TDM6: la sindrome dell’influenza

Al Triennale Design Museum è in mostra l’attitudine del design italiano a saper guardare al mondo, farsene influenzare e, alla fine, trasformarlo grazie al proprio apporto creativo. Si indagano le figure dei maestri e delle aziende che nel dopoguerra diedero origine a un mito che si prolunga sino ai giorni nostri.Il Triennale Design Museum è giunto al sesto allestimento, proseguendo con la formula di rinnovare annualmente la tematica affrontata e, di conseguenza, la selezione degli oggetti esposti, collezionando unanimi consensi oltre a numerose imitazioni in giro per il mondo. La versione attuale si presenta al pubblico come un progetto corale, che conta la presenza di oltre cinquanta artisti, mirabilmente diretti da Pierluigi Nicolin e Pierluigi Cerri. Per dovere di cronaca specifichiamo che al primo è stato assegnato il ruolo di curatore mentre al secondo quello di progettista dell’allestimento; collaborando insieme da decenni – ben prima del 1974 quando compaiono tra i soci fondatori della Gregotti Associati – il livello di interazione creativa tra i due Pierluigi risulta tale da annullare, anche in questa occasione, le barriere tra le competenze ufficiali loro assegnate.
Nello svolgere il tema della Sindrome dell’influenza, Nicolin è partito dal presupposto che ogni atto creativo non sia mai un gesto gratuito, un fatto isolato, ma sia bensì al centro di una fitta rete di stimoli, sollecitazioni e scambi. Ha raccontato l’età d’oro del design italiano, dei maestri che nel dopoguerra, mutuata la lezione dai vari modelli di riferimento – localizzati tra nord Europa e USA – danno vita ciascuno ad un proprio stile; ha ricordato il ruolo importante nell’innovazione e nella ricerca rivestito dalle aziende del settore, allora piccole realtà famigliari, oggi annoverate tra le bandiere del Made in Italy in tutto il mondo.
Prima ancora di superare il ponte d’accesso in legno, la nostra attenzione viene attirata dall’insegna al neon del museo che, in questo contesto, assume il valore di un’installazione artistica alla Mario Merz; le luci cangianti che caratterizzano l’ingresso, riflesse sulle pareti trasformandole in grandi schermi, ricordano i tanti studi di trasmissioni televisive allestiti da Cerri – in particolare Quelli che il calcio – ma, soprattutto, anticipano il carattere ludico ricorrente nell’intero allestimento.
Il percorso espositivo è ripartito in tre sezioni, ciascuna a sé stante, consentendo al visitatore di seguire la sequenza che preferisce, senza timore di perdere riferimenti essenziali perché alla fine il quadro gli si ricomporrà nella mente. La prima è dedicata a L’invenzione del design italiano: celebra quel gruppo di creativi, principalmente architetti e tutti sostanzialmente milanesi, che nel periodo post bellico, terminata l’epoca dell’autarchia, pensano di avviare un processo di modernizzazione, ma anche di democratizzazione artistica, del paese, nell’indifferenza generale. Questi pionieri della disciplina non si sono formati in una scuola apposita, si sono bensì trovati nella situazione di inventarsi un ruolo: se ce lo si concede, osiamo dire che sono personaggi estremamente individualisti, avendo preferito cercare la propria strada espressiva in solitudine, invece di formare un gruppo solidale. Molto si è pubblicato su di loro, ma troppo poco tempo è trascorso per poter proporre un atteggiamento critico che si esprima in un allestimento consono ai rigidi criteri museografici e non risenta dell’influenza del pensiero pubblicitario. Nicolin, puntando sull’emozione legata a queste figure, conosciute e già consegnate al mito, ha giustamente preferito affidare a professionisti nostri contemporanei il compito di raccontarli al pubblico con installazioni site specific.
Alla fine degli anni ’60 il design da elemento elitario diviene un fenomeno di massa; si moltiplica il numero di creativi, nasce – e viene subito contestata – la società dei consumi, mutano i processi produttivi, il pubblico sposta i propri interessi sulla moda e non sempre i due settori riescono a dialogare tra loro. Questo nuovo contesto socio-culturale rispecchia quanto teorizzato da Schumpeter sulle innovazioni per spiegare l’alternarsi di fasi espansive e recessive in cui l’economia rientra nell’equilibrio di un flusso circolare. Alludendo al drastico processo selettivo che si attua anche nel mondo delle aziende di design, la seconda sezione della mostra si intitola La distruzione creatrice. Una sensazione di caos pervade il visitatore, la sezione firmata da Pierluigi Cerri moltiplica gli oggetti grazie a un gioco di specchi mentre le voci dei testimoni dell’epoca si succedono, senza sovrapporsi, spingendoci a rimbalzare da uno schermo all’altro senza continuità, nel tentativo di ricostruire la complessità dell’epoca. Il visitatore avanza lungo quelli che, grazie ai riflessi, sembrano veri e propri cumuli di icone, colorate ed irriverenti come il periodo in cui furono create, senza mai riuscire a saziare gli occhi di bellezza e la mente di informazioni e curiosità.
In quello che, tutto sommato, è un percorso circolare, approdiamo alla terza sezione dell’esposizione: Il nuovo contesto. Le dieci scatole predisposte da Cerri sono state assegnate ad altrettante aziende che primeggiano nel settore; ciascuna si è rivolta a una delle firme di punta della propria collezione, commissionandole l’allestimento. Con grande oculatezza, lo spazio non è stato trasformato in un box pubblicitario ma è divenuto una sorta di vetrina da museo di antropologia in cui esaltare decenni di storia e di creatività, a volte con ironia altre più pedantemente, ricordandoci come quegli oggetti, entrati in punta di piedi nelle nostre case, ci abbiano cambiato il modo di vivere. Questa sezione, dove si contano numerosi nomi di designer stranieri, ci dimostra come l’influenza, seppur mutate le caratteristiche, rappresenti tutt’oggi una valida strategia per continuare a primeggiare sul mercato.
Caldeggiamo vivamente la visita: secondo noi è il migliore allestimento sinora proposta per il museo!

