con Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
progetto scenografico Didier Faustino (Bureau des Mésarchitectures)
progetto illuminotecnico Giambattista Buongiorno
immagine coordinata della mostra e progetto grafico del catalogo Artemio Croatto, Chiara Caucig (Designwork)
www.mostrarodin.itCatalogo
Rodin. Il marmo, la vita
a cura di Aline Magnien et alii
Electa
176 pagine; 28 x 37,6 cm; 160 illustrazioni
prezzo 32,00 EuroProssima tappa:
Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano
viale Enrico De Nicola, 79 – Roma
11 febbraio – 18 maggio 2014
orari martedì-domenica 9.00-19.45; chiuso il
la biglietteria chiude un’ora primahttp://archeoroma.beniculturali.it/musei/museo-nazionale-romano-terme-diocleziano