L’estate di Seravezza targata Fondazione Arkad

La cava come luogo dal quale estrarre il materiale alla base di un universo artistico, ma anche come sinonimo di lavoro, fatica, silicosi, incidenti. Una storia lunga cinquecento anni, che si rinnova ai piedi delle Apuane negli spazi ex Medicei, oggi di proprietà degli scultori Cynthia Sah e Nicolas Bertoux

La Fondazione Arkad, come ogni estate, presenta una mostra aperta al pubblico che – in occasione dei cinquecento anni dal soggiorno di Michelangelo Buonarroti a Seravezza – sceglie quale fulcro del discorso artistico di fotografi, scultori, pittori e performer, la cava, sia come spazio indispensabile al lavoro dello scultore sia come habitat che va costantemente salvaguardato a livello ambientale e mantenuto in sicurezza per chi estrae il prezioso marmo.
Ad aprire il percorso Alejandro Trapani, pittore e psicologo, che paragona il lavoro dello scultore a quello del terapista, in quanto il primo libera la forma dal marmo (affermazione di michelangiolesca memoria) e il secondo l’Es dall’Io (e dal SuperIo). In mostra, una delle sue tele che sarà tagliata a seconda dei desideri dei possibili acquirenti (con un costo al grammo), non rifacendosi però alla concettualità di Fontana quanto a un’idea di trasformare la tela bidimensionale, una volta ritagliata, in un oggetto a sé stante e tridimensionale che, in quanto tale, potrà considerarsi scultura.
A seguire, e per la legge del contrappasso, la levità delle forme di un panneggio appena abbozzato che rimanda però a un’arte antichissima, a firma Francesco Cremoni (Segni svelati, marmo statuario di Carrara, 2018) e la foto intensa di un cavatore, stampata su lastra di marmo e firmata da Enzo Cei (Cava Piastra Bagnata, Vagli, 1990). Appena al di sotto della foto, Scarta-Arte (marmo, granito e carbone, 2018), di Neal Barab che, in perfetta sintonia con il focus dell’esposizione, sublima in un oggetto artistico – che ha la pacata armonia di un giardino giapponese – gli scarti delle lavorazioni scultoree e industriali.
La grande onda di Kanagawa (la xilografia ottocentesca di Katsushika Hokusai) sembra rivivere nel marmo nero del Belgio di Ron Mehlman (Mountain Sheer, 2013); mentre la perfezione vettoriale delle geometrie di Barbara Schnetzler riflettono la luce grazie alla brillantezza del marmo di Carrara di Threshold (2018), inducendo lo spettatore ad attraversare la “soglia”.
Le opere esposte sono davvero tante e non solamente spaziano tra linguaggi artistici e stili diversi ma danno, ognuna, sensazioni e suggestioni complementari. Le forme di Bound Figure III (sassi di marmo e filo di cava, 2018) sono in grado, grazie all’abilità anche compositiva di Craig Schaffer, di immergere il visitatore in un universo angoscioso, dove alle figure di animali torturati possono sovrapporsi – visti anche i materiali utilizzati – i rimandi alla durezza della vita dei cavatori. Stesso tema ma declinato in forme à la Melotti, di una levità eterea, in La Lizzatura (I martiri della cava), di Roland Bischofberger (marmo, ferro, filo e plastica, 2018).
E ancora, due opere di artiste italiane molto interessanti. From Here to Eternity, di Silvia Tuccimei (augmented reality picture stampata su Dibond, 2018), con la sua aspirazione a una bellezza e a una quiete formalmente eterne; ed Elisa Corsini con L’Altissimo (marmo nero Marquinia, ottone e bronzo, 2003), che unisce a un’aspirazione di profondità il senso del gioco fanciullesco.
La mostra, ovviamente, non finisce qui e l’ex Peschiera Medicea di Seravezza resterà aperta fino al 29 ottobre per offrire a tutti l’opportunità di visitarla e coglierne i molteplici aspetti.

Simona M. Frigerio

La mostra continua:
Fondazione Arkad

viale Leonetto Amadei, 289 – Seravezza (LU)
fino a domenica 28 ottobre
orari: lunedì – venerdì 10.00 – 13.00, sabato e domenica 17.00 – 20.00
www.arkad.it

Cava
La cava di marmo bianco come un’opera d’arte scolpita nella natura