A Milano sono in mostra i capolavori del Philadelphia Museum of Art: opere che hanno rivoluzionato il modo accademico di concepire l’arte, lasciti di collezionisti lungimiranti che spesso hanno intrattenuto rapporti diretti con gli artisti, selezionando il meglio della loro produzione.
A volte ci si domanda se senza il fervido lavoro di promozione del gallerista parigino Paul Durand-Ruel e senza l’entusiasmo dimostrato dai collezionisti statunitensi l’impressionismo avrebbe raggiunto i picchi di celebrità odierni. La pubblicità non solo è l’anima del commercio ma anche la sottile discriminate tra la notorietà e l’oblio, tra l’essere uno dei tanti misconosciuti movimenti che presero piede in Francia nella seconda metà del XIX secolo e un fenomeno artistico che travolse con impeto l’accademismo allora vigente, guadagnandosi l’ammirazione del pubblico e stimolando per decenni quanti vennero dopo di loro. L’anticonvenzionalità degli impressionisti prima e delle avanguardie poi conquista sin dalle origini i collezionisti americani, imprenditori di successo di una nazione giovane e dinamica, desiderosi di investire in opere che li rispecchiassero appieno. Già nel 1921, per esempio, il Philadelphia Museum of Art acquisisce capolavori assoluti tra cui: Marina in Olanda (1872) di Édouard Manet, La Zuiderkerk di Amsterdam: vista sul Groenburgwal (1874 circa) di Claude Monet e Paesaggio (1892) di Camille Pissarro. Giusto per dimensionare l’evento ricordiamo che per la prima musealizzazione di un dipinto impressionista a Milano, alla GAM, si deve attendere il 1958.
Impressionismo e Avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art. Una storia di grande collezionismo americano è la mostra che Milano dedica a questa importante istituzione culturale d’oltreoceano nell’ambito del programma Musei del mondo a Palazzo Reale, lanciato nel 2015. Il museo fu fondato nella città della firma della Dichiarazione di indipendenza nel 1876, in occasione del centenario dello storico evento; oggi gli oggetti d’artigianato e le opere d’arte delle diverse raccolte superano i duecentoquarantamila pezzi. Cinquanta tra pitture e sculture hanno attraversato l’oceano Atlantico per giungere a Milano dove sono esposte sino al 2 settembre nelle sale al piano terra di Palazzo Reale: sono capolavori che rendono conto della fitta rete di relazioni tra i grandi artisti e i collezionisti e tra gli impressionisti a fine Ottocento e le loro evoluzioni in avanguardie del XX secolo.
Il percorso si sviluppa in modo fluido tra le sale dello storico edificio ove si susseguono, di collezione in collezione, le diverse epoche della storia dell’arte, incrociando le vite degli autori con le figure di coloro che li hanno amati e accolti nelle loro dimore. Corrado Anselmi ha progettato un allestimento che ricrea il calore delle magioni americane, sviluppando due tipologie di ambienti diversi tra loro per distinguere lo spazio espositivo – pavimentato in legno con pareti rivestite in tessuto grezzo dalle tonalità naturali – dalle piccole stanze con pareti e moquette scure, dominate – a guisa di contemporanee cappelle di famiglia ricavate nel tempio della cultura – dalla gigantografia del collezionista che sembra vigilare dall’aldilà sulle opere che ha scelto di amare in vita.
La visita prende il via con i capolavori della Collezione dei fratelli Cassat: Alexander un ingegnere ferroviario e Mary una pittrice di talento trasferitasi nel 1871 a Parigi dove entra a far parte della cerchia degli impressionisti: è l’unica artista americana ad esporre nelle loro collettive e ai Salon. In mostra è presente Donna con collana di perle in un palchetto (1879), un saggio del suo talento: affascinata come Degas dai riverberi della luce artificiale, Mary Cassat in questa tela gioca sia con i riverberi delle lampade sulla pelle e sull’abito della giovane donna per conferire tridimensionalità al ritratto sia con un grande specchio posto alle spalle della protagonista per mostrare il pubblico presente a teatro. In questa prima sala dedicata all’impressionismo sono presenti i sopracitati dipinti di Monet, Manet e Pissarro oltre a La classe di danza (1880 circa) di Edgar Degas, un quadro classico e modernista, con un inconsueto scorcio dall’alto verso il basso, a imitare il punto di vista della macchina fotografica, e uno specchio che riflette il paesaggio urbano, utilizzato anche in questo caso ad ampliare la percezione dello spazio.
Anselmi inserisce un finto lucernario che infonde luce azzurro/verdastra nella sala delle colonne, interamente dedicata al tema dei Paesaggi. Luce e natura. Quasi senza leggere le didascalie né aver visto prima quelle opere è possibile riconoscerne gli autori: Monet con Il ponte giapponese (1895) sullo stagno delle ninfee, Il sentiero riparato (1873) e la Senna ghiacciata di Nebbia mattutina (1894) realizzata in condizioni estreme presso Bennecourt; La fiera in un pomeriggio di sole, Dieppe (1901) di Pissarro e I Grands Boulevards (1875) di Renoir, due vedute urbane en plein air che celebrano la magnificenza delle città francesi. Infine Paesaggio invernale, Giverny (1894), un’opera incompiuta di Cézanne che svela come, servendosi di un sottile pennello intriso di grigio, l’artista fissasse la veduta sulla tela prima di procedere con generose campiture.
