Una mostra allo Spazio Oberdan mette in luce uno degli aspetti meno approfonditi della figura di Giovanni Testori, poeta e critico d’arte che, nel corso della sua esistenza, esercita un attento e appassionato ruolo di talent scout dell’arte contemporanea, scoprendo molti artisti italiani che sarebbero poi divenuti famosi e lanciando autori internazionali nel proscenio italiano.
È la critica d’arte, più che l’arte stessa, la protagonista della nuova mostra in corso, sino a inizio novembre, allo Spazio Oberdan di Milano. I giudizi, sono vergati da Giovanni Testori con lo stesso stile aulico ed onirico di tante sue composizioni poetiche o teatrali. Allievo prediletto – come recita la biografia ufficiale – dello storico dell’arte Roberto Longhi, inizia la propria carriera dedicandosi allo studio ed alla divulgazione del periodo lombardo-piemontese tra XVI e XVII secolo, ma non è questo l’oggetto degli scritti di età matura e soggetto di Milano Vienna Berlino – Testori e la grande pittura europea.
I testi, risalenti principalmente agli anni ’70 ed ’80, sono tratti da recensioni e cataloghi di mostre promosse dallo stesso autore per lanciare alla ribalta, nel nostro paese, giovani talenti italiani e mitteleuropei dimostrando indubbio fiuto perché, col tempo, le loro opere sono entrate nell’olimpo dell’arte contemporanea: i tedeschi Nuovi selvaggi, i neo-espressionisti austriaci e svizzeri, e i cosiddetti Nuovi ordinatori. È impagabile trovare in un’esposizione, soprattutto se temporanea, invece della classica, laconica, didascalia, un articolato giudizio di merito artistico che utilizzi figure retoriche pescate a piene mani dalla mitologia, dalla filosofia e dalla religione cattolica, che, costruendo arditi paragoni, spieghino la tecnica e la simbologia di ciascun artista. Soffermandosi nella lettura emerge anche il ritratto intimo del critico che non riesce a separarsi dall’uomo, faticando a nascondere il rapporto di amicizia nato dalla frequentazione diretta dei pittori.
Il percorso espositivo si apre e si conclude con due ritratti di Testori, eseguiti, rispettivamente da Willy Varlin e Rainer Fetting. La distribuzione delle opere pittoriche segue un ordinamento geografico: prima tappa la Svizzera. I visitatori sono accolti dagli imponenti nudi maschili in pose alludenti a divinità ed eroi mitologici, così come codificati dai canoni dell’arte classica, eseguiti da Karl Klaus Mehrkens. Sia le grandi dimensioni delle tele che la plasticità dei corpi ci richiamano immediatamente la serie dei Pugilatori, dipinta da Testori tra la fine del 1969 e primi anni ’70 in cui gli atleti, in perenne movimento, sono raffigurati da soli o in combattimento l’uno contro l’altro. In Oziosa giovinezza il critico, che conosce Mehrkens nel 1985 e prende a frequentarne assiduamente lo studio milanese, si sofferma a riflettere sui soggetti di queste tele riproponendo il confronto tipicamente pasoliniano tra arte e vita reale. “Se Mehrkens arriva piano piano al colosso questi eroi si titolano con i nomi dei ragazzi che incontriamo per strada, lungo i viali notturni, quelli che vediamo uscire dagli stadi e dalle fabbriche, o entrare nei fast food e nelle discoteche”.
La vena mistica domina la sala che ospita le Croci dipinte dall’austriaco Arnulf Rainer sul finire degli anni ’80, alternando alle tele i versi del componimento in cui Testori associa sacro e profano, la passione di Cristo ed i turbamenti amletiani, in un angosciante crescendo di drammaticità. Un’altra poesia compare più avanti lungo il percorso di visita, dedicata questa volta a Rainer Fetting in cui il critico “militante” di Novate vede una sorta di reincarnazione di Vincent Van Gogh per la sua pittura gestuale e rapida oltre che per l’impatto emotivo di certi lavori sullo spettatore, come l’Autoritratto con capello rosso (1985). Il rapporto di reciproca stima e complicità instauratasi tra i due artisti è documentato dal reportage fotografico realizzato mentre Testori posa per il ritratto esposto in chiusura della mostra.
Tra gli italiani segnaliamo un dipinto di un giovanissimo Velasco Vitali: L’eroe (1984). La poetica del branco di cani è ancora in là da venire, ma la vista di questa opera suscita comunque il dibattimento tra la repulsione per il decadimento psico-fisico del soggetto, e l’attrazione per i toni grotteschi del ritratto. Non mancano nemmeno le visioni di Milano realizzate dal nipote Giovanni Frangi, cresciuto frequentando la casa di Novate e lo studio in via Brera dove, sin da giovanissimo, ha avuto la possibilità di incontrare, osservare all’opera e studiare numerosi artisti contemporanei di area tedesca.
Completano il percorso di visita una selezione dei tanti cataloghi che raccolgono i testi critici di Giovanni Testori e le video interviste dei galleristi Alain Toubas, Enzo Cannaviello ed Emilio Mazzoli. Anticipiamo infine che questo evento, ospitato nello spazio espositivo ufficiale della Provincia di Milano, sancisce l’inaugurazione di una fitta serie di iniziative a cura dell’Associazione Giovanni Testori – tra cui una grande mostra alla Pinacoteca di Brera prevista per la primavera – volte a commemorare l’autore nel ventennale della morte.
Silvana Costa
La mostra continua alla:
Spazio Oberdan
viale Vittorio Veneto 2 – Milano
fino a domenica 3 novembre
orari: 10.00-19.30 (martedì e giovedì fino alle 22.00)
chiuso il lunedì
ingresso libero
www.provincia.milano.it/cultura/manifestazioni/oberdan/Giovanni_Testori/index.htmlMilano Vienna Berlino
Testori e la grande pittura europea
a cura di Mimmo Di Marzio
promossa da Provincia di Milano/Assessorato alla Cultura
in collaborazione con Opera d’Arte
catalogo edito da Skiradidascalie:
R. Fetting, Self with red hat, 1985, 170×140 cm, olio su tela
Willy Varlin, Ritratto di Testori, 1971, 176 x 119 cm, olio su tela