Debutta a Milano il secondo capitolo della trilogia di Sogno americano. Dopo Raymond Carver è ora la volta di un dramma originale che proietta nell’universo circense le perverse dinamiche dei personaggi nati dalla penna di Tennessee Williams.
Si suol dire “squadra che vince non si cambia” eppure è proprio quando si ha pubblico e critica dalla propria parte che è il momento migliore per osare, per introdurre un elemento nuovo se non di rottura. Teatro del Simposio, realtà nota per il costante lavoro di ricerca e sperimentazione, sceglie quindi, ancora una volta, di mettersi in gioco e per Sogno americano #2. Tennessee Whisky Circus coinvolge il giovane drammaturgo Zeno Piovesan.
La compagnia già in passato si è affidata a scrittori esterni come Giulia Lombezzi – co-autrice di Ray. Con tutta quell’acqua a due passi da casa, il primo capitolo della trilogia di Sogno americano nata da un’idea di Francesco Leschiera, Manuel Renga ed Ettore Distasio – ma erano penne note, di comprovata esperienza. Zeno Piovesan è invece fresco di diploma alla Civica scuola di teatro Paolo Grassi e si è rivelato una piacevolissima scoperta, più che all’altezza del compito affidatogli. Piovesan è infatti riuscito nel complesso incarico di restituire appieno l’atmosfera dei drammi di Tennessee Williams senza saccheggiarne i contenuti.
Una scelta compiuta dalla compagnia a cuor leggero perché tanto in scena ci sono loro: Ettore Distasio e Mauro Negri diretti da Francesco Leschiera. È una squadra già ampiamente collaudata e applaudita, reduce con 90 minuti da un tour conclusosi con la partecipazione a Estate sforzesca 2020 – la rassegna estiva di spettacoli dal vivo organizzata da Comune di Milano nel cortile del castello – e vincitrice dell’ultima edizione del progetto Next con Sogno americano #1. Una squadra che, con quel fare un po’ stropicciato, è perfetta protagonista del mondo di Tennessee Williams. Un mondo noto al grande pubblico sia grazie alle frequenti rappresentazioni teatrali sia attraverso le riduzioni cinematografiche.
Tennessee Whisky Circus, come suggerisce il titolo, è ambientato in un originale circo a scala domestica, dove il rapporto tra artista e spettatore è di 1:1. Greta Asia Di Vara interpreta la contorsionista capace di entrare in una piccola scatola di cristallo, numero difficilissimo eseguito con successo solo da pochissimi artisti e Mauro Negri è lo spettatore di turno che, intenerito dalla triste storia della ragazza, se ne innamora e le propone di fuggire insieme. Sino a quel momento per la giovane circense l’unica possibilità di evasione dalla mesta quotidianità era rappresentato dal sogno di riuscire a guadagnare abbastanza e partire con lo zio, abbandonando quello squallido appartamento per esibirsi nelle principali città europee.
Ettore Distasio è lo zio dell’artista oltre che suo impresario, presentatore, direttore, PR e tuttofare di questa bizzarra attività. È un uomo disilluso dalla vita che un giorno si è visto affidare una bambina affascinata dalla magia del circo affinché ne facesse una celebrità. Egli ha finito per essere iperprotettivo nei suoi confronti, atteggiamento oppressivo dietro cui si cela la stessa violenza psicologica perpetrata da Amanda Wingfield sulla figlia Laura ne Lo zoo di vetro, un bisogno di controllo sulla sua professione che finisce per soffocare la libertà e il pensiero della persona.
Di rimando, la contorsionista si comporta come vivesse perennemente nella sua scatola di cristallo, una gabbia in cui le arriva una percezione ovattata e distorta della realtà e del mondo esterno, una gabbia in cui inizia a mancarle l’aria. La scatola è metafora esistenziale sua ma anche degli altri protagonisti di Tennessee Whisky Circus, tutti prigionieri di una vita che li delude eppure incapaci di sfondarne le pareti e inseguire i propri sogni.