Mentre negli anni Ottanta del XIX secolo il gruppo degli impressionisti si sfalda in nuovi movimenti, fanno breccia nel panorama artistico le figure di Van Gogh e Gauguin che nel 1888 si riuniscono ad Arles nel tentativo di dar vita a una nuova strada stilistica: la convivenza è breve e difficile. Risale a quel periodo il gruppo di ritratti eseguiti da Van Gogh ai famigliari del postino che lo ospita, utilizzando colori primari per gli abiti e un vivace giallo senape per lo sfondo. Due dipinti di questa serie, Camille e Madame Augustine con la piccola Marcelle, si sono straordinariamente ricongiunti al Philadelphia Museum of Art seguendo percorsi differenti ed ora, insieme, sono esposti a Milano.
Il percorso di visita prosegue alternando sale tematiche e profili di collezionisti quali Samuel Stockton White la cui passione per l’arte si sviluppa a Parigi nel 1901, durante una vacanza studio. In quell’occasione il giovane, rampollo di una famiglia di industriali, posa per Auguste Rodin quale ideale di “atleta americano”: ne L’atleta (modellato nell’argilla nel 1901-04; fuso in bronzo nel 1904) si vede come i rigonfiamenti dei muscoli del corpo plasmato dal culturismo creino sulla superfice un interessante gioco di ombre che deve aver affascinato lo scultore così come i visitatori della mostra. White, in seguito sposatosi con la pittrice Vera McEntire, colleziona in vita circa quattrocento opere – tutte donate al Philadelphia Museum of Art nel 1967 – risalenti al periodo in cui l’École de Paris transita dal XIX al XX secolo, dal postimpressionismo alle avanguardie. Afferiscono a questa eccezionale raccolta Le Quartier du Four à Auvers-sur-Oise (1873 circa) di Paul Cézanne, gli esordi cubisti di Georges Braque Cesta di pesci (1910 circa) e Natura morta con piatto di frutta (1936) e dipinti fauve di Rouault e Dufy.
La Collezione Stern consente una lettura più approfondita dei movimenti del primo Novecento grazie a creazioni di Bonnard, Renoir, Soutine – a lungo collega di Amedeo Modigliani – e a Donna seduta in poltrona (1920) in cui Henri Matisse oppone alla tridiensionalità della modella l’assoluta assenza di prospettiva della stanza decorata con tessuti variopinti. Louis Stern, un avvocato originario di Balta, una cittadina dell’attuale Ucraina, che ha trovato negli Stati Uniti una seconda patria, stabilisce inoltre una profonda amicizia con Marc Chagall, legame favorito dalla possibilità di parlare con lui nella lingua della terra natia. Di questo autore è in mostra l’onirico Nella notte (1943), uno struggente ricordo della prima notte di nozze in cui i due sposi si guardano negli occhi, stagliati su un bizzarro sfondo composto da arredi d’interno – il lume a olio – e un delicato paesaggio innevato.
La Collezione Arensberg traghetta definitivamente i visitatori nell’arte moderna con una raffinata selezione di tele cubiste: non solamente Picasso con l’Uomo con violino (1911-12) ma anche L’ora del tè (1911) di Jean Metzinger, definita da un critico parigino “la Monna Lisa del cubismo”, o l’Uomo al balcone (1912) di Albert Gleizes. Citiamo poi, in ordine sparso, il saluto all’Ottocento di Renoir con la Bagnante (1917-18 circa); Il bacio (1916), una versione primitiveggiante dell’omonima leggiadra scultura di Rodin del 1882 firmata da Constantin Brancusi; Cerchi in un cerchio (1923), la prima opera di Vasily Kandinsky dedicata a questa figura geometrica, elaborata negli anni in cui insegna al Bauhaus; il Carnevale al villaggio (1926) di Paul Klee.
Il Nudo (1926) di Joan Miró è l’ideale snodo tra la Collezione Arensberg e l’ultima sala del percorso di visita, dedicata al Surrealismo. Partire verso il polo interiore di sé stessi. A Mirò sono accostati il Simbolo agnostico (1932) di Salvador Dalí e I paralleli (1929) di Yves Tanguy: tre opere vicine nel tempo e nello stile ma così distanti nella carica simbolica che sottendono; tre opere da ammirare a lungo per coglierne appieno ogni singola suggestione.
La mostra, inaugurata a ridosso della festa della donna, si chiude con un omaggio a Picasso e alla figura femminile con Donna e bambine (1961), un emozionante ritratto di famiglia allargata in cui la nuova compagna Jacqueline Roque abbraccia, a destra, la di lei figlia Catherine Hutin-Blay e, a sinistra, Paloma Picasso.
Impressionismo e Avanguardie illustra in maniera articolata l’evoluzione del modo di eseguire ritratti, nature morte e paesaggi, dall’accademismo classico al cubismo, attraverso cinquanta capolavori di altissima caratura. Forse possono sembrare pochi per approfondire ogni singolo movimento eppure sono molto più che sufficienti per saturare l’animo di bellezza e cogliere il naturale fluire della storia dell’arte attraverso il dibattito tra scultori e pittori giunti sulle rive della Senna da ogni parte del mondo.
Silvana Costa
La mostra continua a:
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 – Milano
fino a domenica 2 settembre 2018
orari: lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
www.palazzorealemilano.it
Impressionismo e Avanguardie
Capolavori dal Philadelphia Museum of Art
a cura di Jennifer Thompson, Matthew Affron, Stefano Zuffi
progetto espositivo Corrado Anselmi
progetto di illuminazione Studio Balestreri Lighting Design – Barbara Balestreri
progetto grafico Dinamomilano
mostra promossa e prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale, MondoMostre Skira
www.impressionismoeavanguardie.itCatalogo:
Impressionismo e Avanguardie
Capolavori dal Philadelphia Museum of Art
Una storia di grande collezionismo americano
Timothy Rub, Jennifer Thompson, Matthew Affron
Skira, 2018
22 x 28 cm; 140 pagine; 60 illustrazioni a colori; 70 illustrazioni in b/n; cartonato
prezzo 33,00 Euro
www.skira.net