A Milano è in corso la mostra che celebra la più grande icona femminile dell’universo DC Comics, l’invincibile guerriera che, come gli dei dell’Olimpo, lascia sotto mentite spoglie la propria dimora per unirsi ai mortali e guidarli verso ideali di libertà e giustizia.
Ottant’anni e non dimostrarli ma, in fondo, Diana, la principessa delle Amazzoni, è mortale solamente quando lascia l’isola di Themyscira. In occasione di questo importante compleanno Palazzo Morando, il museo di Costume Moda Immagine di Milano, le dedica la mostra Wonder Woman. Il Mito a cura di Alessia Marchi.
Mai sede avrebbe potuto essere più indicata per celebrare la paladina della giustizia amata persino da Carrie Bradshaw per i suoi accessori coordinati. Accessori e costume dall’alto valore simbolico, capaci di raccontare nell’insieme dei singoli dettagli le origini dell’iconica guerriera e la missione di difensore di libertà e giustizia.
Wonder Woman nasce nel 1941, quando Max Gaines – co-editore di All-American Publications, la casa editrice in seguito confluita in DC Comics – invita William Moulton Marston a proporre suggerimenti per nuovi personaggi e storie per i propri albi a fumetti. Marston, professore ad Harvard, laureato in legge e in psicologia con una passione per la scrittura che gli ha già fatto guadagnare un certo prestigio in ambito cinematografico, da anni supporta con fervore i principi del femminismo e coglie l’occasione per offrire all’altra metà del cielo un simbolo che le rappresenti. Dal connubio creativo con il disegnatore Harry G. Peters quello stesso anno nasce Wonder Woman, una paladina della giustizia capace di combattere il male alla stregua di Batman e Superman. Il debutto pubblico avviene sul numero 8 di All Star Comics, uscito a ottobre 1941 con data di copertina di gennaio 1942.
L’allestimento ideato da Madeof…Studio evoca una pagina di albo a fumetti, con le tinte piatte e le sale espositive trasformate in scatole monocrome caratterizzate da quegli stessi colori primari utilizzati per il costume di Wonder Woman. La mostra segue un andamento cronologico, dal primo bozzetto originale di Peters – con note a margine di Marston – alle ultime serie The New 52 (2011) e Rebirth (2016), sviluppando sezioni tematiche in cui si descrivono le origini del personaggio, si rievoca la folta schiera di nemici affrontati dalla supereroina, a iniziare da Cheetah, e si ripercorrono gli anni bui della censura.
Nel 1954 accade infatti che lo psichiatra Fredric Wertham pubblichi Seduction of the Innocent per denunciare i danni provocati ai bambini dai mass media e dall’industria del fumetto. Al saggio fa seguito una seduta del Congresso in cui si decreta l’istituzione della Comics Code Authority, un ente preposto alla valutazione degli albi a fumetti prima della loro pubblicazione. Di fatto un organo di censura per compiacere il quale Wonder Woman rinuncia ai propri superpoteri e si trasforma in una via di mezzo tra un’investigatrice e un’assistente sociale. Successivamente, nel 1968 con The New Wonder Woman, lo scrittore Denis O’Neil e il disegnatore Mike Sekowsky epurano definitivamente il personaggio del suo importante passato e sulla copertina del primo numero di questa nuova serie Diana traccia una grossa X sul proprio ritratto in tenuta da superoe e su quello con la divisa militare indossata durante la II Seconda Guerra Mondiale.
Serve una donna, l’attivista Gloria Steinem, ad aiutarla nel 1972 a vestire nuovamente il costume con l’aquila dorata e posare per la copertina del primo numero della rivista femminista Ms., accompagnata dal titolo “Wonder Woman for President”, riappropriandosi così dell’originario ruolo di paladina dell’emancipazione femminile. Tre anni dopo va in onda il primo episodio della serie prodotta da Warner Bros con protagonista Lynda Carter cui seguiranno cartoni animati e, in epoca più recente, film.