La scatola, piccola, trasparente e apparentemente inoffensiva, è parte della scenografia e si staglia solitaria nella parte anteriore del palcoscenico, a separare l’azione dal pubblico in sala a Teatro Linguaggicreativi di Milano. La superficie lucida riverbera i bagliori delle luci di scena rendendo l’oggetto evidente e incombente: la sua visione è un monito alla giovane e ai due uomini che si contendono il diritto di deciderne il futuro sull’ineluttabilità della propria condizione.
La scatola evoca i cubi luminosi presenti nelle passate produzioni di Teatro del Simposio, elemento sublimato in Frammenti di contemporaneità (Meno emergenze) dove i cubi sono utilizzati quale unica componente della scenografia, contribuendo a dare un tono di assolutezza atemporale alle paure e al malessere sociale descritti da Martin Crimp.
I dialoghi originali scritti da Zeno Piovesan sovente sfumano in monologhi introspettivi che spalancano una finestra sulla personalità dei personaggi, mostrandone ambizioni e frustrazioni al fine di conferire loro tridimensionalità e credibilità. Il testo restituisce inoltre un’istantanea dell’America rurale del dopoguerra, con i suoi territori sconfinati e i panorami monotoni in cui far galoppare i pensieri in libertà. Una monotonia che caratterizza anche la vita degli abitanti e, unita a una dilagante povertà, annega il mito del sogno americano e le speranze di riscatto in un bicchiere di whisky.
I riferimenti cui Francesco Leschiera sembra attingere per connotare le tre figure di Tennessee Whisky Circus sono autentiche icone d’oltreoceano, divenute famigliari anche nel vecchio continente grazie a film e programmi televisivi. Pensiamo allo Zio Sam con il suo sgargiante completo stelle e strisce, intento a reclutare pubblico, oppure al tenero Charlot innamorato – non ricambiato – della figlia del padrone della compagnia ne Il circo (1928). In realtà sono molte altre le citazioni che si possono cogliere nel corso dello spettacolo ma lasciamo al lettore il piacere di scoprirle.
Il cinema sin dalle origini trae ispirazione dal mondo circense, utilizzandolo quale pittoresca – e a volte grottesca – metafora della società. Dietro i lustrini, le piume e il trucco pesante di clown e acrobati si nascondono animi inquieti, violenza, frustrazione e soprusi sia morali sia fisici. Citiamo a caso le pellicole più note, dall’inquietante Freaks (1932) ai più rassicuranti melò hollywoodiani Il più grande spettacolo del mondo (1952) diretto da Cecil B. DeMille, Trapezio (1956) con Burt Lancaster e Tony Curtis in sfida per ottenere l’amore di Gina Lollobrigida e Il circo e la sua grande avventura (1964) con Rita Hayworth, Claudia Cardinale e John Wayne. Non scordiamo il ruolo fondamentale del circo nella poetica felliniana, a iniziare da La strada (1957) con cui il regista e sceneggiatore riminese assurge a celebrità internazionale.
Complice la coinvolgente interpretazione proposta da Mauro Negri, Ettore Distasio e Greta Asia Di Vara, anche questo secondo capitolo di Sogno Americano centra dunque il cuore degli spettatori e li conduce per mano nel mondo di Tennessee Williams. Un mondo di uomini e donne schiacciati dalla vita, rassegnati a un’endemica infelicità che colpisce indifferentemente ogni classe sociale. Un mondo arido di sentimenti dove l’alcool a buon mercato scorre copioso per anestetizzare il malessere esistenziale.
Silvana Costa
Lo spettacolo continuaa:
Teatro Linguaggicreativi
via Eugenio Villoresi, 26 – Milano
24 e 25 ottobre 2020
dall’8 al 10 aprile 2022
www.linguaggicreativi.itSogno americano #2
Tennessee Whisky Circus
a cura di Francesco Leschiera, Manuel Renga, Ettore Distasio
drammaturgia di Zeno Piovesan
supervisore alla drammaturgia Manuel Renga
regia di Francesco Leschiera
con Mauro Negri, Ettore Distasio, Greta Asia Di Vara
scene e costumi di Paola Ghiano, Margherita Ghiano, Francesco Leschiera
luci di Luna Mariotti
assistente alla regia Serena Piazza
aiuto regia Andrea Marengo
grafica di Valter Minelli
produzione Teatro del Simposio