Rubens e la nascita del Barocco

È in corso a Palazzo Reale di Milano una delle mostre d’arte più attese e spettacolari della Stagione: Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco. Anna Lo Bianco – la curatrice che già lo scorso Natale si occupò dell’esposizione a Palazzo Marino della pala L’adorazione dei pastori di Rubens, proveniente da Fermo – ha scelto per questa eccezionale rassegna un taglio, se non inedito, quantomeno inconsueto. È raro infatti visitare mostre in cui Rubens non sia presentato come l’erede della tradizione fiamminga perciò, in questa occasione, si è preferito indagare il rapporto del pittore con l’Italia. Opera dopo opera emergono citazioni e rielaborazioni delle vestigia classiche, delle tele della scuola veneta o dei maestosi affreschi romani di Michelangelo e Raffaello. Analogamente, attraverso la giustapposizione a dipinti realizzati tra il XVI e il XVII secolo, si evince quanto gli artisti italiani si siano ispirati al suo lavoro o abbiano instaurato un forte dialogo con lui, finendo per creare rapporti di mutuo scambio. Gli stimoli ricevuti da autori del passato e del contemporaneo sono rielaborati  da Rubens sulla tela con un linguaggio innovativo, anticonformista, in cui non si riconoscono i singoli riferimenti e i dettagli si perdono nell’armonicità dell’insieme. La rappresentazione dell’abbraccio visivo proposto da Rubens attraverso la moltiplicazione dei punti di vista, nel tentativo di catturare l’universale, è riconosciuto dalla critica come una delle peculiarità del movimento Barocco. Un sublime esempio di tale innovazione è Il massacro degli innocenti in cui viene meno il fuoco centrale della prospettiva per lasciar spazio ad una composizione cosmica, in cui luce e colore abbiano un ruolo fondamentale per raggiungere il perfetto equilibrio delle parti.
Rubens, durante il periodo trascorso nel nostro Paese, si circonda di bellezza – sia artistica sia paesaggistica – raggiungendo uno stato di serenità ben leggibile nei dipinti che esegue. Serenità che, forse più della beltà delle tele, avviluppa il pubblico dell’esposizione milanese e, di sezione in sezione, gli consente di raggiungere l’estasi. Già nell’atto di varcare la soglia d’ingresso si abbandona l’idea di leggere i pannelli introduttivi perché lo sguardo è distratto dalla gioiosità del Ritratto della figlia Clara Serena (1616). È questo uno strepitoso esempio di “ritratto parlante”, di una raffigurazione – che prende piede in epoca Barocca – capace di rendere con immediatezza tutta l’intensità dell’affetto di un padre per la figlia. A pochi centimetri di distanza è collocato il piccolo Ritratto di bambino, opera di Gian Lorenzo Bernini che, sebbene più malinconico, quasi consente di leggere i pensieri negli occhi del protagonista. Anna Lo Bianco con Nel mondo di Rubens – la prima sezione della mostra – propone uno spaccato sul mondo del Maestro e su tutti gli affetti che gli saturano il cuore: Autoritratto su tavola, Ritratto della moglie Isabelle Brant (1625-26) e Ritratto di Gaspar Scioppius (1602-04), un caro amico, un devoto estimatore oltre che un prezioso compagno con cui discutere i precetti di Seneca sulla serenità dell’animo. Proseguendo nella visita è possibile ammirare anche come Rubens renda tributo al suo mentore con un suggestivo Seneca morente (1612-15), qui accostato a un’Erma dello Pseudo-Seneca – giunta in prestito dai Musei Capitolini – in cui ritroviamo gli stessi tratti del volto e la stessa aria dolente ma fiera del filosofo nel momento del suicidio.
Il percorso di visita è pensato per avvicinare il pubblico a Rubens, sia come artista sia come uomo, mostrando il gioco di riferimenti incessanti tra quanto studia dal vero e i racconti della Mitologia e della Bibbia. La mera sequenza cronologica, grazie alla curatela di Anna Lo Bianco, trova una più utile alternativa nell’arrangiamento di quattro sezioni tematiche, una più spettacolare dell’altra. L’allestimento progettato da Corrado Anselmi articola gli spazi lungo un percorso tortuoso, obbligando così il pubblico a entrare in ogni nuova sala da una posizione laterale, impedendogli di intravedere in anticipo cosa lo attenda ed enfatizzare al massimo l’effetto sorpresa quando scopre le grandi scene mitologiche o le ricostruzioni di episodi religiosi proposti nella seconda sezione: Santi come eroi. In San Gregorio, Domitilla, Mauro e Papiano (1606) Rubens compone la scena ispirandosi all’età classica, rappresentando Santa Domitilla come una matrona romana, i due santi a guisa di guerrieri rivestiti da una scintillante armatura e, sullo sfondo, i resti del Palatino: le vestigia di un passato glorioso da non dimenticare. Ogni dipinto sacro cela citazioni, alcune rese particolarmente lampanti grazie agli accostamenti tra opere quali Cristo risorto (1616) – splendente e possente come non mai – ed un calco in gesso del Torso del Belvedere.