Silvana Costa

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La mostra continua:
Triennale Design Museum

Triennale di Milano
viale Alemagna, 6 – Milano
orari: martedì – domenica 10.30 – 20.30; giovedì 10.30 – 23.00; lunedì chiuso
8 – 14 Aprile 2013: 10.30 – 22.00
la biglietteria chiude un’ora prima delle mostre
il giardino è accessibile da aprile a ottobre
www.triennale.it

TDM6: la sindrome dell’influenza
direttore: Silvana Annicchiarico
cura scientifica: Pierluigi Nicolin
allestimento: Studio Cerri & Associati
installazioni: Blumerandfriends / Marco Zanuso; Paolo Ulian / Vico Magistretti; Lorenzo Damiani / Achille e Pier Giacomo Castiglioni; Formafantasma / Roberto Sambonet; Sonia Calzoni / Carlo Scarpa; Alessandro Scandurra / Ettore Sottsass; Matilde Cassani, Francesco Librizzi / Bruno Munari; Martino Gamper / Gio Ponti; Marco Ferreri / Franco Albini; Italo Rota / Joe Colombo
showcase: Alessandro Mendini / Alessi; Margherita Palli / Artemide; Antonio Citterio / B&B Italia; Mario Bellini / Cassina; Matali Crasset / Danese; Miki Astori / Driade; Ron Gilad / Flos; Ferruccio Laviani / Kartell; Paolo Rizzatto / Luceplan; Matteo Vercelloni / Magis; Patricia Urquiola / Moroso; Pierluigi Cerri / Unifor
www.triennaledesignmuseum.it
Catalogo
Corraini Edizioni

il biglietto di accesso al TDM 6 consente di visitare gratuitamente anche
Gae Aulenti. Gli oggetti e gli spazi
fino a domenica 8 settembre
a cura di Vanni Pasca
foto di Paolo Rosselli