Trasparenze e rimandi

A San Gimignano tre mostre e due fuori mostra, organizzati da Galleria Continua, tra assonanze e dissonanze dell’arte contemporanea.

Quest’anno, accanto alle consuete personali, Continua fa un bel regalo alla città di San Gimignano, allestendo due fuori mostra con una serie di opere di artisti che la Galleria segue da anni. Mentre moltiplica gli spazi, allarga anche l’offerta di visioni d’arte per i cittadini e i turisti in visita, assumendo un ruolo che – seppure non nel suo dna – può svolgere ottimamente, ossia quello di regalare bellezza e conoscenza, trasformandosi in un piccolo museo d’arte contemporanea disseminato tra i vicoli e le dimore del centro nella provincia senese.  Nel contempo, tra le tre personali (di Daniele Buren & Anish Kapoor, Carlos Garaicoa e Ornaghi & Prestinari) e i fuori mostra degli altri artisti è facile rintracciare una serie di fil rouge, a livello di poetica ed estetica, che anche il visitatore – che non potrà mai permettersi di diventare collezionista – può godersi, apprezzando l’iniziativa e intervallando con opere di Pascale Marthine Tayou o Hans Op De Beeck le visite ai monumenti medievali (dalla duecentesca piazza della Cisterna alla Casa Torre Campatelli, oggi Patrimonio Fai, fino al Museo Civico con dipinti del Pinturicchio e Filippino Lippi).

