Al Fuoricentro di Lucca la retrospettiva su Luigi Tenco: giovanissimi interpreti e un anniversario
Posti nostalgici, proiettati, pigramente stiracchiati. Terre di fiochi riflettori, dove s’infila quell’umanità più agitata, via dalla paralisi di certi teatri comunali, con le loro logge e i lampadari impolverati. Posti come questo qua, in cui scorre il magma e foggia il futuro.
Siamo a Lucca. Fuoricentro è una realtà sotterranea, com’è solito che siano questi luoghi. Li si trova un po’ per caso, inseguendo la nota di fondo di un qualche spettacolo, o condotti da una mano amica, o passeggiando la sera nelle strade deserte, finché il l’accordo di uno strumento non ci coglie alla sprovvista. Questi luoghi minuti, nati per agire clandestini. Nondimeno, i Ciclopi di Efesto forgiano le armi agli dei nelle viscere dell’Etna. Ed è giusto così, ché il contatto col mondo più in alto magari ne corromperebbe l’opera.
Di domenica, a ridosso della cena, la gente prende ad accalcarsi sulla strada. È il 6 maggio, giovani in giacca leggera, felpe e scarpe basse. Si aspetta di entrare.
Compie vent’anni, la scuola. Lo annuncia Angelo Biondi, cofondatore assieme a Elisabetta Fiorini di uno spazio sereno e longevo. La piccola sala è ingombra di cavi; il pubblico è vasto, ha riempito tutte le sedie. Chiacchiericcio diffuso dal palco alla porta d’ingresso.
È un gruppo giovane, quello che entra in scena. E non usiamo l’aggettivo a sproposito. Il più grande dei tre, Igor Santini (voce, chitarra e sax), deve ancora compiere i ventidue anni. Null’altro che numeri, e pare che il pubblico sia d’accordo: in circolazione da quattro anni, i Three Big No“i”ses hanno già un nutrito seguito in ambito locale, confermato da un’agenda di eventi e da un’intervista di Radio Star, risalente al 2016. Un trio vivace e volenteroso che, come i sodalizi che fanno storia, nasce tra i banchi del Liceo Musicale cittadino; si sviluppa di locale in locale e tiene duro all’avanzare del tempo, forte di uno stile eterogeneo, ma armonioso: sappiamo di differenti background sonori che sono riusciti ad amalgamarsi nella poetica di un gruppo devoto al cantautorato italiano, ma anche capace di creazioni ex-novo – leggiamo in rete di almeno tre singoli composti e di progetti discografici -.
E si arriva a stasera. E si arriva a Luigi Tenco, che il trio ripercorre in una serata tributaria, non senza un gusto per il riadattamento contemporaneo. Dell’artista piemontese, scomparso a Sanremo nel gennaio di cinquantuno anni fa, il gruppo ripropone i brani più significativi, soffermandosi sui grandi tormentati, le vittime della mannaia censuratrice. Si attacca con Ciao Amore Ciao, là dove tutto è finito. Il gran rifiutato, oggi il più conosciuto del repertorio, riassume le caratteristiche salienti della poetica del cantautore: il tono amaro, sempre sofferente di un lirico greco; il testo che scorre colloquiale, privo di rime e ghirigori metrici, avverso ai languori di ciò che sono stati gli artisti coevi; e quel continuo senso d’insofferenza e cinismo, sventolati in faccia alla società marcia, che reprime e reprime fino allo sparo nella notte di Sanremo. Tutto questo è preso, iniettato nei cavi elettrici, echeggiato dalle percussioni di Iacopo Sichi e dagli strumenti di Vittorio Win Fioramonti (tastierista e bassista). C’è un’intrinseca soddisfazione a declamare per la sala proprio quei brani, i proibiti, facendoli urlare al pubblico. All’ammirazione per l’artista, sulla cui tragica fine scelgono di non esprimersi, si accompagna la stessa verve ribelle e quell’idealismo un poco naīve, che a quell’età sarebbe un peccato non possedere. Per ogni brano un aneddoto, un brandello pescato dal fiume e aperto sulla rena. Ricordi di frasi e frustrazioni, uno screzio con Fabrizio De André – che gli sottrae la paternità di un brano per sollevare la percentuale di successo col gentil sesso; un interesse, quello per Tenco, già recondito nell’infanzia del cantante, e poi maturato in gennaio – come la Preghiera-lamentazione di Faber, che chiude il concerto -, a Borgo a Buggiano, nel corso della mostra-tributo Ciao Luigi Ciao, in cui tutto questo ha aperto gli occhi alla luce.
È la forza, ci dicono. È la forza espressiva che rappresenta, oscurata immeritatamente da artisti più noti. È quasi un dovere ricondurlo nel tempo. E se c’è la preferenza a non giudicare le generazioni contemporanee, si parla di Tenco e Scuola genovese come di una sorta di coccola: “fa bene fisicamente”.
E questa è l’opera, arricchita di sonorità variegate – Santini suona anche il sax e la chitarra – e partecipata da quel fare spontaneo che hanno maturato agli esordi, sostando sul crocevia tra la musica e il ballo, affiancati a danzatori in un progetto d’improvvisazione totale.
Già allora si portavano la libertà in giro, come una fiaccola.
Già allora Tenco ce l’avevano a fianco.
Sharon Tofanelli
Lo spettacolo è andato in scena
Fuoricentro Danza e Teatro
Lucca
domenica 6 maggio 2018
www.fuoricentro.orgRetrospettiva su Luigi Tenco
Three Big No“i”ses
Igor Santini voce, chitarra e sax
Vittorio Win Fioramonti basso, tastiera e voce
Iacopo Sichi batteria e percussioni