A Bologna, un’interessante mostra al MAST descrive l’evoluzione di mezzi e condizioni del trasporto di merci, dati e lavoratori nel corso dell’ultimo secolo, spianando la strada a importanti riflessioni di natura etica.
Sin dall’ottobre 2013, con l’inaugurazione della sede a Bologna, Fondazione MAST propone al pubblico – sempre a titolo gratuito – rassegne fotografiche sul mondo del lavoro. In questo primo lustro di attività si sono succedute svariate edizioni della Biennale Foto/Industria e mostre che hanno svelato i volti e i luoghi della produzione: dai minatori della Serra Pelada, immortalati da Salgado nell’atto di estrarre la materia prima dalle viscere della Terra, alle industrie che hanno portato benessere a città per generazioni come ben documentato da W. Eugene Smith nell’esposizione dedicata a Pittsburgh conclusasi lo scorso settembre.
Un’indagine interessante ma che sinora aveva risposto solo marginalmente a un quesito: come si spostano le merci e le persone che le producono?
Provvede ora a colmare la lacuna Urs Stahel, curatore della mostra Pendulum. Merci e persone in movimento immagini dalla collezione di Fondazione MAST. Il pendolo con il suo movimento cadenzato sembra marcare il ritmo della giornata lavorativa degli operai e con il moto oscillatorio ben rappresenta il viavai dei camion carichi di merci che inesorabilmente, quotidianamente compiono un percorso prestabilito, avanti e indietro, per portare il proprio contributo alla distribuzione dei beni in mercati sempre più lontani.
In un Paese in cui un’ancora troppo alta percentuale di merci si muove su gomma, l’apertura del percorso di visita non poteva che essere affidata a una foto del 1967 di Stefano Robino dedicata alla costruzione della Torino-Piacenza, l’A21, “l’autostrada dei vini”, un nastro d’asfalto che oggi prosegue sino a Brescia attraversando in larghezza la Pianura Padana, all’epoca un vero e proprio emblema di progresso e benessere economico. Un po’ come i veicoli Renault celebrati da Robert Doisneau in una campagna che con foto come Déjeuner sur l’herbe – oltre a strizzare l’occhio agli impressionisti – racconta di automobili alla portata dei lavoratori che così possono concedersi escursioni all’aria aperta con tutta la famiglia, lontano dalla città e dal trambusto della fabbrica. Non scordiamo che è la Francia il primo Paese a stabilire per legge nel 1936 un sistema di ferie retribuite per tutti i dipendenti.
Nello spazio espositivo del MAST i soggetti si intrecciano tra loro e capita che la serie in bianco e nero realizzata nel 1975 da Helen Levitt in metropolitana a New York dialoghi a distanza con i protagonisti assorti nei propri smartphone dell’installazione IPortrait (2010/17) di Jacqueline Hassink. Lungo il percorso trovano collocazione gli operai che escono in bicicletta da Mirafiori negli anni Sessanta e i manovali di colore sudafricani stipati fitti sul mezzo di trasporto come gli emigranti fotografati da Mimmo Jodice in transito per la stazione di Milano Centrale.
Gli obiettivi di fotografi di ogni epoca e latitudine raccontano le diverse tipologie di mezzi di trasporto, dai carrettini spinti a mano nell’East Side Market a New York (Lewis Hine, 1925) ai treni, dai trattori agricoli sino all’avveniristico Space Shuttle Discovery (Vincent Fournier, 2011). Sulle pareti e sotto le teche sono esposte rassegne di camion (Annica Karlsson Rixon,1994-1998), dirigibili, automobili (tra cui le tre serie di macchine americane del 1963 di Luciano Rigolini) e spazio è dedicato anche alla trasmissione di dati evocata da fili dei telegrafi (Tina Modotti, 1993) e cavi di computer (Henrik Spohler, 2004).
In un ipotetico viaggio nel tempo e nel mondo si parte con un veliero dal porto di Balaklava nella penisola di Crimea (1855), dove la banchina è punteggiata da baracche col tetto di paglia; si prosegue con i barconi ormeggiati lungo la Darsena di Milano (Mario Finocchiaro, c. 1958) e si esplorano gli scali merci europei grazie a Gabriele Basilico, Guido Guidi e Luca Campigotto. Nel nuovo millennio i vecchi magazzini in mattoni dei porti si sono trasformati in uffici e residenze alla moda mentre le merci in transito vengono stivate in pile di container colorati come quelli immortalati da Sonja Braas. Il curatore, utilizzando la monumentale Skaramaghas, realizzata da Richard Mosse con la termocamera e stampata su una suggestiva carta metallizzata, sottolinea come i container presenti nei grandi scali internazionali abbiano una doppia valenza: quando adibiti a contenitori di merci simboleggiano il costante flusso dell’economia globale, quando adattati ad abitazioni da migranti in attesa di visto ricordano lo stato di sospensione spazio temporale – e di emarginazione – in cui vivono quelle persone, chiedendosi se otterranno il permesso di proseguire il proprio cammino o se verranno rimpatriate.
Con queste premesse, guardando le piante cariche di agrumi maturi e i volti sporchi dei braccianti che compaiono nella serie Amerika (2007) di Ulrich Gebert non possono che venirci in mente i disperati protagonisti di Furore (John Steinbeck, 1939), giunti in California alla ricerca di impiego come raccoglitori di arance, uva e pesche.
Il cerchio così si chiude: in quelle immagini che raccontano lo stile di vita dei lavoratori, la cui esistenza vale meno della frutta che maneggiano, si ritrovano assonanze – inaccettabili nel XXI secolo – con le fotografie scattate da Lewis W. Hine agli italiani sbarcati a Ellis Island agli albori del Novecento.
Silvana Costa
La mostra continua:
MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia
via Speranza, 42 – Bologna
fino a domenica 13 gennaio 2019
orari: da martedì a domenica 10–19
ingresso gratuito
www.mast.orgPendulum
Merci e persone in movimento immagini dalla collezione di Fondazione MAST
a cura di Urs Stahel
fotografie di Yto Barrada, Gabriele Basilico, Sonja Braas, Luca Campigotto, Clodt Von Jürgensburg, Mario De Biasi, Robert Doisneau, Roger Fenton, Mario Finocchiaro, Floto + Warner, Vincent Fournier, Robert Frank, Simon Fridland, Ulrich Gebert, Riccardo Gilardi, Frank Gohlke, Geert Goiris, David Goldblatt, Hein Gorny, Guido Guidi, Jacqueline Hassink, Robert Häusser, Lewis W. Hine, Rudolf Holtappel, Emil Otto Hoppé, Boris Ignatovich, William Henry Jackson, Gaston Jacquin, Jean-Pierre Laffont, Mimmo Jodice, Philip Jones, Annica Karlsson Rixon, Peter Keetman, Torkel Korling, Justin Kozlowski, Karl Krüger, Germaine Krull, Dorothea Lange, Helen Levitt, O. Winston Link, Eli Lotar, Malesherbes Photo, Rémy Markowitsch, Edgar Martins, Don Mccullin, Tina Modotti, Richard Mosse, Ugo Mulas, Martin Munkácsi, Antonio Paoletti, Alfred Person, Xavier Ribas, Luciano Rigolini, Stefano Robino, Tata Ronkholz, Arkadij Sajchet, Roger Schall, Ben Shahn, Graham Smith, Henrik Spohler, John Thomson, Alexey Titarenko, Jakob Tuggener, Brett Weston