Al Teatro Menotti, nell’adattamento di Fausto Malcovati da un romanzo di Franz Kafka, vanno in scena le tribolazioni dell’emigrante Rossmann, giunto negli Stati Uniti alla ricerca di un benessere che sembra inafferrabile.
Tutta la magia dei sogni, racchiusi nella valigia di cartone degli emigranti di inizio secolo, rivive in Amerika, la nuova produzione de Gli Ipocriti. Maurizio Scaparro, ormai famoso per la sua abilità nel portare in scena trasposizioni di testi letterari – ricordiamo, per esempio, Don Chisciotte e Memorie di Adriano – dirige la compagnia partenopea in una trasognante riduzione dell’omonimo romanzo giovanile di Kafka, tradotta e adattata da Fausto Malcovati.
Giovanni Anzaldo è magistrale nel caratterizzare Karl Rossmann con tutta l’altalenante gamma di sentimenti provati da quanti, agli albori del XX secolo, sono sbarcati ad Ellis Island con la speranza di costruirsi una vita migliore di quella abbandonata nella terra natia. Attingendo probabilmente dai racconti che gli emigrati spedivano ai parenti rimasti nel vecchio continente, Kafka restituisce un’immagine indubbiamente stereotipata degli Stati Uniti, Paese dispensatore di opportunità e ricchezze a chiunque dimostrasse voglia di arrotolarsi le maniche e darsi da fare. Quei racconti rappresentano anche la principale fonte documentaria di Kafka che, non essendo mai stato in America, ha riportato descrizioni a volte inesatte delle meraviglie di quel lontano Paese, non per questo risultanti meno efficaci nel descrivere l’emozione del viaggio, vero o immaginato che sia. Prendiamo per esempio l’incipit: non ci importa cosa effettivamente brandisca la Statua della Libertà perché restiamo comunque affascinati da quel senso di libertà che il protagonista – e noi con lui – respira. «Quando il sedicenne Karl Rossmann, mandato in America dai suoi poveri genitori perché una cameriera l’aveva sedotto e aveva avuto un figlio da lui, entrò con la nave a velocità ridotta nel porto di New York, vide la Statua della Libertà, che già stava contemplando da tempo, come immersa in una luce d’un tratto più intensa. Il braccio con la spada sembrava essersi appena alzato, e attorno alla sua figura spiravano liberi i venti»
Karl sgrana gli occhi non riuscendo mai a saziarsi completamente delle sconfinate pianure americane, si sorprende davanti ai prodigi della tecnica e, nonostante i furti, le botte e le mortificazioni subite, non perde mai il vivace entusiasmo della gioventù. Sbarcato dal transatlantico, un mondo di sfide lo attende e Karl è conscio che dipenderà esclusivamente dalle sue forze riuscire a guadagnare un posto in un ufficio o, ancor meglio, a fare fortuna e diventare ricco come lo zio materno il cui cognome – Jakob – è un omaggio a Jacob Kafka, padre dell’autore. I fallimenti sono in agguato, così come le insidie e i pericoli. A tratti, le vicende di Karl ci ricordano quelle di Pinocchio: come il burattino di legno, il giovane – a tratti ancora troppo ingenuo per affrontare la vita senza la guida dei genitori – si imbatte, a più riprese, in Delamarche e Robinson, una bizzarra coppia di loschi individui che si offrono di aiutarlo a far fortuna, dispensando consigli e alleggerendolo dei pochi averi. Amerika punta infatti impietosa il dito contro le mille contraddizioni di un paese giovane, dove gli espedienti di piccoli e grandi malfattori si mescolano all’arroganza di quanti hanno raggiunto un posto di comando. La storia tuttavia sembra mostrare una via per la redenzione ed il riscatto morale, celebrando valori quali la solidarietà tra compagni di avventura, l’amicizia tra persone provenienti da Paesi diversi e la dolcezza femminile e noi, se non avessimo letto il libro, potremmo quasi pensare che Malcovati abbia travisato il testo originario, tanto stentiamo a trovare traccia delle angosce esistenzialiste che caratterizzano le opere kafkiane della maturità.
Il finale aperto ben si adatta all’incompiutezza del romanzo eppure, sebbene alcuni studiosi kafkiani sostengano che l’autore volesse concludere l’opera con un messaggio positivo e di speranza, ci sembra che l’ultima scena abbia un che di inquietante. L’entusiasmo di Karl dinnanzi alla nuova avventura lavorativa che lo attende, insieme ad amici vecchi e nuovi, non basta a sollevarci l’animo! Sarà la fascia gialla al braccio, sarà il viaggio in treno dove il giovane sta ammassato a decine di altre persone, sarà che da poco abbiamo celebrato la Giornata della Memoria….ma il finale allestito da Scaparro sembra sospendere una grossa scure sui sogni di questo ragazzo. E in questo riconosciamo lo stile dello scrittore di origini ceche.
La messa in scena è allegra e gioiosa grazie alla presenza di un trio di musicisti che esegue dal vivo musiche yiddish e i trascinanti pezzi di ragtime firmati da Scott Joplin e riadattati da Alessandro Panatteri. Le porte, che si aprono in segno di speranza o sbattono sottolineando il frantumarsi di un progetto, sono la componente fondamentale di una scenografia essenziale ma evocativa che permette agli attori in scena di dare vita e vere e proprie coreografie danzate che strizzano l’occhio ai vecchi numeri di varietà. Grazie alla sua apparente levità Amerika riesce a scaraventarci indietro di un secolo e, tra un accenno di passi di danza e una performance di canto, vuole far riflettere sul valore della multiculturalità quanti, oggigiorno, ancora si oppongono all’integrazione degli immigrati.
Silvana Costa
Lo spettacolo continua:
Teatro Menotti
via Ciro Menotti 11 – Milano
fino a domenica 15 febbraio 2015
www.teatromenotti.org
Amerika
di Franz Kafka
traduzione e adattamento di Fausto Malcovati
con Giovanni Anzaldo, Ugo Maria Morosi, Carla Ferraro
e Giovanni Serratore, Fulvio Barigelli, Matteo Mauriello
musiche ispirate alla cultura yiddish della vecchia Europa e al jazz nero di Scott Joplin adattate da Alessandro Panatteri
eseguite dal vivo da Alessandro Panatteri (piano), Andy Bartolucci (batteria), Simone Salza (clarinetto)
scene Emanuele Luzzati
riprese da Francesco Bottai
costumi Lorenzo Cutoli
movimenti coreografici Carla Ferraro
regia Maurizio Scaparro
regista assistente Ferdinando Ceriani
organizzazione generale Melina Balsamo
produzione Compagnia Gli Ipocriti
in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola di Firenze
www.ipocriti.com
Prossime tappe
19 e 20 febbraio, Mestre (VE), Teatro Toniolo
24 febbraio, Sansepolcro (AR), Teatro Dante
25 e 26 febbraio, Carrara, Nuova Sala Garibaldi
3-5 marzo, Thiene (VI), Teatro Comunale
6-8 marzo, Treviso, Teatro Comunale
10 marzo, Padova, MPX
13 marzo, Avellino, Teatro Carlo Gesualdo