Una guerra epocale

54 foto per raccontare gli eventi della Prima Guerra Mondiale tra il 1914 e il 1918 immergendo lo spettatore nell’atmosfera tragica, incredibile ed epocale di quel conflitto.Alla Casa di Vetro si gioca d’anticipo inaugurando, qualche mese prima del fatidico 28 luglio, la mostra in ricordo dei cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Data funesta per l’umanità che, quattro anni più tardi, al temine del contenzioso bellico, dopo aver contato nove milioni di morti sui soli campi di battaglia, si ritrova di colpo scaraventata nell’era moderna.
Il conflitto, iniziato con quella che sembra una disputa circoscritta tra Impero Austroungarico e Regno di Serbia, si estende rapidamente a tutta l’Europa per poi coinvolgere, tra le tante nazioni, i membri del Commonwealth, il Giappone e gli Stati Uniti, assumendo pertanto la classificazione di mondiale. È questo uno dei primi elementi che rendono la Prima Guerra Mondiale un episodio di portata eccezionale, segnando una cesura netta rispetto alle esperienze belliche sino ad allora vissute. Il racconto offerto da Alessandro Luigi Perna – curatore della mostra – è straordinario per la capacità di raccontare gli uomini che vi presero parte più che le vicende politiche, la vita quotidiana dei soldati semplici più che le strategie dei generali. Analizzando i materiali delle collezioni degli archivi inglesi Heritage, Topfoto, Mary Evans, Science and Society Picture Library – Musei di Londra, dei francesi Rue des Archives, e degli archivi tedeschi del quotidiano Süddeutsche Zeitung, Perna ha saputo estrarre 54 foto, ciascuna, a suo modo, emblematica. Senza quasi riuscire a distinguere a quale schieramento appartengano i militari fotografati o in quale nazione sia stata catturata l’immagine, la mostra riesce a restituirci il senso di democratica drammaticità del conflitto dove, non sempre, i vincitori sono i meglio equipaggiati o i meglio nutriti.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale sono introdotte nuove armi che segnano un drastico passaggio da tecniche di combattimento dal sapore ancora medievale all’era moderna: osserviamo infatti corazze metalliche che si rivelano immediatamente inadeguate dinnanzi al fuoco delle mitragliatrici tedesche o soldati che, dopo l’attacco con i gas, finiscono gli avversari con le mazze ferrate. Teniamo presente che molti degli eserciti scendono inizialmente in campo con le eleganti e variopinte uniformi ottocentesche ma, entro la fine del conflitto, si dotano di uniformi mimetiche ed elmetti d’acciaio. Scorrendo le fotografie è interessante studiare le uniformi per cercare di indovinare da quale parte del globo provengano i diversi soldati distinguendo, dal copricapo, i cavalieri austriaci dagli australiani o dagli algerini.
Se sorridiamo con i soldati che scherzano durante gli addestramenti con le maschere antigas o mentre attendono l’evolversi dell’azione dal loro rifugio, l’espressione muta davanti alle scene di battaglia, riprese dal fotografo nel mezzo dell’azione, con i proiettili che gli sibilano sopra al capo. Le fotografie dei combattimenti restituiscono appieno la crudezza del conflitto, l’avversità delle condizioni climatiche in cui i soldati devono destreggiarsi, in immagini in cui la patina del tempo si impasta con il fumo delle munizioni esplose e la nebbia dei rigidi mesi invernali.
Quelli che ci guardano dagli scatti in bianco e nero sono volti giovani. È impressionante pensare quanto sia cambiata la nostra società: allora un ventenne era già un uomo che, lasciati moglie e figli a casa, scende in campo a combattere, comandando magari una propria brigata partigiana. Muore appena venticinquenne il capitano di cavalleria Manfred Freiherr von Richthofen consegnato al mito, per aver abbattuto ufficialmente 80 apparecchi nemici, con il nome di Barone Rosso dal colore del suo triplano Fokker. Pochi centimetri più in là sono appesi i ritratti di altre due figure leggendarie del conflitto: il fascinoso tenente colonnello inglese Thomas