Splendore a Shanghai

manfredi-splendore-a-shangaiUno straordinario viaggio dalla provincia marchigiana alla frenetica Shanghai, autentico crocevia di merci, genti, culture e musica.

È il 1925 quando il conte Aristide Paolini organizza una serata di gala al cinema Eden di Senigallia in occasione della proiezione de Il ladro di Bagdad. Le mille e una notte. I dodici rulli di pellicola arrivano direttamente dagli Stati Uniti, con i sottotitoli in inglese: servirà tutto l’impegno di Doremì per tener desta l’attenzione del pubblico.
Giannetto, detto Doremì, è il pianista che, da dietro lo schermo del cinematografo, accompagna l’azione dei film muti. Ha solo diciannove anni ma la vasta cultura musicale gli consente di spaziare con sorprendente agilità dall’opera al jazz, ignorando deliberatamente le scalette elaborate dalle case cinematografiche quali colonne sonore dello spettacolo. Le sue capacità di improvvisazione e l’entusiasmo giovanile conquistano definitivamente il conte che lo recluta, insieme alla soprano Maria Teresa, per dar corpo all’ambizioso progetto di portare in Cina Turandot, l’opera lasciata incompiuta da Puccini al momento della sua morte.
Inizia così la straordinaria avventura narrata da Gianfranco Manfredi in Splendore a Shanghai. Doremì, novello Marco Polo dallo spirito anarchico, parte alla scoperta degli antipodi, un po’ scettico rispetto alle grandi aspettative dei compaesani. Ad attenderlo troverà una città che rivaleggia con Parigi per magnificenza e gioia di vivere: Shanghai negli anni Venti è un enorme guazzabuglio di persone e culture che si muove al ritmo di musica. Lungo il Bund, il viale che costeggia il fiume Huangpu e fronteggia il quartiere degli affari di Pudong, sorgono gli alberghi più grandi e lussuosi del mondo: qui soggiornano uomini d’affari, artisti e intellettuali provenienti dai quattro angoli del globo, intrattenuti da orchestre di fama internazionale.
Pagina dopo pagina il lettore esplora al fianco di Doremì e dei suoi nuovi amici, Ernesto il segretario del conte e la misteriosa cantante Olga, questo straordinario mondo; la fantasia e la Storia, l’arte e la follia, la distruzione e l’amore – in ogni sua forma – si intrecciano in un unico avvincente racconto che si snoda per quasi un decennio, attraversando rivoluzioni politiche, guerra civile, offensive giapponesi, crisi economiche e repressioni nel sangue della libertà di parola.
La metropoli è una polveriera in attesa di esplodere a causa del crescente disagio sociale ma la vita, in un simile contesto, è estremamente eccitante, a patto di frequentare le persone giuste. Al sicuro, dalla cima dei grattacieli che sorgono sempre più numerosi nel territorio franco delle concessioni internazionali, il gruppo di amici osserva la devastazione prodotta da rappresaglie e bombardamenti. Intangibili grazie alle relazioni economiche sviluppate dal conte con funzionari e imprenditori dalla dubbia fama, Doremì ed Ernesto esplorano i quartieri malfamati alla ricerca di nuovi talentuosi artisti o si intrattengono con poeti che, a rischio della propria vita, divulgano scritti clandestini inneggianti alla libertà. Nell’ombra li osservano le spie dei governi occidentali, i membri delle tong e i burocrati del Kuomintang, il Partito Nazionalista Cinese che accompagna le azioni di censura con pubbliche esecuzioni di studenti e giornalisti.
La musica è coprotagonista di Splendore a Shanghai: l’opera di Puccini, gli spettacoli che strizzano l’occhio a Broadway, le composizioni di Tchaikovsky ma anche la yellow music ovvero i grandi successi internazionali riarrangiati secondo il gusto cinese. Gianfranco Manfredi, sin dalle prime pagine del romanzo, tradisce una particolare predilezione per il genere jazz e non si limita a elencare con trasporto le band e gli artisti più prestigiosi, citandone i dischi o le tournee condotte tra Europa, Usa ed Estremo Oriente. Egli porta quei musicisti nel romanzo, dà loro corpo, li fa interagire con Doremì e descrive le esibizioni in modo così dettagliato che chiudendo gli occhi è possibile visualizzare nella mente i strabilianti numeri di Valaida Snow, la cantante e ballerina di colore in grado di rivaleggiare con Louis Armstrong in virtuosismo. Manfredi, eccelso cantautore, si lascia trascinare dal mood e dissemina il romanzo di decine di testi di canzoni, prodigandosi poi di descrivere come da quelle parole, passo dopo passo, costume dopo coreografia, nasca un numero capace di entusiasmare gli illustri ospiti dei locali del conte Paolini.
Mentre Olga esegue con conturbante sensualità le canzoni composte per lei da Doremì, ai tavoli Ernesto intesse relazioni con personalità eminenti del tempo: il poeta Xu Zhimo – traduttore del premio Nobel Tagore durante la visita in Cina – e la sua compagna, la poetessa e pittrice, Lu Xiaoman; la giornalista Agnes Smedley; lo scrittore Lu Xun; militari giapponesi; influenti politici e i freschi sposi Edda e Galeazzo Ciano. Gli studi cinematografici Stella, fucina che sforna pellicole in quantità facendo concorrenza ai rivali californiani, sono invece la meta dei tour promozionali di divi di Hollywood del calibro di Douglas Fairbanks, Mary Pickford e Anna May Wong che, nei panni della Schiava Mongola ne Il ladro di Bagdad – personaggio che si ritrova anche in Turandot – cattura il cuore di Doremì in apertura del romanzo e lo tiene saldamente stretto per centinaia di pagine.
Centinaia di pagine talmente avvincenti da indurre a una lettura serrata, che si vorrebbe non terminasse mai. Manfredi rende con un fraseggio lieve la meraviglia che riempie gli occhi di un ragazzo catapultato dalla provincia italiana, già punteggiata di camice nere, a una metropoli sfavillante. Doremì e i suoi compagni di ventura sono in continuo movimento, di corsa, in bicicletta, in automobile con la pistola infilata sotto il sedile, e pure quando indugiano in droghe e alcolici lo stordimento deve essere controllato per non perdere il ritmo di un’esistenza condotta a ritmo di quickstep.
Doremì, verso la fine di  Splendore a Shanghai fa un bilancio degli anni trascorsi in Asia:  “Non lo so se questo albergo, il recinto dell’International Settlement, Shanghai stessa, siano la Cina. Qui c’è qualcosa che… qualcosa che no so… ma che è vitale. Non avrei mai vissuto così intensamente, se fossi rimasto nella mia piccola città”. (pag. 432) Il lettore, a questo punto della storia è indotto a credere che l’autore tiri i remi in barca e si accomiati dal pubblico. Non è così. Nuovi colpi di scena reindirizzano le vite e le carriere dei protagonisti verso un finale inatteso. Ci dispiace per Gianfranco Manfredi ma ci sentiamo in dovere di esigere un seguito da leggere, di nuovo, tutto d’un fiato.

Silvana Costa

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Splendore a Shanghai
Gianfranco Manfredi
Storie Skira, 2017
14 x 21 cm, 448 pagine, brossura
prezzo: 25,00 Euro
www.skira.net