Presentato a luglio in anteprima assoluta nel carcere di Volterra, Santo Genet ha riscosso un successo clamoroso. Adesso, in versione teatrale, arriva a Milano, prima tappa dell’attesissima tournée.
L’Italia, fanalino di coda dell’Unione Europea per il trattamento dei detenuti, riesce sorprendentemente a brillare nell’ambito delle iniziative svolte all’interno delle strutture carcerarie grazie ai lusinghieri risultati ottenuti, a partire dal lontano 1988, dalla Compagnia della Fortezza. Sebbene il fine principale dichiarato dagli ideatori del progetto non fosse trattamentale – rieducativo e risocializzante – ma semplicemente lavorare nell’”interesse del teatro e delle arti e dei mestieri del teatro”, il tenace impegno di Armando Punzo con il gruppo di attori-detenuti, già a pochi anni dalla creazione della troupe, inizia a collezionare una miriade di riconoscimenti in Italia e all’estero.
Al di là del forte valore sociale del progetto, i premi conseguiti dalla Compagnia del carcere di Volterra sono però in larga parte attribuiti allo spregiudicato lavoro creativo di Armando Punzo – autore, regista, attore e anima delle produzioni – che, sin dagli studi iniziali, entusiasmano pubblico e critica. Il debutto sulla scena milanese di Santo Genet nella sua versione teatrale era atteso sin da quando la Compagnia della Fortezza aveva presentato lo studio, nel 2013. Prima nazionale, quindi, per questa messinscena, al Teatro Menotti che, dopo il grande successo, nella scorsa stagione, di Mercuzio non vuole morire, ha partecipato alla coproduzione dello spettacolo.
Senza voler abusare del termine capolavoro, la semplice idea di far recitare ad alcuni detenuti un testo ispirato ai drammi di Jean Genet, appare tanto lapalissiano quanto straordinariamente originale. Genet, autore francese dall’esistenza travagliata, riversa nelle proprie opere le esperienze accumulate nel corso di un’esistenza vissuta quasi ai margini della società, tra bassifondi e carcere, riuscendo però ad ammantare di poesia la componente di violenza insita in quegli ambienti. Con sfoggio di soave delicatezza e gran virtuosismo metaforico, Genet trasforma le catene in collane di fiori e le brutalità subite – o inferte – dai protagonisti in petali profumati che stordiscono i sensi, riempiendo il palcoscenico di quegli stessi fiori che troviamo ricamati sui costumi di Santo Genet.
Punzo, ispirato come non mai, nei panni dell’elegante padrone di casa, veste un abito nero lungo – che pare alludere alla tonaca sacerdotale – accessoriandolo col cilindro da direttore di circo (o da cappellaio matto): sacro e profano per due ore si con-fondono nella celebrazione della morte della realtà e di tutte le tristezze che la vita porta seco. Armando, attore-autore, si cala nei panni di Irma, la protagonista di Le Balcon, tenutaria di un noto bordello specializzato in giochi di ruoli; e con lei/lui, da un’opera all’altra, trasmigrano molti personaggi del testo di Genet, dall’arcivescovo a Santa Teresa.
Armando Punzo, come un moderno Principe di Salina, cura ogni dettaglio della nostra serata a teatro, dal momento in cui varchiamo la soglia al commiato finale, curando che gli attori accolgano ciascuno spettatore con le cerimonie riservate all’ospite d’onore della festa. Il direttore artistico della Compagnia della Fortezza officia la cerimonia, alternando il mesto discorso commemorativo alle danze sfrenate, il suono della banda in nero alla partita a carte, il malinconico intervento di chi – nella parlata stretta del suo paese e con gran gesticolare – racconta cosa lo abbia relegato dietro le sbarre alla corsa scomposta di chi porta in processione le statue dei martiri della società contemporanea. Nulla è lasciato al caso e tutto è affidato a sapienti mani che, con grande pazienza, cuciono abiti straordinari, ricamano i tessuti, plasmano la cartapesta, dorano le superfici e realizzano decorazioni certosine per dar vita al magico mondo dei sogni, ondeggiante tra la surrealtà di un film felliniano e la sacralità delle processioni, tipiche di tanti paesi del sud.
Come Alice, che inseguendo un coniglio nel cavo di un albero si ritrova nel meraviglioso Paese delle Meraviglie, così il pubblico, andando a teatro, entra nel sogno di questi attori che si spogliano della divisa d’ordinanza per vestire le giacche fiorite, le collane luccicanti o le divise da marinaio e salpano verso il mondo della finzione scenica, evadendo, per un paio d’ore, dalla realtà punteggiata di tristi ricordi. Ciascuno di loro si cala nei panni di un personaggio, pone sul volto una maschera metaforica che, nascondendone le fattezze, permette ai tratti più intimi di affiorare in tutta la loro bellezza.
Si muore per rinascere più lieti e leggeri. Fatevi guidare dalla suggestiva voce di Punzo nel mondo fantastico ispirato a Genet, lasciatevi ipnotizzare dallo scintillio degli specchi, indossate la maschera del personaggio che preferite e danzate leggeri, godendovi l’inebriante splendore della bellezza, della poesia e dell’arte. Godete dunque di questo funerale sui generis e siate tristi solo quando la musica scema e gli attori, lentamente, si accasciano a terra: è questo il momento per andare a deporre ai loro piedi un fiore, in segno di solidarietà a chi deve tornare alle catene della quotidianità. Ancora una volta, sul palcoscenico, si compie la straordinaria magia di innalzare le anime di chi lo spettacolo lo fa e di chi lo segue, confermando ulteriormente la teoria del principe Miškin: “La bellezza salverà il mondo“.
Silvana Costa
promo dello spettacolo
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Menotti
via Ciro Menotti 11 – Milano
dal 17 al 19 ottobre
www.teatromenotti.org
Compagnia della Fortezza
Santo Genet
drammaturgia e regia di Armando Punzo
produzione VolterraTeatro/Carte Blanche e TieffeTeatro
con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Turismo Regione Toscana – Comune di Volterra – Provincia di Pisa, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, Ministero della Giustizia C.R. Volterra
prima nazionale
prossimi spettacoli in programma:
http://www.artalks.net/tra-cielo-e-terra/#more-2297