Edward Lawrence, alias Lawrence d’Arabia, davanti cui ci soffermiamo a constatare quanto Peter O’Toole, interprete del celeberrimo film del 1962, gli assomigli e Mata Hari, la più famosa spia della Prima Guerra Mondiale, giustiziata dai francesi nel 1917. Di fianco a costoro si sviluppano racconti di soldati semplici che cercano una parvenza di normalità nel ripetere le consuete azioni quotidiane: sia una doccia, una partita di calcio o festeggiare il Natale. Peccato che, nell’ordine, queste fotografie siano state scattate a bordo di un sottomarino della flotta russa, mentre i giocatori indossano le maschere antigas o durante una delle tregue non ufficiali poi represse duramente dagli alti comandi. In quel feroce quadriennio la normalità si identifica in scene come quelle del cappellano che prega – unica figura in piedi in mezzo alla distesa di corpi senza vita rimasti sul campo dopo un assalto – piuttosto che la mesta processione dei soldati che recano ai compagni di guardia il modesto conforto del rancio serale. In contrapposizione a questi spaccati di cruda realtà, ne troviamo altre che esaltano gli aspetti più spettacolari ed emblematiche della guerra come le navi della flotta alleata mentre sparano un colpo a salve di saluto mentre attraversano il Bosforo, o la sfilata del carro armato inglese Britannia sulla V Strada a New York o l’affondamento dell’incrociatore tedesco Blücher nel Mare del Nord, il 24 gennaio 1915.
Le fotografie selezionate mostrano oltre alla devastazione sugli uomini anche quella sul territorio: osservando la ripresa aerea delle posizioni italiane e Austro-Ungariche, le trincee dei due eserciti sembrano cicatrici nel terreno. Di fronte alla foto del primo raid aereo di uno Zeppelin su Londra e quella del bombardamento notturno sopra un campo di battaglia, che ci fa illudere di trovarci davanti ad un innocente spettacolo pirotecnico, ci si rende conto dell’elevata qualità delle fotografie, eseguite dai reporter in situazioni estremamente precarie, che ci consente di cogliere il contesto in ogni suo singolo dettaglio.
Seppur buona parte di questo racconto sulla Grande Guerra abbia un’accezione prettamente maschile, Perna non tralascia di ricordare il contributo fondamentale fornito da questi eventi al processo di emancipazione femminile. Con buona parte degli uomini al fronte, le donne hanno infatti l’opportunità – ma anche la necessità – di fare ingresso nel mondo del lavoro, inserendosi in fabbriche ed uffici, ottenendo così l’indipendenza economica e facendosi carico del mantenimento della famiglia.
Molti di noi hanno la fortuna di avere anziani parenti pronti a ricordare gli eventi della Seconda Guerra Mondiale mentre è praticamente impossibile trovare chi possa rispolverare i ricordi del Primo conflitto per cui ci sembra giusto invitare il pubblico a visitare questa mostra. Ogni fotografia esposta racconta una storia veicolandola non solo attraverso l’immagine ma anche grazie alle articolate didascalie che, grazie ad un attento lavoro di ricerca e ricostruzione dei fatti, ci catturano per quasi due ore con la narrazione avvincente di eventi e curiosità.

Silvana Costa e Maria Chiara Sicari

La mostra continua:
Casa di Vetro
via Luisa Sanfelice  3 – Milano
fino a venerdì18 aprile 2014
orari: da lunedì a sabato 14.30 – 19.30
giorni di chiusura settimanale: giovedì e domenica
giorni di chiusura straordinaria i sabati 15 marzo e 12 aprile
ingresso: libero
www.lacasadivetro.com

History & photography 2014
La storia raccontata dalla fotografia
Una guerra epocale
Il primo conflitto mondiale nelle immagini degli Archivi inglesi, francesi e tedeschi gestiti in Italia da Tips Images
a cura di: Alessandro Luigi Perna
produzione e organizzazione: EFF&CI – Facciamo Cose
immagini di: Heritage / Tips Images, Topfoto / Tips Images, Mary Evans / Tips Images, SSPL – Science and Society Picture Library / Tips Images, Rue des Archives / Tips Images, Süddeutsche Zeitung / Tips Images
partner: Associazione La Casa di Vetro
www.effeci-facciamocose.com