La furia del pennello – il titolo della terza sezione – è una citazione tratta da Vita di Rubens di Giovan Pietro Bellori: “Alla copia delle sue invenzioni e dell’ingegno, aggiunta la gran prontezza e la furia del pennello, si stese la mano di Rubens a tanto gran numero d’opere che ne sono piene le chiese ed i luoghi di Fiandra. […] Ebbe egli natural dono, spirito vivo, ingegno universale”. Lo storico dell’arte secentesco, in poche righe, coglie appieno la portata rivoluzionaria della pittura impetuosa di Rubens, il suo modo vorticoso di comporre ma, soprattutto, la capacita di giocare con i chiaroscuri per caricare di passione e drammaticità i personaggi. Nella Conversione di Saulo (1601-02) Rubens inizia a sperimentare l’idea di dipingere combinando luce e colore, ispirandosi a Caravaggio, e Michelangelo: fasci luminosi squarciano le nubi e scolpiscono i corpi dei personaggi, plasmandoli e conferendo loro un’inimmaginabile tridimensionalità. È spettacolare il Ritratto equestre di Gio Carlo Doria: l’opera, commissionata con intento celebrativo, carica di drammaticità, racchiude nella posizione del soggetto – non di profilo ma ruotato di tre quarti per convertirli plasticità e dinamicità, con il cavallo imbizzarrito che sembra tenti di uscire dal quadro con un balzo – una forte carica innovativa.
La forza del mito è l’ultima sezione della mostra e si rivela anche la più ricca di opere. Qui, più che nelle precedenti, si percepisce quanto Rubens abbia attinto dall’arte, dalla cultura e dalla narrativa delle civiltà mediterranee antiche. L’immagine simbolo dell’esposizione è tratta da Il ritrovamento di Erittonio, episodio della mitologia greca, un olio su tela di grandi proporzioni, dedicato a celebrare la bellezza in ogni sua forma: la grazia dei corpi femminili, l’armonia della natura plasmata dalla sapienza umana e la straordinaria quantità di sculture in marmo che si alternano, con disarmante naturalezza, agli elementi vegetali quali sfondo della scena. Il soggetto scelto non è casuale – Erittonio, figlio di Efeso è uno dei primi re di Atene – e, insieme a La lupa allatta Romolo e Remo (1612), rappresenta un tributo ai cuori di due grandi civiltà culla dell’arte e del sapere occidentale. Un’ampia porzione di La forza del mito è dedicata alla figura di Ercole, l’eroe che non si arresta dinnanzi ad alcuna difficoltà: egli studia con attenzione come affrontare i problemi che la sorte e gli dei gli parano innanzi per poi avanzare lungo il proprio cammino. Opere grandiose – molte realizzate per la gioia dei collezionisti – mettono a confronto l’iconografia e lo stile di Rubens con quelli di Pietro da Cortona o di Guido Reni. Rubens, in Saturno divora uno dei figli (1636-38), non rinuncia a confrontarsi anche con gli aspetti più cupi e crudeli del mito mentre in Susanna e i vecchioni esalta i valori di bellezza, giovinezza e giustizia. Per la postura della candida protagonista di quest’ultimo olio su tela Rubens è, di nuovo, debitore alla scultura classica come rivela il confronto diretto con la meravigliosa Venere accovacciata – statua all’epoca appartenente alla collezione Farnese – di cui copia la posa, .
Il percorso di visita si conclude con Allegoria della pace, dipinto eseguito da Luca Giordano quale dichiarata copia da Rubens. Una copia che esprime tutta l’ammirazione con cui i pittori italiani guardano allo straordinario talento di questo artista venuto da lontano per studiare la loro storia e rielaborarla in modo altamente scenografico.

Silvana Costa

La mostra continua a:
Palazzo Reale – Primo Piano Nobile
piazza Duomo, 12 – Milano

fino a domenica 26 febbraio 2016
orari: lunedì 14.30 -19.30,
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 -19.30,
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
la biglietteria chiude un’ora prima
www.palazzorealemilano.it
 
Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco
a cura di Anna Lo Bianco
comitato scientifico Eloisa Dodero, David Jaffé, Johann Kraeftner, Anna Lo Bianco, Cecilia Paolini, Alejandro Vergara
una mostra Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita Mostre
progetto allestimento Corrado Anselmi
www.mostrarubens.it
 
Catalogo:
Rubens e la nascita del Barocco

a cura di Anna Lo Bianco
Marsilio, 2016
24 x 29 cm, 272 pagine, 134 immagini a colori, brossura con alette
prezzo 29,00 Euro in mostra, 34,00 Euro in libreria
www.marsilioeditori.it