Una casa di bambola

Casa di bambola 04Al Teatro Franco Parenti debutta l’intensa versione del capolavoro di Ibsen firmata da Andrée Ruth Shammah.

Una casa di bambola, la nuova produzione del Teatro Franco Parenti in scena sino al 24 febbraio, registra ad ogni replica un grande consenso di pubblico. Merito del sapiente lavoro di traduzione, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah e dell’interpretazione convincente di un cast affiatato come non mai, tra cui spicca la carismatica presenza in scena di Filippo Timi che si fa in tre per ricoprire i ruoli di Torvald, Krogstad e del dottor Rank. Marina Rocco, la capricciosa Eugenia de Gli innamorati (leggi la recensione), è Nora e Mariella Valentini interpreta la signora Linde. Quest’ultima torna al teatro dopo vent’anni d’assenza: il suo ultimo spettacolo era stato La vita è sogno di Calderon de la Barca con la regia di Andrée Ruth Shammah, la stessa regista che dieci anni prima l’aveva diretta – giovane attrice alle prime esperienze teatrali – ne I promessi sposi alla prova di Testori.
Tra i tanti allestimenti del dramma di Ibsen che abbiamo visto, questo brilla per la sua integralità: la Shammah non solamente non ha tagliato nulla della trama ma ha compiuto un lavoro certosino, prendendo a prestito battute da altre opere dell’autore norvegese per inserirle nei dialoghi. Un lavoro certosino motivato dal desiderio di chiarire al pubblico il più possibile l’intricato giallo – e il profondo dramma umano – che si dipana sotto i loro occhi. Tutto si sviluppa secondo il testo originale – assecondando tutte le dettagliate note di regia lasciate da Ibsen – senza smontaggi e rimontaggi, in una poetica versione in tre atti, uno per ciascuno dei giorni in cui si dipana il racconto.
Tre anche le declinazioni della figura maschile tenute insieme dalla forza interpretativa di Filippo Timi che dà spessore alle figure di Torvald il marito/padrone, del ricattatore Krogstad e del dottor Rank da sempre innamorato di Nora ma senza aver mai avuto il coraggio di rivelarsi. Timi compie un notevole sforzo nel saltare nei panni ora dell’uno ora dell’altro personaggio, restituendoci tre personaggi efficacemente caratterizzati, nettamente distinti tra loro eppure complementari, come se fossero le diverse sfaccettature di una stessa persona. Se Ibsen si è speso nella denuncia dell’ipocrisia e del maschilismo che regnano all’interno delle case borghesi al volgere del XX secolo, Andrée Ruth Shammah ha invece imboccato un’altra direzione, dipingendo i tre uomini con grande pietas e umanità: tre vittime delle circostanze e della società, tre bambole manipolate con gran perizia da Nora e Linde.
Nora, dal canto suo, non vuole essere inchiodata nello stereotipo della vittima che si ribella. Il personaggio cui dà vita Marina Rocco non si sente né vittima né ribelle, è una donna con tutte le sue contraddizioni e l’esigenza continua di vivere eccitata: vuole la sua “cosa meravigliosa”; inventa cose; ha mille sogni da realizzare ma, soprattutto, desidera un marito eroico. Nora, ascoltando i suggerimenti ricchi di buongusto del marito, arreda una casa di bambola ed obbliga tutti a viverci dentro e a giocare con lei, fingendosi fragile per meglio manipolare gli uomini che la circondano. La contraddizione continua sembra il percorso scelto da Nora e Torvald – ma anche da Linde e Krogstad – per conseguire l’unione vera tra uomo e donna. Ma l’amore esiste o stanno solamente inseguendo una chimera? Andrée Ruth Shammah sembra convinta esista tanto che prende il fattorino (interpretato da Marco De Bella) – che nel testo originale ha una sola battuta – e lo  trasforma nel protagonista di una grande storia d’amore con la cameriera (Angelica Gavinelli). Una piccola digressione e, al contempo, un grande escamotage a indicare come tra la gente del popolo, senza capricci e inganni, l’amore sia possibile.
Gian Maurizio Fercioni svela come a casa Helmer tutti osservino con attenzione quanto accade in salotto, grazie allo stratagemma di ripartire lo spazio scenico utilizzando tessuti leggeri e trasparenti, consentendo al pubblico di vedere cosa accade nel frattempo nelle altre stanze della casa. Barbara Petrecca trae spunto alle battute di Nora per la scelta degli arredi, tutti declinati nei delicati toni del rosa antico e del verde salvia: perfetti per la casa di una bambola. In conferenza stampa Andrée Ruth Shammah ha inoltre confidato di essersi ispirata alla figura femminile dai lunghi capelli scuri che compare nei bozzetti per le scenografie disegnate da Edvard Munch per la presenza immobile e silenziosa di Elena Orsini che guarda l’azione dall’angolo del palcoscenico e crea tensione con la sua sola, eterea, presenza.
Lo spettacolo è emozionante, ricco di suspense e poesia. In una parola: perfetto. Eppure usciamo insoddisfatti, ci sembra manchi qualcosa. Con grande maestria Andrée Ruth Shammah ha preso un grande classico del teatro di tutti i tempi e lo ha portato in scena in maniera filologicamente corretta, creando un “successo annunciato”. Le quasi tre ore di spettacolo scorrono veloci a parte qualche lieve caduta di ritmo – forse è per questo che tanti registi tagliano scene? La regista ha potuto utilizzare i migliori artisti che hanno calcato le scene del Teatro Franco Parenti in questo ultimo decennio. Eppure, crediamo, che avendo a disposizione quel genio irriverente di Filippo Timi che i classici li riscrive prima di accingersi ad interpretarli, avrebbe potuto osare di più. Alla fine, la scelta più irriverente di questa Una casa di bambola è affidare ad Andrea Soffiantini il cameo della bambinaia Anne Marie che, ad ogni atto, colpisce con una massima tratta da altre opere di Ibsen, una battuta che le consente di far capire il suo punto divista senza il bisogno di esternarlo esplicitamente. Una cosa che a noi proprio non riesce.

Silvana Costa

Casa di bambola - foto di Tommaso Le Pera (5)Casa di bambola 01

Lo spettacolo continua:
Teatro Franco Parenti – Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a mercoledì 24 febbraio 2016
orari: martedì, giovedì e sabato 20.30; mercoledì e venerdì 19.30; domenica 15.30; lunedì riposo
www.teatrofrancoparenti.it

Una casa di bambola
di Henrik Ibsen
traduzione, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah
con Filippo Timi, Marina Rocco
con la partecipazione di Mariella Valentini
e con Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Elena Orsini, Paola Senatore
spazio scenico Gian Maurizio Fercioni
elementi scenici Barbara Petrecca
costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele
luci Gigi Saccomandi
musiche Michele Tadini
durata 170 minuti