A tal proposito il pubblico può fruire di un secondo filo conduttore della mostra, rappresentato dalla sequenza di disegnatori che, a partire dal testimone raccolto da Harry G. Peters, sviluppano l’immagine di Wonder Woman al fine di mantenerla sempre fresca e al passo con i tempi, adattandola al media prescelto per la narrazione. Tra i tanti autori, un focus è dedicato alle italiane Laura Braga, Emanuela Lupacchino e Maria Laura Sanapo.
Al centro del percorso di visita di questa prima mostra italiana interamente dedicata a Wonder Woman Alessia Marchi colloca la sezione Il Mito, le Amazzoni, l’archetipo della Guerriera. Marston descrive la principessa Diana “bella come Afrodite, saggia come Atena, più veloce di Hermes, più forte di Ercole, tenace come Atlante, potente come Zeus e audace come Achille”. La giovane incarna le principali doti fisiche e morali decantate dalla mitologia greca e, dopo aver ascoltato i racconti del pilota americano Steve Trevor, le mette a disposizione dell’umanità per salvarla dalla minaccia nazista. Combatte indossando un costume caratterizzato dai simboli degli Stati Uniti – l’aquila e le stelle su fondo blu – mentre le armi sono un omaggio alla sua stirpe guerriera: i bracciali ricordano la prigionia subita dalle Amazzoni per volere di Ares mentre il lazo indistruttibile è stato forgiato da Efesto, dio del fuoco, dalla cintura di Gea, la dea della terra in cui Hippolyta, regina delle Amazzoni, plasma Diana. La caratteristica principale del lazo è tuttavia obbligare quanti cinge a dire la verità ed è più efficace del dispositivo con cui, sulla copertina al numero 53 dell’albo Wonder Woman, cercano di estorcere all’eroina l’identità segreta. Fatto curioso – ma tutt’altro che una mera coincidenza – è che nel 1921 William Moulton Marston consegua il dottorato con una tesi sul test sistolico, il principio alla base del funzionamento della macchina della verità.
La sala conclusiva della mostra, allestita con il supporto dello storico Maurizio Francesconi, analizza quanto le influenze della moda abbiano caratterizzato i cambiamenti di stile tanto di Wonder Woman quanto di Diana Prince, il suo alter ego nella vita quotidiana. Dopo aver ammirato nel corso della visita le copertine degli albi della serie The New Wonder Woman, dove Diana si ispira alla swinging London per abiti e tute, un video mostra i migliori outfit sfoggiati da Lynda Carter nella serie televisiva e da Gal Gadot nei film. A lato una vetrina racchiude una ricca rassegna di statuette raffiguranti Wonder Woman nelle varie fasi della sua evoluzione stilistica e l’immancabile Barbie da collezione.
Restando in tema di memorabilia, suggeriamo di non perdere l’occasione di acquistare il catalogo, pubblicato da 24Ore Cultura, disponibile anche in edizione limitata con la copertina dorata a richiamare i dettagli dell’inconfondibile costume.
Silvana Costa
La mostra continua:
Palazzo Morando | Costume Moda Immagine
via Sant’Andrea, 6 – Milano
fino a domenica 20 marzo 2022
orari: martedì – mercoledì – giovedì – venerdì 12.00 – 19.30
sabato – domenica 11.00 – 19.30
lunedì chiuso
la biglietteria chiude un’ora prima
www.costumemodaimmagine.mi.it
Wonder Woman. Il Mito
a cura di Alessia Marchi
contributo curatoriale moda di Maurizio Francesconi
progetto di allestimento Madeof…Studio
progetto illuminotecnico Studio Quintiliani Murano
grafica in mostra e immagine coordinata studio FM milano
video in mostra Storyville
www.mostrawonderwoman.itCatalogo:
Wonder Woman. Il Mito
a cura di Alessia Marchi
24Ore Cultura, 2021
23×28 cm, 212 pagine, 150 illustrazioni, brossura
prezzo: 32,00 Euro
www.24orecultura.com