Partiamo, quindi, alla volta dell’universo di Daniel Buren e Anish Kapoor, per la prima volta coinvolti in un serrato confronto di poetiche ed estetiche, e in un’opera a quattro mani dai risultati decisamente convincenti, insieme suggestiva e avvolgente, Six Hands (site-specific, 2018).
Nel titolo accennavamo alle trasparenze e ai rimandi e non vi è dubbio che entrambi questi termini si sposino sia con il dialogo tra i due artisti, sia con una certa visione dell’arte che contraddistingue loro e alcune opere dei fuori mostra.
Dato che per Buren e Kapoor si tratta in un certo senso anche di un’antologica, che raccoglie lavori di vari periodi, partiamo da La Cabane éclatée transparente II di Buren che, sebbene del 2018, è oggetto/feticcio del suo fare arte fin dal 1975. Studiata appositamente per lo spazio sotterraneo di Continua, con muri in pietra a vista e l’illuminazione naturale di una finestrella, la cabane in plexiglass assume significati simbolici e metaforici ancora più stringenti. Oltre al dialogo con l’ambiente che la ospita e quasi la ingloba, e alla permeabilità di un interno con quanto lo (e ci) circonda, è facile trasporre l’estrema fragilità di quest’opera trasparente con quella della nostra esistenza quando a contatto diretto con la natura. Visitandola ci si può sentire caricati dall’angoscia di ritrovarsi nudi, alla berlina, impossibilitati a celarci dall’occhio altrui perché privi di quel diaframma che sono le pareti della nostra casa, oppure i muri psicologici e culturali che ergiamo di fronte agli altri. O ancora, le barriere della nostra educazione ed esistenza (più o meno) civilizzata, quando posti a contatto diretto con l’altro da noi o in una situazione o in un territorio sconosciuti e/o ostili. Insieme straniante e perturbante, la cabane di Buren permette al visitatore di specchiarsi nel proprio inconscio, sebbene si trovi a vivere un’esperienza al di fuori di sé. La quotidianità di matrice antropologica con l’elemento abitazione/capanna è messa in discussione dall’impossibilità di sottrarsi all’occhio esterno e, allo stesso tempo, permette a chi è al suo interno di condividere lo svolgersi di azioni/vita dalle quali si resta, comunque, separati.
Le medesime trasparenze ricche di rimandi possono essere rintracciate nei lavori di due artisti fuori mostra, che sanno giocare con il vetro così come con gli specchi, il camerunense Pascale Marthine Tayou e l’italiano Michelangelo Pistoletto. Le maschere del primo, insieme fragili ed evocative (che, nella loro materialità dolente, ricordano gli undici organi umani di cristallo di Chen Zhen) sembrano emanare la medesima forza suggestiva del lavoro di Buren, un’ancestrale necessità di confronto tra cultura e natura, radici e contemporaneità, uso del materiale e suo tradimento. Mentre uno tra gli specchi di Pistoletto (Black and Light, 2012), esposto nel nuovo spazio di Continua in piazza della Cisterna, nella scorticante contrapposizione delle trasparenze e dei neri, ha l’indubbio pregio di rimandare con mano felice a quel confronto che si sta tenendo, in maniera altrettanto serrata, nei locali principali della galleria, in via del Castello 11.
Perché se dal maestro dei colori, Buren, apprendiamo nuove trasparenze significanti (ne la Cabane, di cui sopra), dall’artista del vuoto apparente, Anish Kapoor, riceviamo in regalo alcune delle sue esplosioni coloristiche giovanili. Nella prima sala, infatti, la vitalità di 1000 Names (in resina e pigmenti colorati, 1982), ci coglie all’improvviso: il blu cobalto, il rosso smagliante e il giallo solare delle sue forme, insieme astratte e concrete, che esplodono dalle pareti a calce, è un’immersione totale in una poetica, quella di Kapoor, che sebbene agli esordi, già delineava un linguaggio personalissimo. Nella materialità corposa dei pigmenti, queste tre opere possiedono una forza naturale, seppure in nuce, che si cristallizzerà in geometrie essenziali, in una levigatezza autoreferente, ma mai autoreferenziale, nei successivi lavori (sempre in mostra, Two Blues, Glisten, 2018, in acciaio inossidabile e smalto).
I rimandi, quasi palleggiamenti, tra due personalità tanto forti, si trasformano via via in dialogo. E quando i quattro lavori di Buren, Quand le Textile s’éclaire: Fibre optiques tissées (dicembre 2014, vari colori) si specchiano, letteralmente e poeticamente, nei tre Namibia (in acciaio inossidabile, del 2016) di Kapoor, il cortocircuito che ci invita ad ammirare il lavoro centrale – il focus della mostra – si è ormai completato.
Le trame di Six Hands (2018) si stendono per l’intero salone dell’ex cinema recuperato da Continua a galleria. Un gioco di leggerezze apparenti e pesantezza reale che rimanda inevitabilmente a un bel lavoro di Pietro Consagra, in mostra in questi giorni a Palazzo Strozzi, Ferro trasparente bianco II (lastre di ferro tagliate, curvate, saldate e dipinte, 1966). Mentre la maglia di ferro che assume la febbricitante illusione di una nebbia che avvolge l’intero ambiente, rendendoci parte di un’atmosfera quasi fantastica, intessuta di sogni rappresi, ha la leggiadria dei fili di ragno di A Long Day, l’installazione site-specific che l’artista giapponese Chiharu Shiota approntò per la Tenuta dello Scompiglio di Vorno nel 2014; ma anche la grazia del Kintsugi, l’arte – sempre giapponese – delle preziose cicatrici, che trasforma in bellezza la caducità della vita. E per ricucire i vari momenti in un eterno presente, per rammendare un mondo fatto a pezzi, l’oro di Kader Attia ci attende nel fuori mostra di Continua, sempre in piazza della Cisterna (con Chaos+Repair=Universe, 2016). Perché l’arte non esisterebbe senza il dialogo tra artisti, e tra questi ultimi e la società nella quale vivono – e viviamo. L’osservatore non può specchiarsi in un’arte sterile o autoreferenziale, in una bellezza che sia solamente estetica e mai etica. Rimandi, ritorni. Gli intrecci aerei di Six Hands che, come la Madeleine di Proust, suscitano ricordi di una fumosa serata londinese, si geometrizzano poi nelle diagonali che s’intersecano a terra, ricollegandosi all’hic et nunc, a una materialità imprescindibile che lega alla nostra realtà – nel suo farsi. Se si è spiccato il volo e, come il gabbiano Jonathan Livingston si è persino intravisto il futuro, è su questa terra che bisogna tornare, atterrando nel qui e ora.

Piccolo inciso finale e dovuto per le altre due personali. All’Arco dei Becci è visitabile l’installazione composta da video e musica preregistrata di Carlos Caraicoa, Abismo, artista già presente a Continua due anni fa; mentre al Leon Bianco è esposta Keeping Things Whole di Ornaghi e Prestinari, che raccoglie anche alcuni tra i pezzi più interessanti del progetto Out of the Box. Arte – Impresa – Territorio.

Simona M. Frigerio

Le mostre continuano:
Galleria Continua
San Gimignano, varie location
fino a domenica 2 settembre
orari: tutti i giorni, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00
www.galleriacontinua.com

Daniele Buren & Anish Kapoor
Carlos Garaicoa – Abismo
Ornaghi & Prestinari – Keeping Things Whole