La mia America

Una raccolta di saggi di Gillo Dorfles conduce i lettori alla scoperta degli Stati Uniti, indugiando su personalità e correnti culturali, artistiche e filosofiche dal Dopoguerra ai giorni nostri.

Nel 2015 Skira pubblica Gli artisti che ho incontrato, un’antologia di saggi di Gillo Dorfles a cura di Luigi Sansone. L’attenzione riscossa induce anni dopo i due autori a cimentarsi con un nuovo e decisamente più sfaccettato argomento: La mia America. Un bizzarro intreccio di coincidenze prevede che l’opera esca nelle librerie nel marzo 2018, a pochi giorni dalla morte dello stesso Dorfles.
Il volume, indubbiamente corposo, inanella i testi più importanti dedicati alle arti, alla filosofia e alla cultura statunitensi scritti dal 1952 in poi, in italiano e in inglese, usciti su periodici, saggi e cataloghi. A partire da Insegnamenti della XXVI Biennale in cui l’autore sulle pagine di Aut Aut n. 10 – la rivista trimestrale fondata da Enzo Paci nel 1951 – esprime tutta la propria ammirazione per le sculture di Alexander Calder. Proseguendo con le riflessioni su Il divenire di Wright pubblicate su Casabella Continuità n. 227 del maggio 1959; e concludendo con il saggio inserito nel volume Ultime tendenze nell’arte d’oggi. Dall’Informale al Neo-oggettuale (Universale Economica Feltrinelli, 27ª edizione, 2015) in cui spazia dall’Action painting alla Pop Art, dalla Minimal Art ai graffiti.
Nel 1953 Marjorie Fergusson, direttrice dell’U.S.I.S. – United States Information Service di Milano, fa accedere Gillo Dorfles al programma di scambi internazionali dedicato a personalità di spicco del mondo accademico e politico. Agli inizi degli anni Cinquanta Dorfles gode di una discreta notorietà quale critico d’arte e autore di volumi in cui disserta di estetica, allontanandosi dagli ideali di Croce e Gentile per guardare a quanto teorizzato Oltralpe ma soprattutto Oltreoceano. New York, rifugio sicuro di intellettuali, artisti e galleristi durante la Seconda guerra mondiale, ha infatti rimpiazzato Parigi quale centro della scena artistica mondiale. Qui Dorfles ritrova un vecchio amico d’infanzia, Leo Castelli, affermato mercante d’arte, che lo introduce a pittori e scultori d’avanguardia.
Nel corso dei tre mesi di permanenza Dorfles attraversa gli USA in lungo e in largo, intessendo contatti – che porterà avanti per tutto il resto della sua lunga vita – con istituzioni universitarie, editori e artisti. Nella ricca introduzione Luigi Sansone ricostruisce le tappe di quel lungo viaggio, utilizzando quale fonte documentaria principale le dettagliate lettere spedite da Dorfles alla moglie Lalla Gallignani. Gillo è uno tra i primi critici d’arte a recarsi negli Stati Uniti al termine del conflitto mondiale e, per tale motivo, i suoi reportage acquistano il sapore del racconto epico. Al suo rientro in Italia scrive e tiene conferenze non solo su pittura, scultura, architettura e filosofia americana ma anche sugli stili di vita, così profondamente distanti tra grandi città e provincia, tra Nord e Sud, tra East Coast – ancora profondamente legata all’Europa – e West Coast – dove si punta sulla sperimentazione di nuovi linguaggi a partire dalla storia delle antiche popolazioni precolombiane, tra il rigore dei grattacieli di Mies van der Rohe e le sorprendenti abitazioni di Frank Lloyd Wright. Molto lo sorprende ma non necessariamente in maniera positiva: per esempio, durante il soggiorno alla Harvard University, Dorfles resta turbato quando un docente nero, con il quale ha appuntamento per cena, lo attende in strada perché le persone di colore non hanno il permesso di entrare nell’albergo.
Il viaggio è propizio per stabilire contatti con professori dei principali atenei statunitensi che lo inviteranno negli anni a tenere conferenze, lezioni accademiche e mostre ma anche per stringere accordi per produrre saggi. Emblematico è l’incontro con Rudolf Arnheim che lo prega di tradurre e redigere l’introduzione al volume Art and Visual Perception – edito da Feltrinelli nel 1962 col titolo Arte e percezione visiva – ritenendolo l’unico in Italia ad avere le adeguate competenze culturali e il giusto distacco critico da Benedetto Croce per valorizzarne al meglio i contenuti. Dorfles indugia con affetto sui dibattiti teorici con l’amico in Ricordi di Arnheim e I cento anni di Rudof Arnheim, i due testi preparati per il convegno organizzato a Palermo nel 2005 per celebrare l’importante anniversario della nascita dell’autore tedesco.
Il secondo viaggio negli Usa, compiuto alla fine del 1955, vede Dorfles non più spettatore dei costumi statunitensi ma protagonista egli stesso: all’arrivo ha con sé le opere da esporre alla mostra di disegni e monotipi alla Wittenborn Gallery di New York e nel corso del mese tiene conferenze al Cleveland Museum of Art invitato dal filosofo e storico dell’arte Thomas Munro. Le trascrizioni di quegli interventi sono pubblicate nel marzo 1957 e nel giugno 1958 sulla rivista The Journal of Æsthetics and Art Ciriticism – diretta dallo stesso Munro – con i titoli, rispettivamente, di Communication and Symbol in the Work of Art e di Art and the Public: Education for Mutual Understanding e poi, riveduti e ampliati, nel volume Le oscillazioni del gusto (1958).
I ventotto brani che si succedono in La mia America sono tutti accomunati dallo spessore del linguaggio con cui sono redatti, in lingua italiana o inglese che sia. Gillo Dorfles vive il periodo del Dopoguerra con il piglio rivoluzionario dei giovani che affrontano, smontano e archiviano le teorie dei predecessori – ormai rivelatesi superate – e partono alla scoperta del mondo forti del bagaglio culturale accumulato. Dorfles, quando giunge negli States, è un autore quarantenne già affermato ma, ciononostante, spazia per gli Stati della Federazione con la mente aperta a qualsiasi stimolo e pronta al dibattito. Dal primo all’ultimo capitolo egli disserta con competenza di arte, architettura, filosofia e psicologia, rivelando una non comune agilità intellettuale nel porre in relazione i diversi campi tra loro, che non viene meno nemmeno quando si approssima al secolo d’età. Competente ma non saccente Dorfles adatta lo stile alle diverse tipologie di pubblicazione, da Domus a La Lettura, dagli atti di convegni a quotidiani a diffusione nazionale, dall’articolo telegrafico al saggio riccamente argomentato, guadagnandosi anche l’interesse di un pubblico di non addetti ai lavori.
Le tematiche affrontate in questi racconti di arte – e vita – a stelle e strisce posseggono una forte carica evocativa derivante, in parte, dalla descrizione del fenomeno osservato e, in altra, dalla capacità di indagare gli stimoli storico-culturali alla base del gesto creativo.

Silvana Costa

La mia America
Gillo Dorfles
a cura di Luigi Sansone
Skira, 2018
edizione italiana e inglese
14 x 21 cm, 304 pagine, cartonato
prezzo: 25,00 Euro
www.skira.net